Test rapidi, tamponi in farmacia e sanità: l’opinione di Diego Righini

Test Rapidi, tamponi in farmacia e a domicilio. Sanità ospedaliera verso un nuovo collasso. Si poteva fare di più? Ma soprattutto la paura, l’angoscia che domina. Terrorismo psicologico? Strategia di comunicazione? Ne abbiamo parlato con Diego Righini, direttore editoriale, autore e conduttore della trasmissione “Scienza e lavoro”, impreditore, esperto in economia e commercio. Una carriera anche in politica, già consulente per la Commissione Federalismo fiscale Roma Capitale della Regione Lazio. Amante del cinema, è Presidente di “Tulipani di Seta Nera“, il festival internazionale del film corto.

Intervista con Diego Righini

I posti letto

Qual è l’idea che ti sei fatto di questa situazione, Diego?

Andiamo all’oggi, ad usare l’intelligenza del buon padre di famiglia. Io dico una cosa. “Le persone che sono positive sono davvero un problema al Covid 19?”. Io dico di no. Quando uno è positivo, ma poi dei positivi stanno male solo il 5%, ritengo che il dato del positivo non è un dato importante, eppure i telegiornali lo fanno passare per tale.

Il dato dei malati quello comincia ad essere importante (…). Non considero il positivo. ma considero il malato. Il malato deve andare in carico al servizio sanitario nazionale quindi il malato ha bisogno di un’organizzazione perchè va curato. Perchè in Italia ho censito 192 mila posti letto e mi aumenta al giorno di 30 malati, però al terzo giorno che ho 30 malati la comunicazione dei media.”la sanità è in difficoltà”.

Perchè la comunicazione è “sanità in difficoltà”, quando i numeri sono molto bassi, rispetto ai numeri dei posti letto?

La mia domanda è perchè la sanità è in difficoltà se abbiamo aperto (e chiuso) ospedali covid e avuto tutta un’estate per prepararci alla seconda ondata?

Se non riapre è perche non ha persone da ricoverare però scatta il lockdown. Ci dicono che siamo in difficoltà. Cioè la comunicazione mediatica è la difficolta. “Attenzione, state a casa”, sempre preoccupati perchè la preoccupazione è quella di non venir curati e rischiare di morire.

Tamponi e farmacie

L’unica ansia è che mi ammalo e avrò dei danni. Questo significa che non verrò curato dal sistema sanitario nazionale perchè non avrà la possibilità e i tempi di occuparsi di me. I farmacisti, ho sentito stamattina, erano delusi dal governo. Hanno detto:”Date i tamponi alle farmacie”. Viene la persona, paga il tampone o il ticket, il farmacista glielo fa cosi le file sono finite, perchè le farmacie sono sparse per il territorio nazionale”. Invece l’organizzazione sembra difficile. In questo modo, ho organizzato 4 ore di fila non 4 ore di tamponi. Ho organizzato scientificamente 4-5 ore di fila.

Eviteremmo l’assembramento, visto che è vietato lo facciamo davanti alle Asl. Noi abbiamo da settimane file di 4 km a Settimo Torinese piuttosto che a Moncalieri o Nichelino perchè sono Asl che accentrano una serie di borgate, paesi che raccolgono gli studenti. File che creano assembramento lungo le strade principali (fonte La Stampa).

La cosa che mi dà più fastidio è che abbiano fatto un ulteriore debito italiano di 100 miliardi perchè i soldi servivano per organizzare un qualcosa. Significa che, se voglio fare il tracciamento perchè il problema non è il numero dei positivi. Il tampone E’ il tracciamento. Devo capire se c’è un cluster. Se io ho un virus e inizio ad avere tanti ammalati, non tanti positivi, ma tanti ammalati,in un territorio, ho un cluster.

Il servizio sanitario nazionale

Ma il problema vero non è che sono ammalati, è che io devo dare una risposta di sistema al servizio sanitario nazionale. Cioè, qui la difficolta è nell’organizzazione della risposta. Non è la difficoltà che si ammalano. Un virus influenzale, nella storia dell’uomo, ha portato gente ad ammalarsi. Che noi ci ammaliamo non è un problema, il problema è la risposta alla malattia. Cioè, il sistema sanitario nazionale come risponde alla malattia? E mi sembra che tutte le risposte siano organizzate come “non risposte”. Quindi i tamponi non vengono dati ai farmacisti e ci fanno fare 4 ore di fila, il triage, cioè l’ammalato lo ospedalizzo e non ho creato, pur avendo mesi di tempo e una miriade di strutture ospedaliere abbandonate dal sistema sanitario nazionale, negli ultimi vent’anni, non le ho riaperte utilizzandole per questa evenienza.

