Jack Savoretti live a Portofino

Un concerto affacciato sul mare, una canzone nata dai social e una donazione all’ospedale San Martino, il quarto per estensione in tutta Europa nonché hub di riferimento per la città di Genova in piena emergenza. Sono gli ingredienti della ricetta vincente di Jack Savoretti che stasera fa il suo primo live post lockdown a Portofino, luogo di infanzia e ricordi. Lì oggi vive ancora il papà che ogni volta che lo porta in giro, com’è successo ieri appena prima della conferenza stampa di presentazione dell’evento, gli racconta gli aneddoti della sua gioventù. Jack li sa a memoria ma ama sentirli raccontare come se fosse sempre la prima volta.

È questo l’attaccamento alla sua Liguria e più in grande all’Italia che in piena pandemia, quando il virus non era ancora arrivato in Inghilterra dove vive, aveva bisogno di lui. E Jack ha risposto.

Le dirette social

Ha deciso di fare delle dirette Instagram non solo con i suoi fan, ma anche con il professor Antonio Uccelli in qualità di Direttore Scientifico dell’Ospedale Policlinico San Martino. Dialoghi informali ma scientifici che hanno permesso a un pubblico vasto ed eterogeneo di essere sempre informato sulla situazione della pandemia in Italia e in Liguria, «perché – ammette Savoretti – di Genova si parlava troppo poco, il che è anche un bene perché le permette di conservare la sua preziosa naturalezza, ma in piena emergenza era doveroso comunicare qualcosa di più».

Doveroso. Jack Savoretti si è sentito in dovere di essere presente per se stesso, la sua famiglia e il suo pubblico. Una scelta che non tutti gli artisti hanno condiviso e sposato, primo fra tutti Nick Cave che ad aprile dichiarava di voler fare un passo indietro per mantenere il silenzio. Non è stato della stessa idea, invece, Jovanotti che più di tutti in Italia ha mantenuto costante la sua presenza sui social. E proprio Savoretti l’ha preso a modello. «Mi è piaciuto come ha fatto – dice –. I social network si sono trasformati davvero in social. Abbiamo creato una comunità e “it was live”», dice sorridendo.

“One Night in Portofino”

Live è anche il suo concerto “One Night in Portofino” di stasera, venerdì 4 settembre. «Ora che si avvicina il momento – ammetteva ieri –, e dopo le prime prove, inizio a sentire un po’ di nervoso e commozione. Spero semplicemente di essere all’altezza di quello che abbiamo pensato e ideato».

E sul futuro del live arriva qualche idea in più. Se la sua ultima canzone “Andrà tutto bene”, la prima in italiano della sua ormai quindicinale carriera, è nata proprio Instagram, perché i concerti non potranno continuare sul web? E non è detto che sia penalizzante. «Si spera che i live tornino come prima – dice l’artista –, ma non penso che succederà. E guardiamo il lato positivo: abbiamo imparato a sfruttare una tecnologia già esistente e il Pianeta non può che beneficiarne. Lo streaming è ecologico, soprattutto se si parla di distanze enormi da colmare. Se prima io prendevo sempre un aereo per venire in Italia, ora si è capito che fare le videoconferenze si può».

Il video ufficiale “Andrà tutto bene” di Jack Savoretti

La beneficenza

Quella di stasera sarà una serata all’insegna della musica e del bisogno di condividere seppur a distanza. E si farà del bene. Sono 30 mila gli euro donati da Jack Savoretti all’ospedale San Martino di Genova, ricavati dal live e dalla canzone scritta in pieno lockdown. Un brano, tra l’altro, che curiosità vuole è stato intitolato con la frase più inflazionata della quarantena italiana, ma senza saperlo.

«Mentre eravamo in diretta – racconta Savoretti – ho chiesto ai fan di dirmi come si sentivano. La canzone è venuta fuori così, costruendola sulle loro sensazioni ed emozioni. L’incipit, per esempio, la frase “In questa notte buia”, è di una ragazza pugliese che era appena andata a vivere da sola e si sentiva sola. E poi all’improvviso una signora, che aveva notato la mia emozione, mi ha tranquillizzato dicendo “Andrà tutto bene”. Ho subito chiesto se potessi usare quella frase come titolo dell’intera canzone, mi ha detto di sì e ha aggiunto che in Italia era ormai un hashtag. È stato, però, tutto casuale».

Francesco Motta al “PeM!”

La volontà di rendersi partecipe con e per il pubblico di Jack Savoretti collima con quella di un altro artista, Francesco Motta, in arte semplicemente Motta, che martedì 1 settembre ha presentato al Festival “PeM! – Parole e Musica” a San Salvatore Monferrato, in provincia di Alessandria, il suo libro “Vivere la musica: Affrontare gli ostacoli, i cattivi maestri e le folli regole del gioco. Quinto dei dieci appuntamenti in scaletta, quello alessandrino sarà seguito dal prossimo, il 9 settembre ad “Aspettando Goa-Boa XXIII” a Genova. E chissà se anche lì Motta ripeterà con lo stesso sarcasmo la sua opinione sui live social di Jovanotti che, come ha fatto intendere, sembravano averlo infastidito e innervosito. «Dobbiamo aiutare la musica, punto e basta» ha detto perentorio.

Tra un “Tutti i bambini sono punk”, “La prostatite ma come si fa” – con evidente riferimento al caso Covid di Flavio Briatore – tra un “È l’errore che ti fa innamorare di una cosa, non il perfezionismo”, e “Questa canzone si intitola voglio ballare un reggae in spiaggia” prima di iniziare a cantare una delle sue certamente non reggae canzoni, Motta è ironico, dissacrante, realista e poetico allo stesso tempo. Sul palco di “Pem!” canta “Dov’è l’Italia amore mio? Mi sono perso anch’io” – canzone presentata a Sanremo 2019 – e sostiene che «dopo la pandemia siamo peggiorati». Allo stesso tempo, però, a fine serata e, poi, sui social conclude con un «grazie per aver rispettato le distanze e aver indossato la mascherina». Insomma, alla fine i social li usa anche lui e per lo stesso messaggio.

Video della canzone “Dov’è l’Italia” di Motta

Giulia Di Leo
Giulia Di Leo
Laureata in Lettere moderne, ha frequentato la scuola di giornalismo all’Università Cattolica di Milano e oggi scrive per La Stampa e Zetatielle. Dice di sé: “ Sono una ragazza di provincia nata col sogno di scrivere, amo la mia città, Casale Monferrato, che mi ha insegnato a vivere di semplicità e bellezza, portandomi, poi, ad apprezzare la metropoli milanese che nella maturità mi ha conquistata. Non riesco a vivere senza musica: nata nel ’95, ho vissuto di riflesso gli anni delle musicassette degli 883. Mi nutro di cantautorato, pop, indie e trap per aprirmi al vecchio e al nuovo. Senza mai averne capito il perché, il giornalismo è sempre stato il sogno della vita, amo scrivere e la mia attitudine è raccontare e raccontarmi, con stile razionale e schietto. Il mio più grande desiderio è fare della mia passione un lavoro, avvicinandomi a tutti i mondi che fanno parte di me”.