Cibo, menù, location: cosa non vi piace al ristorante?

Tutti pazzi per cibo. Noi italiani parliamo continuamente di cibo, mangiato al ristorante, cucinato dalla mamma, dalla nonna, a casa di amici, parliamo di cibo, di menù, anche mentre mangiamo. E’ una vera passione, quasi un’ossessione. E da qualche tempo anche la location conta.

Le trasmissioni di cucina in Italia non si contano, dalle ricette in due minuti a quelle più complesse per mani esperte.

Cibo(rg)clik

E poi fotografiamo i piatti! Ad onor del vero, io non l’ho mai fatto. In genere, mentre mangio, lascio il mio cellulare in modalità silenziosa nella borsa, ma ora scrivo di cibo e quindi scatto di nascosto, perché mi vergogno e poi ripongo il cellulare per affidarmi agli altri sensi.

Parlando di cibo e ristoranti raccolgo quotidianamente piccole lamentele di cose che al ristornate non piacciono. Le più disparate.

La prima in classifica? Eccola:

un piatto da menù di ristorante, con del cibo in un piatto

Dove sono finite le tovaglie?

In ristoranti sempre più raffinati dove il primo impatto riguarda gli arredi, le tovaglie sono un miraggio.

In nome del gusto minimal-essential-basic si esalta la bellezza di tavoli che, se effettivamente spesso sono delle opere d’arte, tolgono il calore del tovagliato old style, lasciando spazio a tovagliette di ogni forma e colore e materiale, o addirittura a nulla, piccolo poggia posate di importazione moda sushi.

Proseguiamo: i bicchieri dell’acqua; sempre in nome di un gusto ricercato e innovativo, i bicchieri dell’acqua spesso sembrano vaschette timide e raccolte ai piedi di eleganti calici destinati al più nobile vino.

Mi sento solidale con loro, poverette, che fatica emergere…

Menùbolario

E ancora: menù incomprensibili. Una cara amica, ogni volta litiga con il menù: due lauree, tre lingue, insomma, qualcosina nella vita l’ha imparata, eppure diventa matta a tradurre descrizioni di piatti destrutturati, non solo nella cottura ma anche nel lessico! Un menù che debba essere tradotto in ogni dettaglio dal cameriere a volte imbarazza oltre che annoiare.

Riso alla nostra maniera, brasato dei giorni miei, tiramisù come non ti aspetti, ma cosa vuol dire!

E sempre a proposito di menù: da vietare per legge, menù lunghi pagine per antipasti, primi e secondi.

Oltre a confondere e dilungare la scelta, insospettiscono in merito a stagionalità, qualità e conservazione, soprattutto se sono plastificati!!!  Lontano il più possibile da questi ristoranti!

una porzione di tiramisù in un piatto decorato con polvere di cioccolato e una foglia di menta

Porzioni o proporzioni?

Finale dolente, ma non meno importante. Le quantità. Argomento delicatissimo, perché si potrebbero scrivere lunghe pagine in proposito.

L’era delle abbuffate è ormai terminata e ne sono felice, ma confondere piccole quantità, con piccoli assaggi è offensivo.

Indimenticabile la battuta di Checco Zalone, che considerava la portata con la semplice prova di cottura della pasta. Lui scherzava ma non sbagliava poi molto.

Ho cenato in un noto ristorante nel sud Italia. Quantità nel piatto davvero imbarazzante, offensiva e indegnamente sproporzionata tra qualità e prezzo. Ho concluso la cena con un dolce gigantesco, enorme ed a quel punto non ho resistito. Con tutta la gentilezza possibile, ho manifestato al titolare l’incoerenza di sfamare il cliente con un dolce così abbondante da schiacciare dalla memoria olfattiva ogni minuscolo precedente assaggio che loro consideravano portata.

E a voi? Cosa non sopportate proprio?

Sono curiosa, fatemi sapere..

un piatto da menù con pochissimo cibo nel piatto
almadarte
almadarte
Almadarte esprime la mia passione per tutto il bello che la vita ci regala. L’arte, il teatro, la musica, il cibo, la poesia. La bellezza è una qualità che diventa sensibile alla prima impressione, l’anima l’apprende e riconosciutala, l’accoglie e in un certo modo le si accorda. 43 anni studi classici, amante dell’arte figurativa in modo particolare, desiderosa di apprendere e curiosa di ogni forma di cultura, osservatrice attenta dell’arte culinaria fa suo il motto di George Bernard Shaw “non c’è amore più sincero di quello per il cibo”