“Il morbo”, il nuovo romanzo di Stefano Valente

Un profetico romanzo o semplicemente una coincidenza? Non lo sapremo mai. Sta di fatto che Stefano Valente, nel suo ultimo romanzo “Il Morbo” (Graphofeel Edizioni) ci proietta in una realtà non più ipotetica, visti gli avvenimenti dell’ultimo periodo.

Un romanzo che riflette appieno lo stato d’animo della società attuale, malgrado sia ambientato quasi tre secoli fa. Un’epoca in cui la superstizione prevaricava la scienza, e la scienza rimaneva affascinata e impotente davanti all’ignoto.

Ma il punto in comune tra passato e presente è che avvenimenti come una pandemia ci danno la consapevolezza del Caos, del fatto che l’uomo non è onnipotente e che la natura insegue dinamiche che fuggono al controllo razionale e umano. E questa consapevolezza che tutto ci sfugge, crea paura, insicurezza e riporta l’essere umano a rifugiarsi nell’amore e nei ricordi sereni del passato.

Lo abbiamo vissuto tutti sulla nostra pelle, indistintamente da un emisfero all’altro, e non è ancora finita.

Il Morbo

Scritto in tempi non sospetti, nel romanzo di Valente si riscontrano parallelismi con la situazione attuale. La descrizione della vicenda resa da più voci dà vita a molteplici prospettive come in un gioco di specchi che riflette il racconto di rovine e di trionfi, che moltiplica l’avventura di piccole e grandi figure umane. Un anonimo cronista del tempo ricostruisce, con rigore settecentesco, fatti – e/o apparizioni – attraverso le memorie dei testimoni e dei documenti.

A Lille Havn, una cittadina costiera in un minuscolo regno del Nord, da qualche parte fra Prussia e Danimarca, in uno strano inverno ogni cosa appare estranea e remota. Impercettibile e muto l’avanzare della morsa di ghiaccio si accompagna alle nebbie della baia. All’improvviso, indistinto e irraggiungibile, il profilo inclinato di un veliero all’ancora in alto mare, immobile sul filo dell’orizzonte. La sua comparsa coincide con l’erompere inspiegabile e spaventoso di un’epidemia che farà piombare malattia e morte su Lille Havn. Il villaggio viene dunque isolato, segregato in quarantena forzata sotto vigilanza militare, e gli abitanti abbandonati al proprio destino.

L’inferno in terra

Lille Havn – mi sono detta allora – è stato inferno due volte. La prima volta per l’epidemia che l’ha infestato, per i suoi ammalati ed i suoi defunti. La seconda per il terrore – invisibile, occulto – che ha proiettato all’esterno. Un terrore sempre sul punto di traboccare fin oltre l’oscura, approssimativa cornice della bolgia bianca di neve da guardare a vista. Un terrore che, forse, i cuori palpitanti sotto le divise immaginavano simile a un vento improvviso, a un soffio divino o diabolico pronto ad alzarsi da un momento all’altro, e a spazzarli via tutti in un colpo solo (…)

Uno di quei momenti della vita, credo, in cui ci rendiamo conto che non conosciamo e non conosceremo mai veramente chi ci è vicino, neanche quelli con cui dividiamo il nostro respiro, o il sapore delle nostre labbra. L’amara, invincibile consapevolezza che tutto ci sfugge, e che del Caos astruso da cui siamo avvolti non possiamo afferrare che sprazzi incoerenti di luce e di ombra. O, più spesso, soltanto frammenti – il ricordo d’una carezza, della quiete cristallizzata d’un lago, dell’odore vertiginoso dell’aria che vibra per una spirale di falchi…

La narrazione “gioca” a incrociare i più diversi generi letterari, con una scrittura colta, attenta ai vari livelli di linguaggio.

Stefano Valente

Stefano Valente glottologo e lusitanista, è studioso delle lingue e letterature ibero-romanze. Per lui scrivere è “la fatica di addomesticare un animale indomabile: la meraviglia“.

Tra i suoi titoli: il thriller esoterico Lo Specchio di Orfeo (Barbera, 2008), tradotto anche in Portogallo (O Espelho de Orfeu – Ésquilo Edições), La Serpe e il Mirto (1978), edito da Parallelo45, il giallo fantascientifico Il Delegato Poznan è stanco (DeAgostini/Libromania) e la space opera Sensei delle Stelle.

Per Graphofeel ha pubblicato Il Barone dell’Alba (2016),  Sei Giorni (2018) e Breve storia dell’alchimia (2019). Nel 2013 ha vinto il premio Linguaggi Neokulturali con l’inedito Di altre Metamorfosi, primo su 2046 romanzi, nel quale affronta da nuovi punti di vista la tematica della “pericolosità” e del rifiuto della diversità.

Nel 2017 si è classificato al terzo posto nel Premio Costadamalfi con Il Barone dell’Alba.

Il Morbo - la copertinaq del libro con disgnato un enorme vascello con tante vele dispiegate che solca un mare agitato
Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.