Peggy Guggenheim, una vita a divorare arte.

Nata nel 1898, figlia di Benjamin, morto sul Titanic, e nipote di Solomon, il collezionista fondatore del Guggenheim di New York, Peggy è di origine ebraica. A fine Ottocento la famiglia del padre crea una fortuna in campo minerario, nella lavorazione primaria dei metalli: argento, rame e piombo. I Seligman, invece, casato della madre Fleurette, sono una delle maggiori e più importanti famiglie di banchieri americani.

Cresce ricca, spregiudicata, libera da convenzioni e con uno straordinario intuito per l’arte. , Peggy Guggenheim si può definire una divoratrice: di uomini , di artisti, di opere, ma anche e soprattutto di nuovi talenti, come Jackson Pollok. “Feci dipingere a Jackson Pollock un murale alto due metri e largo sette. Marcel Duchamp disse che avrebbe dovuto dipingerlo su una tela, altrimenti il giorno in cui avessi lasciato l’appartamento l’avrei dovuto abbandonare lì”.- (Peggy Guggenheim, Una vita per l’arte, Rizzoli, Milano 1982)

Peggy Guggenheim, una vita dedicata a divorare arte.
Peggy Guggenheim a casa con Jackson Pollock davanti al suo Murale (Mural, 1943), New York, 1946

L’amore con Samuel Beckett

Anche gli intellettuali Max Ernst e Samuel Beckett fanno parte dei suoi amori turbolenti. Peggy Guggenheim conosce lo scrittore Samuel Beckett a Parigi durante il Natale del 1937. Alto e dinoccolato, cortese e divertente, indolente ma nello stesso tempo capace di una straordinaria intensità di pensiero. I due intraprendono una relazione che durerà, tra alti e bassi, poco più di un anno.

Beckett segnerà la storia della letteratura del Novecento e riceverà il premio Nobel per la letteratura nel 1969. “Fui felice di essere con Beckett, che era davvero un compagno ideale, perché amava le cose belle, ed era un piacere visitare i musei insieme a lui, dichiara Peggy. Sposerà però il pittore squattrinato Laurence Vail,con cui avrà due figli, Sindbad e Pegeen. Vail la introduce nei salotti bohemien della Parigi dadaista dove conosce Man Ray, Brancusi e Duchamp.

Peggy Guggenheim ponte d’arte per l’avanguardia

Da qui inizia la sua fortuna. Nel 1933 Peggy acquista la sua prima opera, una scultura di Jean Arp, Testa e conchiglia. Nel 1938 apre a Londra una galleria con Jean Cocteau: Guggenheim Jeune, che fa da ponte tra l’avanguardia europea e quella americana. La prima mostra della galleria è dedicata alle opere di Cocteau, a cui faranno seguito la prima personale di Vasily Kandinsky in Gran Bretagna e, tra le altre, le personali di Yves Tanguy e Rita Kernn-Larsen. La sua spregiudicatezza si manifesta anche negli affari. Alla fine della seconda guerra mondiale Peggy Guggenheim approfitta del crollo del mercato per comprare il più possibile.

Nel 1948 acquista Palazzo Venier dei Leoni, sede della Fondazione Peggy Guggenheim a Venezia, e si stabilisce sul Canal Grande con il suo esercito di cagnolini.”Si è sempre dato per scontato che Venezia è la città ideale per una luna di miele – affermava la Guggenheim – ma è un grave errore. Vivere a Venezia, o semplicemente visitarla, significa innamorarsene e nel cuore non resta più posto per altro” .

Peggy Guggenheim a Parigi fotografata da Rogi André, 1940. Foto in bianco e nero lei inpiedi davanti alla. Finestra con sigaretta.
Peggy Guggenheim a Parigi fotografata da Rogi André, 1940

Veloce come un rapace

Sempre molto attenta non imbarcava autori a rischiodichiarava Carlo Ripa di Meana in un’intervista per la Rai – . Era veloce. Piombava come un rapace. A volte anche su uno sconosciuto e lo portava alla luce fidandosi del suo intuito che costituiva, da quel momento in avanti, un’assoluta certezza. Ma quello che riconosco maggiormente è stata la sua grande lungimiranza strategica quando ha portato la pop art in Europa. La testa di ponte sarà la Biennale di Venezia.

“Lei ha sempre bazzicato artisti. Erano gli unici uomini che la attiravano. Più vissuti come missioni che veri e propri amori. Credo che la sua difficoltà in questi rapporti fosse che si sentivano ‘pesati’ nel loro percorso creativo. E questo, per un uomo e un artista, è insopportabile.

Io sono un museo

L’arte moderna mi ha conquistata non appena l’ho conosciuta, ne ero diventata dipendente, non era mai abbastanza. Mi sono dedicata interamente alla mia collezione. Una collezione è impegnativa. Ma è quello che desideravo e ne ho fatto il lavoro di una vita. Io non sono una collezionista. Io sono un museo. Peggy Guggenheim in Peggy Guggenheim and Her Friends, 1970-76

Il museo Guggenheim di New York fondatoto da Solomon. Foto da sito Guggenheim

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".