Coronavirus e migranti. Vittime o solo un buon business?

Coronavirus e migranti. Le misure restrittive sono iniziate il 12 marzo mentre la chiusura dei porti è arrivata il 7 aprile e nel frattempo gli sbarchi sono continuati regolarmente. Come è stata gestita la questione migranti? Quali consenze sul rischio di contagio della popolazione?

Coronavirus e migranti

L’Italia non è più un porto non sicuro. Lo dice il decreto interministeriale del 7 aprile.

Inoltre il DPCM del 25 marzo 2020 n.19 cita testualmente: “limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso nei territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale“, ma non chiudeva di fatto l’ingresso in Italia.

Il che significa che per tutto questo periodo i flussi migratori sono continuati a muoversi verso l’Italia in tutta libertà. Ma cosa si intende definire con il decreto interministeriale del 7 aprile?

Per l’intero periodo di durata di emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus COVID-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (luogo sicuro) in virtù di quanto previsto dalla convenzione di Amburgo, sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dall’area SAR italiana.

Guarda il dito che nasconde la Luna

Gli sbarchi di migranti che in un primo momento sembravano essersi arrestati, dopo un attimo di smarrimento sono ripresi regolarmente. Ma la distrazione mediatica ha fatto si che questo argomento non fosse più trattato con la stessa frequenza usuale. I “bollettini di guerra” che ci aggiornano sul numero di contagi e di morti, i DPCM che annunciano continue modifiche, le dirette di Conte che sono ormai un’appuntamento fisso degno di una serie TV a puntate, fan si che tutto il contorno di notizie altrettanto importanti ma scomode, non arrivino alla nostra attenzione.

Per esempio, solo nelle ultime due settimane sono entrati in Italia 150 profughi. L’8 aprile, Alarm Phone, il servizio telefonico di emergenza in supporto alle operazioni di salvataggio ha dato la notizia di un ennesimo sbarco di 67 persone a Lampedusa. Cito testualmente:”Malta non ha prestato soccorso e hanno attraversato la loro zona Sar con il motore guasto. Raggiunta la zona Sar italiana, le autorità li hanno scortati fino al porto. Siamo felici che siano vivi!”. Segnalano uno sbarco anche in Sardegna, nel territorio di Teulada. Una piccola imbarcazione con 6 persone è approdata sulla spiaggia di Porto Tramatzu

Vittime o solo un buon business?

Già in tempi “normali”, l’Italia ha un sistema economico che non riesce ad assorbire la povertà nazionale. Come si fa ad assorbire le crisi nazionali dei Paesi in emergenza? Non abbiamo le risorse per essere un aiuto concreto. Non ci sono strutture adeguate per ospitarli, quelle esistenti sono una vergogna che lede i diritti umani. La nostra sanità, in materia di personale, non ha unità sufficienti per effettuare i controlli, tant’è che le visite nei centri sono calendarizzate. Non siamo uno stato socialmente ed economicamente strutturato affinchè esista un equilibrio che permetta la capacità di accoglienza. Ne è la prova il fatto che dopo non sempre c’è integrazione sociale o inserimento nel mondo del lavoro. E non basta il buonismo per giustificare comunque e sempre la tolleranza.

Certo, il discorso sarebbe lungo, perchè dovremmo parlare di caporalismo, di cooperative sociali che ciurlano nel manico, di tratta degli esseri umani, di sfruttamento della manodopera. Bisognerebbe parlare di come vengono attirati in Italia da promesse di un futuro certo, attraverso prestiti per il pagamento del viaggio, prestiti che non riusciranno mai a restituire e che non garatiscono il viaggio stesso. Bisognerebbe parlare di un business che rende più del mercato della droga. Tutte cose già risapute, oggetto di tanti reportage e indagini della magistratura. Ma non è questa la sede.

A spasso per Lampedusa…

Il problema oggi è che l’Italia è sotto attacco Covid-19 e ognuno di noi è un potenziale untore. Il virus rispetta in pieno l’articolo 3 della nostra costituzione e colpisce senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Pertanto nessuno è escluso, nessuno gode di una particolare immunità. Va da se che quindi, le norme in vigore sono le stesse per tutti. Italiani o migranti.

E allora cosa ci fanno a spasso per le vie di Lampedusa i nuovi arrivati? Cito testualmente da Libero Quotidiano.it:”Diversi lampedusani hanno urlato davanti al Comune: “Noi siamo in quarantena e loro vanno a passeggio. Non deve venire nessuno su quest’isola”.

La domanda giusta da porsi però è un’altra: Come ci sono arrivati se nessuno può muoversi sul territorio? Già SUL territorio, non VERSO il territorio. Mentre tutti i paesi hanno chiuso le frontiere le nostre sono rimaste aperte, fino a ieri.

…E in giro per L’Italia

Sul Sole 24 ore, il collega Andrea Gagliardi evidenzia il problema dei senza dimora. Cito testualmente: “A seguito dell’entrata in vigore del decreto Salvini ( D.L. 113/18, convertito in L. 132/18) tanti cittadini stranieri hanno ricevuto un diniego alla richiesta di protezione internazionale o hanno perso il titolo di soggiorno e sono costretti a vivere ai margini della società. Si tratta di cittadini stranieri senza fissa dimora o costretti a vivere negli insediamenti informali, nelle aree urbane o nelle aree rurali, caratterizzati da precarie condizioni igienico-sanitarie e disagio abitativo. Di qui la richiesta per loro di accesso a strutture di accoglienza adeguate, «tali da evitare situazioni di sovraffollamento, effettuando il necessario monitoraggio sanitario e prevedendo anche in tali casi la predisposizione di protocolli per la gestione dei casi positivi e l’individuazione di strutture di destinazione per l’attuazione delle misure di isolamento in permanenza domiciliare».

