La pulsione alla violenza è una debolezza umana?

Siamo tutti bravi, educati e aperti, finché non arriva la pulsione alla violenza : la debolezza umana estrema. Finché qualcuno non ci dice di no. Al minimo cenno di rifiuto cominciano scenate pietose, fino ad arrivare a gesti più estremi.

Ma perché la pulsione alla violenza c’è anche in chi non è stato represso né è stato vittima a sua volta di atti violenti? Cosa possiamo fare per rendere intollerabili tabù la violenza, la tortura, le guerre?

Questo interrogativo introduce un quesito che ha impegnato le menti più illuminate in tutti i tempi.Il punto di partenza è l’osservazione che la pulsione alla violenza nell’uomo è ancestrale. Ci siamo imposti con la violenza su gli altri esseri viventi e finora manteniamo il predominio perché abbiamo messo la violenza al servizio dell’intelligenza.

Un “mi piace” vale più di una vita

In tutti i contesti naturali si sopravvive con la violenza. L’umanità per sopravvivere ogni giorno uccide un gran numero di esseri viventi di specie inferiori.. La pulsione alla violenza è spinta nei nostri giorni anche da tutte le distorsioni della “società dell’apparire” per cui un “mi piace” può valere più di una vita.

Se la violenza è ancestrale, la differenza nei singoli individui è il grado in cui ciascuno riesce a controllare la propria propensione alla violenza. La pulsione alla violenza come debolezza e non come strumento. Il controllo viene anche esercitato dal progredire della civiltà, che mette in campo sempre più efficacemente la potenza di molti, attraverso le istituzioni democratiche, contro la violenza del singolo.Le stesse dinamiche individuali

Il parere della psicoterapeuta Henni Rissone

Riportiamo qui di seguito il testo integrale dell’ intervento della psicologa Henni Rissone, durante un convegno tenutosi il 9 gennaio presso la. Biblioteca Arduino di Moncalieri. La dottoressa Rissone è parte attiva dell’Associazione Artemixia che si batte con il progetto Rosso Indelebile per la prevenzione della violenza di genere. Henni Rissone è anche una danzamovimentoterapeuta, che fa dell’espressione corporea un percorso di vita oltreché una professione. Essenzialmente Henni Rissone è una donna che aiuta altre donne.

La psicologa Henni Rissone spiega la pulsione alla violenza. Giubbotto rosso seduta al tavolo durante un convegno
La psicologa Henni Rissone

Il testo

“Parlerò dal punto di vista della psicoanalisi che è, in questo contesto, il mio occhiale di misura sul tema. Come lavora la psicoanalisi? Lavora partendo da delle domande.

  1. Come si colloca la violenza nel legame d’amore?
  2. “Che cosa vuole una Donna?”

Come si colloca la violenza nel legame d’amore?


La violenza fa parte della vita, è un modo in cui la pulsione di morte abita le varie epoche storiche. Noi siamo tutti soggetti feriti, tutti soggetti in perdita, tutti reduci di una ferita/amputazione.
• La prima forma di tradimento/ separazione che ciascun piccolo di essere umano, che tutti siamo stati, deve affrontare è il violento taglio del cordone ombelicale. La nascita è una faccenda di sangue versato.
• La seconda ferita, più complessa, è data dal fatto che la madre (o il care-giver di riferimento) non è lì tutta per il piccolo ma guarda e si dedica anche a qualcun altro. Al suo lavoro, al suo compagno, alla sua compagna , a un interesse…

Bisogna accettare delle perdite


E’ proprio a partire dal fatto che la madre non è sempre presente che si può strutturare una dialettica, una relazione con il mondo, a partire da uno spazio vuoto. Non si è automaticamente nel mondo con gli altri, si devono accettare delle perdite per divenire soggetti. Quello che Freud chiamava il disagio della civiltà (vediamo come anche qui la civiltà sia segnata dalla differenza, intesa come apertura, come taglio).

Performance contro la violenza di Muta la pelle. Progetto rosso indelebile. Ina donna accovacciata sul palco con una benda rossa sugli occhi

ci crea debolezza. “Ma allo stesso tempo ci nomina, ci dà un posto nel mondo“.

