Limoni di Amalfi e agrumeti del Giappone, le new entry del patrimonio FAO

La FAO ha appena aggiunto tre nuovi gioielli alla lista dei Sistemi di Patrimonio Agricolo di Importanza Globale (GIAHS). Con l’ingresso della Costiera Amalfitana in Italia e di due comunità rurali in Giappone, il numero complessivo dei siti riconosciuti supera quota 100, distribuiti in 29 Paesi.
La notizia arriva in un anno simbolico: l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura festeggia infatti il suo 80º anniversario e sceglie di mettere in luce il valore delle pratiche agricole tradizionali che hanno saputo resistere al tempo.

Questi sistemi agricoli non sono semplici campi coltivati. Rappresentano un equilibrio fragile e prezioso tra natura, cultura e innovazione tramandata di generazione in generazione. Ospitano una straordinaria varietà di specie, custodiscono saperi che rischierebbero di scomparire e continuano a garantire sicurezza alimentare e reddito alle comunità locali.

Che cosa significa essere un GIAHS

Il programma GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems) nasce con l’obiettivo di proteggere e valorizzare i sistemi agricoli che possiedono un alto valore ecologico, sociale e culturale. Non si tratta di musei a cielo aperto, ma di paesaggi vivi, modellati dall’uomo e in costante evoluzione.
Un sito GIAHS viene scelto perché dimostra di saper unire sostenibilità, biodiversità, resilienza ai cambiamenti climatici e un forte legame con la cultura locale.

Il riconoscimento funziona come un sigillo di qualità e responsabilità: incoraggia le comunità a continuare a prendersi cura delle proprie terre e offre visibilità a livello internazionale, con ricadute anche sul turismo e sulle economie locali.

Amalfi e i limoni che sfidano i pendii

Tra i nuovi riconoscimenti spicca l’Italia con la Costiera Amalfitana. Qui, da secoli, uomini e donne hanno addomesticato pendii ripidissimi trasformandoli in terrazzamenti a picco sul mare.
Su queste terrazze crescono i famosi limoni di Amalfi, ulivi e vigneti, coltivati con pazienza e abilità. Il protagonista assoluto resta il limone “Sfusato Amalfitano”, un frutto dal profumo intenso e dalla forma allungata, coltivato sotto pergolati di legno di castagno.

La raccolta avviene ancora a mano. I cosiddetti contadini volanti si arrampicano con destrezza sui pergolati, muovendosi con un equilibrio che sorprende chi osserva. È un lavoro faticoso, ma anche un gesto che custodisce un’antica tradizione.

I muretti a secco che sostengono i terrazzamenti non hanno solo valore estetico. Impediscono l’erosione, regolano il deflusso dell’acqua e creano un microclima ideale per la crescita delle piante. Su un ettaro di terreno trovano posto fino a 800 alberi di limone, capaci di produrre 35 tonnellate di frutti, senza l’uso di pesticidi.

La Costiera non è solo terra di coltivazioni. È anche un mosaico di biodiversità: oltre 970 specie vegetali vivono tra i terrazzamenti, comprese rare piante mediterranee. Qui la natura si intreccia con la cultura: il sistema agricolo fa parte del Patrimonio Mondiale UNESCO e dimostra come agricoltura e paesaggio possano fondersi in un capolavoro.

Il ruolo delle donne nella tradizione amalfitana

La storia dei limoneti amalfitani non potrebbe esistere senza il contributo femminile. Le donne non solo partecipano ai lavori agricoli, ma svolgono un ruolo cruciale nella trasmissione delle conoscenze alle nuove generazioni.
Dalle tecniche di coltivazione alla preparazione di prodotti tipici come il limoncello, la memoria delle famiglie agricole vive anche attraverso il lavoro e la voce delle donne. Questo patrimonio immateriale aggiunge valore al riconoscimento GIAHS, perché dimostra che la sostenibilità non riguarda solo la natura ma anche la società.

Giappone: i mikan di Arida-Shimotsu

Oltre all’Italia, due regioni giapponesi entrano a far parte della rete mondiale. La prima si trova nella prefettura di Wakayama, dove da oltre 400 anni le famiglie coltivano il mikan, un mandarino dolce e succoso conosciuto anche come Citrus unshiu.
Qui i contadini hanno trasformato i pendii montuosi in terrazzamenti sorretti da muretti a secco. Queste strutture non solo permettono di coltivare in un terreno difficile, ma svolgono funzioni vitali: trattengono l’umidità, proteggono dal freddo e regolano la temperatura.

La varietà è un altro elemento chiave. Oltre 30 tipi diversi di mikan prosperano grazie ai microclimi locali, ognuno con caratteristiche specifiche. Questa diversità riduce i rischi, rafforza la resilienza del sistema e preserva un patrimonio genetico unico.