Strutture al momento non disponibili neanche per i nostri senzatetto. Per dovere di cronaca, quelle poche predisposte dalla protezione civile, adibite all’accoglienza dei senza dimora, cioè tutti quei lavoratori che non sono potuti rientrare alla loro residenza, e degli italiani rientrati dall’estero, sono a pagamento a carico del beneficiario.

Caro Conte ti scrivo…

Eppure, è datato 12 marzo un documento redatto dall’ ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) e ActionAid, tra l’altro sottoscritto da decine di associazioni, indirizzato al Ministro dell’Interno, ai prefetti e ai questori. Un documento che solleva l’attenzione sul problema coronavirus e migranti. In questa lettera si fa un’analisi sui diritti a rischio dei migranti, particolarmente esposti all’epidemia. Si chiede “l’immediata sospensione di ogni nuovo ingresso nei CPR, che vengano disposte anche quanto a soggetti già trattenuti le misure alternative al trattenimento di cui all’art 13, cot 5t2, Testo Unico Immigrazione, e che si proceda con la massima tempestività alla progressiva chiusura dei Centri “.

Era il 12 marzo. All’alba del primo DPCM che annunciava il lock down nazionale, ma nessuna misura in merito agli sbarchi.

Ma non finisce qui. Mentre tutti i giorni, alle 18, puntuali come una cambiale, il dottor Borrelli sgrana il rosario quotidiano dei numeri di contagiati, decessi e guarigioni, tra un ora pro nobis e un’Ave Maria l’italiano continua a stare chiuso in casa, mentre a Linosa, Messina e Lampedusa continuano a sbarcare migranti. Noto il caso della Ong tedesca Alan Kurdi che, nei pressi delle coste libiche, ha soccorso circa 150 migranti e si è diretta verso Lanosa.

…e ti riscrivo…

Il 22 marzo, quindi 10 giorni dopo la lettera, l’ ASGI, in collaborazione con altre associazioni, sottopone all’attenzione del nostro Governo, un altro importante documento. Nel trattato si evince che all’interno dei centri non vige certo la norma della distanza interpersonale, ed è palese, per la quantità di persone che gli assembramenti sono inevitabili. Avete mai visto, anche solo in un reportage, come sono le camere e i locali mensa? E i servizi igienici? Condizioni che non garantiscono certo la tutela da contagio. E mi stupirebbe apprendere che siano stati tutti sottoposti a tamponi.

E’ una relazione dettagliata dal titolo “Emergenza Covid-19. L’impatto sui diritti delle/dei cittadine/i stranieri e le misure di tutela necessarie: una prima ricognizione“.

È del tutto evidente che le strutture collettive caratterizzate da grandi concentrazioni (CAS, CARA, HUB, CPR, hotspot) non sono oggettivamente idonee a garantire il rispetto di dette prescrizioni legali e la salvaguardia della salute sia dei e delle richiedenti asilo, sia dei lavoratori e delle lavoratrici dell’accoglienza e pertanto la salute collettiva. Esse, pertanto, devono essere urgentemente chiuse, organizzando l’accoglienza secondo il sistema di accoglienza diffusa.

Non risultano essere state emanate direttive specifiche per assicurare un adeguato ricovero, sia diurno che notturno, per tutte le persone che, per qualunque ragione, siano senza dimora o vivono in condizioni inadeguate.

L’emergenza prevede l’urgenza

Il documento si conclude con la richiesta del sostegno al reddito per le/i cittadine/i straniere/i che, come conseguenza dell’emergenza COVID-19, hanno perso il lavoro al pari delle/dei cittadine/i italiane/i. Inoltre, l’ASGI formula anche la seguente richiesta.

Appare, quindi, sin da subito necessaria l’adozione di misure che limitino il rischio di contagio e, nel bilanciamento tra i diritti e gli interessi in gioco (bilanciamento imposto da varie norme, prime tra tutte quelle di cui alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), rispondano al prioritario obiettivo di ostacolare la diffusione dell’epidemia e salvaguardare la salute e la vita dei trattenuti e della popolazione tutta.

Per tutti questi motivi CHIEDIAMO che venga disposta l’immediata sospensione di ogni nuovo ingresso nei CPR e negli hotspot. Che vengano disposte anche nei confronti dei soggetti già trattenuti nei CPR le misure alternative al trattenimento di cui all’art. 14, co. 1 bis, TU 286/98, oppure che il trattenimento non sia prorogato o sia disposto un mero ordine di allontanamento da parte del questore ai sensi dell’art. 14, comma 5-bis d. lgs. n. 286/1998, poiché non vi è più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto nello Stato di origine, e che si proceda con la massima tempestività alla progressiva chiusura dei suddetti centri.

Ho partito o sono partito, l’importante è ca sugnu arrivatu

Il provvedimento è arrivato, con calma e per favore, il 7 aprile. Quali conseguenze può avere questo ritardo? Quali responsabilità ne deriveranno? Come inciderà sui numeri del bollettino di Borrelli? Se chiudono i centri di accoglienza, dove vanno tutti gli ospiti? Quali tutele sanitarie per le comunità di migranti senza fissa dimora? Quale tutela per la popolazione delle città che ospitano, loro malgrado, gli sbarchi? Quali conseguenze sul rischio di contagio della popolazione?

Che dire…concludo citando un proverbio a cui sono particolarmente affezionata: ho partito o sono partito, l’importante è ca sugnu arrivatu

Un’ultima domanda: in tutto questo, l’Europa dov’è?




Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”