Incapaci ad accettare un NO

Questa ambigua funzione del linguaggio è ciò su cui si gioca il nostro essere nel mondo.
Alcuni soggetti si rifiutano di sottomettersi a questo taglio e rispondono con atti violenti, sono coloro incapaci di accettare il No.

Nel contemporaneo attuale, dominato dal discorso Capitalista che dà l’imperativo di godere attraverso il consumo massiccio dell’oggetto, degli oggetti sempre più in fretta resi scarti, la relazione amorosa così come il legame sociale tende a pervertizzarsi.

Quando dico pervertizzarsi intendo che il rapporto con ciò che è altro da sé non contempla la soggettività dell’altro ma lo colloca piuttosto in una serie, in una catalogazione come si fa con gli oggetti appunto. Questo lo vediamo anche nella predominanza del pornografico a discapito dell’erotico.Dove appunto nel pornografico tutto è esposto e accessibile e nell’erotico l’oggetto resta velato e si introduce dunque uno spazio, una distanza dialettica con l’altro corpo.

Lesbiche Baciatevi!

Ricordiamo il fatto di cronaca risalente a questa estate. Due lesbiche picchiate da un gruppo di giovani uomini a Londra su una metropolitana. All’ordine: “lesbiche baciatevi!”, le ragazze rispondono con un “no” e la reazione è violenta, le ragazze vengono percosse ripetutamente fino ad avere i volti tumefatti e sanguinanti

:
1) le due ragazze sono appiattite come su uno schermo, rese oggetto del godimento di chiunque, la richiesta va oltre il velo della privacy, va oltre il velo dell’erotico, è una richiesta o-scena (fuori scena, fuori contesto).


2) La parola “lesbiche” dice di un appiattimento all’universale del soggetto, si usa una etichetta, una categoria, rivolgendosi al singolo. Universalizzazione a discapito della soggettivazione. “Baciatevi”: è un ordine, l’ordine proviene da una posizione di presunta superiorità, da una pulsione, in una dinamica dell’avere, del possesso, dell’oggetto.incapacità di accettare il “no” e rispondere a questo con un passaggio all’atto e alla pulsione violenta.

La violenza delle violenze

La violenza delle violenze è la violenza sessuale. Di fronte alla violenza sessuale subita, la donna non è in grado di dire. Al di là del denunciare, proprio non è in grado di simbolizzare a se stessa quel tipo di trauma. Proprio perché quel trauma va a toccare qualcosa dell’essere che è alla donna stessa indicibile (e anche all’uomo).” Mette a nudo la propria debolezza.

Una violenza legata alla sessualità va a toccare proprio quel punto dell’essere che riguarda la creazione soggettiva più intima. Con la violenza quel punto unico di indicibile si ferisce

Arte terapia

“Le arti-terapie, io esercito anche come danzamovimentoterapeuta, hanno la possibilità di offrire un altro tipo di simbolizzazione (corpo, mosaico, disegno, giochi..) per dare un nome a qualcosa che resta indicibile.” L’estrema debolezza.
Possiamo chiamarle forme di mediazione del trauma che sono la via d’uscita. Affinché ciò che si simbolizza abbia la meglio sulla zona di impossibile da dire

“Il segreto scottante che resta silenzioso, più è silenzioso più è attivo nella ripetizione e dunque distruttivo. La pratica psicoanalitica, attraverso l’ascolto che è un dono: DARE LA Parola. Che conduce all’assunzione di ciascun soggetto della propria storia con l’esito che la sofferenza sia meno distruttiva perché ha una forma di parola. La psicoanalisi in questo senso è un esercizio di libertà che trasforma la vita”. Dopo la debolezza del trauma.

Cosa vuole una donna


In antichità la donna ha sempre avuto spontaneamente un accesso al mondo altro, all’oltre. Pensiamo anche all’etimologia del termine “oltre”, dal greco: hysteros = utero. (Teoria medica della “fluttuazione dell’utero” di fine 600..l’utero perché racchiude il mistero della creazione/nascita).


Freud inaugura la psicoanalisi grazie alle isteriche di fine ‘800, in particolare grazie a una paziente, Emmy von N. da cui Freud prende un inedito punto di vista sulla cura.
Freud all’epoca utilizzava un sistema d’indagine e di scarica (abreazione) di emozioni psichiche sotto ipnosi.