Le riaprivo, le ammodernavo, (avevo il tempo, no?) e davo anche il lavoro, visto che il lavoro manca pure. E le creavo solo come terapie intensive. In quell’ospedale ci vado a localizzare quelli che si ammalano positivi, con del personale dedicato. Però questo questo non è stato fatto.

Obiettivo: creare preoccupazione

L’idea che ho è che tutte le decisioni prese sono per tenere alto lo stato di preoccupazione. Non è stata presa nessuna decisione che serva ad eliminare la preoccupazione. Significa che in realtà la preoccupazione non è, come dire…uno stato delle persone, sembra un obiettivo.

Cosa devo fare per preoccupare le persone? Allora, creo difficoltà per fare i tamponi, difficoltà per farti ricoverare, ti creo difficoltà per svolgere la tua attività lavorativa. Mi sembra che tutte queste cose siano state create, in una sorta di organizzazione.

Torno a dirti, a questi tre problemi, ricoverarmi, farmi il tampone e tutelarmi, potevo risolvere tutto con la farmacia e queste strutture dove ricoveravo i positivi ammalati. Avrei avuto l’idea chiara di come sto. Verifico nelle farmacie come sto, vado in farmacia se non ho difficoltà (economiche n.d.r.) nelle asl ci va chi non può pagarselo il tampone. Quando tu devi comprare i tamponi, innanzitutto li fai mettere a mercato ( e quindi le aziende abbassano il prezzo) e quando devo comprarne un milione non sarà come comprarne 10 mila (perchè li pago molto di meno). Anche il macchinario che analizza il tampone: se l’ordine dei farmacisti ha detto che lo compravano, per analizzare il tampone al momento, loro avevamo semplificato la vita. Chi organizza il sistema sanitario nazionale, quindi la politica non vuole togliersi questo problema.

La comunicazione crea angoscia

Io ho avuto il professor Giulio Tarro che mi ha dato una chicca e ha detto:”Io sono stato interpellato e ho parlato di sierologia, ma non hanno voluto ascoltarmi” (clicca qui per l’intervista con il prof. Giulio Tarro)

Tre difficoltà: difficolta sul lavoro e anche nella vita sociale, difficoltà nel fare il tampone, difficoltà nel farci curare. Ci vogliono creare tre difficoltà sistematiche. Tre difficoltà che si risolvono facilmente. Fosse stato un problema di soldi, ma i soldi…si sono autorizzati 200 miliardi di sforamento, il problema di strutture neanche, perchè ne abbiamo. La sanità ha dismesso diverse strutture negi ultimi vent’anni. il problema è che queste tre difficoltà sembrano create. Non sono solo create ma sono anche fatte vivere nell’emotività delle persone come tre angosce.

I giornalisti raccontano sempre le tre angosce, invito chiunque ad ascoltare un qualunque telegiornale.

Ti dicono sempre che la tua vita sociale e lavorativa è in difficoltà.

Ti devono angosciare per capire se sei malato o non malato è un problema e ti devono angosciare se sarai curato o non curato.

Lo zombie mangia il vivo

Queste tre angosce sono i tre messaggi che ci danno costantemente. Essendo un bombardamento tutti quanti andiamo in difficoltà. Per uscirne, io mi sono inventato un mio metodo che ogni tanto posto “anti-terrorismo” e scrivo una frase perchè serve anche a me stesso. Lo faccio anche per restare lucidi rispetto a questo, perchè hanno creato proprio il concetto dello “zombie”. Cioè una volta che la persona non è più viva, ma non è neanche morta, ma è zombie, cioè gli hanno lavorato il cervello, lo zombie fa una cosa: divora il vivo.

Lo scopo non è avere lo scontro frontale tra chi sta sbagliando e il popolo, ma tra quello che hanno convinto, lo zombie, e il lucido. Quindi, dobbiamo scontrarci tra di noi. Se tu ci fai caso, l’atteggiamento aggressivo che tu hai, lo l’hai con i tuoi amici che sono diventati zombie, che hanno cambiato idea. Questo è l’altro processo, anche con persone che tu non avresti mai detto, anche persone preparate. Dal momento che sono trasformati mentalmente, gli zombie, quando vedono un vivo, uno che è libero, cioè che ragiona liberamente e prova a organizzare una risposta a un virus influenzale, lo attaccano, perchè è un “vivo”.

Ed è un modello che purtroppo funziona.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”