Pandemic Fatigue, ovvero stanchezza da pandemia: cos’è e come affrontarla

A più di un anno dall’inizio dell’era Covid, molti risentono di stanchezza da pandemia. La Pandemic fatigue è oggi una priorità dell’OMS

In prima battuta la gente, in modo molto disciplinato, ha osservato attentamente tutte le raccomandazioni per la prevenzione da contagio. Oggi, comincia a manifestare comportamenti avversi e atteggiamenti riluttanti verso il mantenimento delle regole. Questa insofferenza si chiama pandemic fatigue.

Cos’è la pandemic fatigue e le sue cause

E’ la stanchezza da pandemia. Una resilienza che sta venendo a mancare nei soggetti che accusano un forte stress derivante dalla sopportazione prolungata di una situazione di disagio. In breve, la demotivazione nel mantenere comportamenti atti a proteggere se stessi e la comunità dal rischio di contagio.

L’obbligo di stare in casa, l’impossibilità di frequentare amici e affetti, il coprifuoco, l’idea stessa di libertà fortemente limitata nel condurre la propria vita, all’inizio erano accettati di buon grado. L’intera comunità percepiva la consapevolezza della necessità di tali provvedimenti. Ma il prolungato periodo di lockdown e restrizioni ha messo a dura prova la resistenza di molti soggetti che faticano mentalmente e psicologicamente a continuare ad accettare di non poter svolgere le loro attività o coltivare regolarmente le loro frequentazioni.

Per molti si aggiunge anche una forte componente, che è la variazione del tenore di vita, dovuta alla perdita del lavoro o all’impossibilità di esercitare la propria attività lavorativa, basti pensare ai lavoratori del settore dello spettacolo, della ristorazione o delle palestre.

Un fenomeno più evidente nelle generazioni più giovani, ma che si estende in egual misura anche alle altre fasce di età.

Pandemic Fatigue - in primo piano due post it con la scritta "stay home" e "stay safe" tenuti da due dita e sullo sfondo un o schermo di pc

Come si manifesta

Da mesi siamo bombardati da messaggi che ci informano e ci intimano di mantenere delle precauzioni anti Covid. “Indossa la mascherina, lavati le mani, mantieni la distanza“: ovunque leggiamo questi messaggi. Anche nei momenti di svago, quando guardiamo la TV, la pubblicità ci rimanda questi moniti a tutela della salute. L’effetto, a lungo termine, è che risultano essere molto meno efficaci e la collaborazione delle persone comincia a venire meno.

Sempre più gente trascura la distanza nei luoghi pubblici, soprattutto se si trova con persone che riconosce come frequentatori del locale o del quartiere; sempre più gente abbassa la mascherina o non la mette affatto. In una parola: demotivazione.

Lo stress ha alterato la percezione del pericolo e il virus non sembra più quella minaccia impellente. L’ormai consueto bollettino quotidiano di numeri di contagi, decessi, ospitalizzati e guariti, trasmesso da radio, giornali e televisioni, non sortisce più l’effetto di mantenere alta la guardia, ma provoca la reazione opposta.

Una sindrome comportamentale alimentata dal prolungato stato di emergenza che pone le persone in uno stato di squilibrio psicologico.

La gente è demotivata perchè ha esaurito gli stimoli positivi che sostenevano la loro resistenza. Una condizione psicologica che li induce a convivere con il virus, abbassando le difese personali.

Del resto, è comprensibile. Il sistema empatico individuale e collettivo è stato sollecitato da forti emozioni. La paura, lo stupore e la profonda percezione del pericolo, unitamente poi a quelli che sono stati i passaggi successivi della pandemia, hanno generato indolenza. Gli effetti collaterali hanno intaccato la sfera emotiva, per quel che riguarda le relazioni affettive, e quella economica, minando le certezze sulle quali si basa la capacità di mantenere il proprio tenore di vita, facendo venir meno quell’equilibrio che genera serenità.

Pandemic fatigue - un uomo seduto davanti a un pc appoggia la testa sull'interno del braccio piegato, con un'aria molto triste. sulla scrivania ci sono dei libri

I provvedimenti dell’OMS

Il problema non è affatto marginale e la questione è stata sollevata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’OMS ha stilato un documento che riporta le valutazioni fatte su campioni di popolazione, le cause, le conseguenze e i danni che derivano dalla pandemic fatigue.

Oltre all’analisi del fenomeno, il report evidenzia anche strategie e metodi di intervento per supportare coloro che manifestano stanchezza da pandemia, attuati secondo la situazione epidemiologica di ogni paese. 

Un documento che si articola in quattro punti principali, quattro percorsi per aiutare i governi a gestire la comunicazione con la popolazione e indurla a continuare a seguire le misure di prevenzione per evitare il contagio da Covid.

Il primo suggerimento è capire cosa causa e alimenta la demotivazione in un soggetto, quindi comprendere l’individuo.

A seguire, è fondamentale che i governi coinvolgano la popolazione nell’impegno collettivo di prevenzione, per il bene comune della stessa società.

Certamente, la cosa più importante, resta trovare le soluzioni adeguate per concedere alle persone di tornare alle proprie abitudini, alle proprie frequentazioni. Questo permetterà alla gente di riprendere la vita di prima, ma in totale sicurezza.

Ultimo, ma non per importanza, il sostegno. Attuare delle misure economiche, sociali, psicologiche e culturali, è la strada da seguire per infondere il senso di ripresa, di protezione e alleviare le difficoltà soggettive.

 

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”