Freud e la signora Emmy

. La Signora Emmy von N. veniva quindi ipnotizzata e in questo stato era invitata a riferire i fatti attinenti ai suoi disturbi. Questo caso fu molto istruttivo per Freud, la paziente, in ipnosi, sorvegliava la sua condotta terapeutica: una volta la Signora Emmy von N. gli domandò, esplicitamente di non fare domande sulla causa di questo e quello, ma di lasciarla parlare liberamente. E questo è uno storico suggerimento sulla via, non tarda a venire, delle libere associazioni e quindi del metodo psicoanalitico.

“in modo decisamente secco mi dice di non domandarle sempre da dove vengono questo e quello, ma di lasciarla raccontare quel che ha da dirmi. “ (FREUD, 1895, P. 226).
Posizione di ascolto, posizione femminile, Freud tiene conto del dire della sua paziente, non parte da un sapere inscalfibile ma si apre al nuovo, all’inedito.
Per tutta la sua carriera Freud si è interrogato sull’enigma del femminile, enigma che evidentemente lo riguardava da vicino data la professione che aveva inaugurato. La domanda su cui Freud si arresta è proprio “Cosa vuole una donna?”

Maschile e femminile, due posture differenti

La questione di essere uomo o donna per la psicoanalisi non dipende dalla biologia. Il maschile e il femminile sono posture differenti: quando dico maschile e femminile non dico uomo e donna. Esiste infatti l’anatomia sessuale ma esiste anche la posizione che ciascuno assume rispetto a questa biologia

. Nella clinica della nevrosi si può osservare come là dove il maschile “fa a pezzi” l’altro, il femminile chiede di essere “tutta”. Fare a pezzi significa ridurre l’altro ad un dettaglio” a una debolezza.” Se si tratta di un uomo in posizione maschile con una donna in posizione femminile, di ridurre la donna a un dettaglio ritrovabile in tutte le altre donne. Che ha a che fare con una parte del loro corpo spesso, cioè mette in serie. C’è un approccio statistico-feticistico con il corpo dell’altro (questo accade anche in alcune donne nei confronti degli uomini). Il tutto è preso nella parte. Basta che ci sia quel dettaglio per reggere il resto“.

Parola, erotica, differenza

Perché la società contemporanea sia civile si deve ridare importanza :
1) alla parola;
2) all’erotica;
3) alla differenza.

Si potrebbe dire che, in questo contemporaneo, siamo un popolo barbaro, innpreda alla pulsione.. perché ci manca la parola, perché ci manca ciò che Lacan chiamerebbe la “lettera d’amore”.

L’Amore è per ciò che è desiderabile e dunque per ciò che non ci appartiene e che dovrebbe restare tale, perché l’amore esista e resista. L’altro amato dovrebbe restare qualcuno a cui tendere, sempre altro da noi .. qualcuno a cui inviare lettere d’amore perché l’amore svanisce quando si colma lo spazio della differenza. Dove c’è senso di possesso l’amore non c’è.” Rimane la debolezza umana.

La violenza colpisce il cuore della civiltà

Una civiltà si misura sulla sua capacità di rispettare e accogliere la differenza . La differenza è l’alterità, ciò che non si conosce è un sapere inedito. La pulsione alla violenza sulle donne colpisce il cuore della civiltà se intendiamo la donna come custode del senso della differenza, del sapere inedito, dell’alterità“. La debolezza non è la donna, ma la pulsione.

In antichità le donne erano sciamane, prostitute sacre, veggenti. Gli uomini, per diventare sciamani dovevano affrontare un percorso di apprendimento, là dove per la donna quella dote era innata, spontanea.
Nel poema epico “L’epopea di Gilgames” risalente a 2.500 anni prima di Cristo e pervenutoci quasi integralmente, troviamo un personaggio, Enkidu, l’uomo selvaggio che, attraverso l’unione con la sacerdotessa sacra Shamka che dura 6 giorni e 7 notti acquisisce qualcosa che non possedeva prima.

Lei è il tramite dell’iniziazione spirituale di Enkidu:
“Ella donò a lui, uomo primordiale, l’arte della donna”.
Attraverso Eros si compie una metamorfosi psico-fisica:
“…gli animali della steppa si tennero lontani, Enkidu era diverso, il suo corpo era stato purificato, il suo sapere era ormai vasto.”

Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".