Biagio Antonacci toppa clamorosamente la cover di Battiato e si becca critiche feroci

Clamoroso flop di Biagio Antonacci. La cover per “I love my radio” non piace neanche ai suoi fans.

Cover sì, cover no, cover può darsi, cover lascia perdere: “in discografia, il rifacimento (anche con tecniche e soluzioni innovative) di brani musicali famosi e riconoscibilissimi”, come da definizione. Intendiamoci: questo non è un articolo contro Biagio Antonacci, ma una riflessione, sul fenomeno “cover”, alla luce però, del clamoroso flop relativo al rifacimento di “Centro di gravità permanente” di Franco Battiato da parte del cantautore milanese.

No time no space

C’è chi nasce cantante e c’è chi nasce cantautore, a volte entrambe le cose. Non è il caso di fare troppi nomi, sarebbe irrispettoso, ma artisti come Mina, Fiorella Mannoia, Massimo Ranieri, Fausto Leali, dotati da madre natura di voci straordinarie, devono i maggiori successi della loro carriera, a canzoni scritte da altri, ma fatte proprie. In una parola: pathos. E questa caratteristica, è a beneficio dei veri fuoriclasse.

Poi ci sono artisti come Enrico Ruggeri, in grado di scrivere capolavori per altri, tipo “Quello che le donne non dicono“, o “Il mare d’inverno“, e capaci di interpretare le stesse canzoni in maniera sublime.

E’ un discorso delicato, certo, sostenuto da fili sottilissimi, dove comunque, non si mette mai in discussione l’impegno o la bravura di un determinato interprete. Il risultato, nel caso delle cover, però, non sempre è pari alle aspettative, e vedremo fra poco qualche esempio. Senza comunque voler essere dei censori assoluti.

“Cover me”

Canzoni di grandi artisti…interpretate da altri grandi artisti…e viceversa” recitava con voce enfatica lo “stacchetto” relativo al programma che conducevo per radio, tanti, ma tanti anni fa, intitolato, con molta fantasia “Cover me”. Si sono sempre stato appassionato di questo modo di fare musica, e mi divertivo a proporlo “on air”.

Sono tanti i modi per “coverizzare” una canzone: riproporla paro paro, giusto con la voce propria, stravolgerla nella metrica e negli arrangiamenti, la via di mezzo, diciamo quella moderata.

L’importante però, sempre a mio modesto parere, quando si parla di cover, è “interpretare” e non limitarsi a “cantare”: cioè fare propria, una canzone scritta da altri. Questo è il parametro che uso per commentare, ad esempio, le serate dedicate alle cover, durante il Festival di Sanremo.

Capita così che alcune cover diventino più apprezzate degli originali: esempi eclatanti “Across the universe” dei Beatles, rifatta da David Bowie nell’album “Young Americans”, o “Jersey Girl” di Tom Waits, coverizzata da Bruce Springsteen, nel quintuplo “Live 1975/1985”, oppure, per rimanere in casa nostra, la meravigliosa versione di Raf di “Enjoy the silence” dei Depeche Mode.

I Love My Radio

Tutto nasce dall’iniziativa proposta da un pool di network radiofonici, per la prima volta uniti, volta a determinare il “45 giri della nostra vita”.

Ovvero quarantacinque canzoni, una per anno, dal 1975, anno in cui sono state fondate le prime “radio libere”, al 2019, tra cui scegliere la più rappresentativa.

A latere di questo “concorso”, dieci artisti, sono stati chiamati ad interpretare cover di canzoni del periodo.

Biagio Antonacci cover battiato. il logo di I love my radio: un cuore rosso con attorno la scritta in inglese

Up patriots to arms

Hanno aderito all’invito: Elisa “Mare mare” (Luca Carboni), Marco Mengoni “Quando” (Pino Daniele), Gianna Nannini “La donna cannone” (Francesco De Gregori), Eros Ramazzotti “Una donna per amico” (Lucio Battisti), Giorgia “Non sono una signora” (Loredana Bertè), Negramaro “Sei nell’anima” (Gianna Nannini). E Biagio Antonacci con “Centro di gravità permanente” di Franco Battiato.