I terrazzamenti non ospitano solo mandarini. Apicoltura, selvicoltura e ortaggi si integrano con la coltivazione principale, creando un sistema complesso e autosufficiente. La comunità vive in equilibrio con la natura e ha saputo adattarsi nel tempo ai cambiamenti climatici senza rinunciare alle tradizioni.

Cultura e comunità attorno al mikan

La produzione agricola ad Arida-Shimotsu non è soltanto un’attività economica. È anche cultura condivisa. Festival, ricette e racconti popolari ruotano attorno al mikan, trasformando questo agrume in simbolo identitario.
Ogni famiglia custodisce storie, usanze e saperi legati alla coltivazione. In questo modo, la comunità rafforza i propri legami interni e tramanda alle nuove generazioni un senso di appartenenza.

Il riconoscimento GIAHS valorizza proprio questa dimensione collettiva: non basta produrre cibo in modo sostenibile, bisogna anche mantenere vivo il tessuto sociale che sostiene il sistema agricolo.

Okuizumo: dal ferro al riso

Il terzo sito si trova sempre in Giappone, nella regione di Okuizumo. Qui il paesaggio racconta una storia di trasformazione sorprendente. I terreni, un tempo sfruttati per estrarre sabbia ferrifera con il metodo tradizionale Tatara, sono stati riconvertiti in un sistema agro-silvo-pastorale.
Gli agricoltori hanno creato risaie terrazzate e canali di irrigazione comunitari che risalgono a secoli fa. Attorno alle risaie si sviluppa un ciclo virtuoso che integra la coltivazione del riso con la selvicoltura, l’allevamento bovino e la coltivazione del grano saraceno.

Al centro di questo sistema si trova la razza bovina Japanese Black Cattle. Gli animali forniscono carne di alta qualità, molto apprezzata in Giappone, e allo stesso tempo producono letame che arricchisce i campi di riso.
Il grano saraceno, coltivato sui pendii, non è solo un’alternativa economica ma anche un elemento culturale fondamentale, legato alla cucina e alle tradizioni locali.

Resilienza contro lo spopolamento

Come molte aree rurali, anche Okuizumo deve affrontare lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione. Tuttavia la comunità continua a resistere grazie a forti legami culturali e a una gestione attenta del territorio.
Gli abitanti non si limitano a conservare pratiche antiche, ma le reinterpretano con creatività, adattandole alle nuove esigenze. In questo equilibrio tra memoria e innovazione risiede la forza del sistema.

Il riconoscimento GIAHS rappresenta dunque non solo un premio per il passato, ma anche un incoraggiamento a costruire un futuro sostenibile, in cui agricoltura, foreste e allevamento continuino a convivere in armonia.

Perché questi riconoscimenti contano

Ogni sito GIAHS racconta una storia diversa, ma tutti condividono un messaggio comune: l’agricoltura non è solo produzione di cibo, è cultura, identità e custodia del paesaggio.
In un’epoca segnata da crisi ambientali e cambiamenti climatici, questi sistemi dimostrano che la sostenibilità non è un’invenzione moderna. Comunità di contadini, pescatori e pastori hanno già sperimentato soluzioni efficaci per convivere con la natura, ridurre gli sprechi e mantenere fertile la terra.

Il riconoscimento da parte della FAO non trasforma queste comunità in luoghi immutabili, ma le sostiene nel continuare a innovare senza perdere le proprie radici. È un invito al mondo intero a guardare ai sistemi tradizionali non come a modelli superati, ma come a laboratori di resilienza e creatività.

Una rete in continua crescita

Con i tre nuovi ingressi, la rete mondiale dei GIAHS conta oggi 102 siti. Il Giappone guida la classifica con 17 riconoscimenti, mentre l’Italia raggiunge quota tre. Ogni nuovo sito non solo arricchisce l’elenco, ma rafforza una rete di comunità che possono imparare l’una dall’altra, condividendo esperienze e buone pratiche.

La FAO è onorata di accogliere questi eccezionali nuovi siti nella famiglia dei Sistemi di Patrimonio Agricolo di Importanza Globale. Ogni sito testimonia l’ingegno e la resilienza delle comunità rurali e agricole, mostrando pratiche sostenibili che sono state attentamente mantenute e adattate nel corso delle generazioni”, ha dichiarato Kaveh Zahedi, Direttore dell’Ufficio FAO per il Cambiamento Climatico, la Biodiversità e l’Ambiente.

La FAO ribadisce il proprio impegno nel promuovere questi modelli agricoli, consapevole che il futuro del pianeta dipende anche dalla capacità di valorizzare il passato.

Foto copertina di luigi celentano da Pixabay

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