Fino a domenica 21 Febbraio 2021 alla GAM di Torino si può visitare, con ingresso gratuito la mostra dedicata ad Alighiero Boetti (1940 – 1994). Un’ espressione del video come linguaggio artistico : un video d’arte dove vengono narrati i parallelismi tra monitor e specchio.
I video d’arte di Alighiero Boetti
Nel primo video presentato in mostra, Boetti è di spalle all’occhio della telecamera. Trasforma il proprio corpo in un segno nero verticale contro un muro bianco. Le sue mani iniziano a scrivere contemporaneamente, verso destra e verso sinistra, la sequenza dei giorni della settimana, a partire dal giovedì In questo gesto l’artista intreccia il susseguirsi delle lettere con la sequenza dei giorni e con lo con scorrere dei secondi del video. In un’unica azione Boetti intreccia il tempo,linguaggio fondamentale del video, e il doppio, base assoluta del suo lavoro.
” Mi ritrovo sempre a parlare di questo concetto del doppio – dichiarava Boetti – che percorre tutto il mio lavoro. Il fatto è che ci troviamo di fronte a una realtà naturale: è incontrovertibile che una cellula si divida in due, poi in quattro e così via.Che noi abbiamo due gambe, due braccia, due occhi e così via.Che lo specchio raddoppi le immagini. Che l’uomo abbia fondato tutta la sua esistenza in una serie di modelli binari, compresi i computer. Che il linguaggio proceda per coppie di termini contrapposti.E’ evidente che questo concetto della coppia è uno degli elementi archetipi fondamentali della nostra cultura”.
Negli stessi mesi aveva realizzato un’immagine fotografica di sé stesso scattata dall’alto: Due mani e una matita dove stringe con le braccia tese una matita posata su un foglio bianco, un triangolo da cui lasciar scaturire il mondo . Tra le sue due mani si apre l’infinito spazio universale e Boetti lega le parole alle immagini facendo di esse un’opera visiva.
Strumento musicale
Tutto questo si ritrova in Strumento musicale del 1970, scattato da Paolo Mussat Sartor e presente in mostra. L’artista vi appare con le mani posate sui i due manici simmetrici di un curioso banjo ambidestro che con la sua cassa circolare e il doppio ponticello circoscrive al centro della visione un ideale ombelico sonoro da cui si immagina possano scaturire due diverse musiche speculari, due flussi di suoni che si dipartono dall’abisso del tempo.
A chiudere nel segno del doppio l’esposizione si presenta il video Ciò che sempre parla in silenzio è il corpo, realizzato da Boetti nel 1974, parte delle raccolte dall’Archivio Storico della Biennale di Venezia. L’opera offre, a cinque anni di distanza, una riflessione speculare del primo video.