Usciranno a brevissimo J-Ax “Vespa 50 special” (Lùnapop) e Tiziano Ferro & Massimo Ranieri “Perdere l’amore” (Massimo Ranieri).

Non che i commenti siano entusiastici, anzi. Ho ascoltato con attenzione tutte le cover fin’ora pubblicate, e quello che emerge, anche dai commenti dei fans, è l’assoluta mancanza di pathos.

Ovvero, una serie di interpretazioni buttate on line in fretta e furia, senza cuore, senza anima: un compitino fatto giusto per il 6 politico. Si salva Giorgia, che da vera fuoriclasse, riesce a personalizzare qualunque canzone. Pollice verso per Negramaro, Eros Ramazzotti e Gianna Nannini (pure stonata).

Attendo con impazienza, si fa per dire, prezzemolo J-Ax e il duo Tiziano & Massimo, che comunque giocano in casa, visto che la stessa canzone, l’hanno già presentata all’ultimo Festival.

La voce del padrone

L’album, pubblicato nel 1981, è un vero masterpiece, uno tra i migliori della storia della musica italiana: sette tracce che hanno segnato per sempre la nostra discografia.

Centro di gravità permanente” è un diamante di rara brillantezza. Una canzone che è un trattato di storia, cultura, arte, religione e filosofia. Un Bignami che, in 3 minuti e 53 secondi, riassume l’uomo e l’artista Franco Battiato, ma soprattutto una riflessione che si estende all’intero genere umano.

Una canzone che fa riferimento al senso di smarrimento, riflessioni spirituali che pongono i grandi dilemmi dell’essere umano e che trovano risposta nelle radici della sua esistenza. Un testo che gioca, almeno in apparenza, su riferimenti religiosi, immagini casuali e metafore, ma con un significato di fondo ben preciso. Un brano intriso di spiritualità e con una sacra verità di fondo: il bisogno di un centro di gravità permanente dell’Io, l’equilibrio cosmico con l’universo.

La ricerca di un punto d’appoggio definitivo, appunto un centro di gravità: un luogo adatto a vivere la propria intimità, dove l’essere umano possa trovare una stabilità, che gli permetta di essere osservatore del mondo.

Centro di gravità permanente

E poi c’è la cover di Biagio Antonacci, dove, tutto quanto sopra esposto, è stato gentilmente buttato nel cesso. Un pressapochismo che sminuisce e sbeffeggia un brano leggendario. Cantato senza rispetto, come si fa quando si è sotto la doccia. “Tanto pe’ cantà…” ma qui non c’è il “friccico ner core“.

“…adesso, almeno, a causa della sua malattia, spero abbia la fortuna di non capire esattamente come Biagio Antonacci abbia offeso e sfregiato il suo capolavoro (…) per me andrebbe denunciato e condannato al pari di chi ha mutilato un dito al putto della Fontana del Bernini…” scrive al proposito Igor Nogarotto (cantautore, scrittore), sui social. E i commenti al video, su youTube, non sono meno teneri.

Intendiamoci, “Centro di gravità permanente” è una canzone a sé stante, come già sottolineato. Un capolavoro assoluto, difficile per chiunque da riproporre.

Un mix di classica ed elettronica, un coro “madrigalista” che la rende inimitabile, parlando solo e solamente della parte musicale. Franco Battiato è stato, è, e sarà, un precursore. Inarrivabile.

Non si può e non si deve, trasformare un simile capolavoro, in una canzoncina “na na na pa pa pa”, con una chitarrina acustica stile folk tropicale, e cantarla con una vocina da minimo sindacale. Un insulto, una bestemmia. Tutto un “ina” che non fa onore all’interprete, men che meno all’autore.

Fa venire voglia di ascoltare l’originale: questo è il risultato.

Parafrasando: “non sopporto le cover brutte, la musica finto rock (…)”.

Riprovaci, sarai più fortunato, ma dovrai impegnarti molto di più.

Biagio Antonacci cove centro di gravità permanente. screenshot di alcuni commenti apparsi su youtube, non del tutto entusiastici
Biagio Antonacci cover – Alcuni commenti sul brano dal canale youtube
Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.