Il rospo: i segreti del misterioso principe della notte

Nelle prime serate autunnali, quando l’aria si fa più fresca e le giornate si accorciano, nelle campagne, vicino ai fiumi, ma anche nelle città, il silenzio notturno viene improvvisamente interrotto da un coro inconfondibile. È il verso del rospo, un gracidio gutturale e insistente che può sembrare fastidioso a chi cerca quiete, ma che in realtà racconta molto della vita segreta di questo animale.

Non è un suono casuale, ma un vero e proprio richiamo d’amore che i maschi emettono per attirare le femmine, spesso in prossimità di specchi d’acqua dove avverrà la riproduzione. E’ il Bufo bufo, che altro non è che il rospo comune, uno degli anfibi più diffusi in Europa, Italia compresa. Lo si incontra con una facilità sorprendente: non ha paura di colonizzare ambienti umani, giardini, orti e perfino parchi cittadini, purché ci sia un minimo di vegetazione e un luogo umido a portata.

Pur appartenendo alla stessa famiglia degli Anuri (cioè anfibi senza coda), le differenze con la rana sono evidenti: il corpo del rospo è più tozzo, la pelle è rugosa e ricoperta di piccole verruche, le zampe sono corte e robuste. A differenza delle rane, non è un grande saltatore: si muove a balzi brevi e incerti, preferendo camminare lentamente. Eppure, dietro quell’aspetto poco aggraziato si nasconde un animale affascinante, adattabile e fondamentale per gli equilibri degli ecosistemi. In estate lo si può vedere muoversi al crepuscolo, cacciando insetti e piccoli invertebrati. Con l’arrivo dell’autunno, il suo canto diventa colonna sonora delle notti rurali, ricordandoci che la natura segue i suoi cicli, anche a pochi passi dalle nostre case.

Com’è fatto?

Osservare un rospo da vicino significa scoprire una creatura che sembra uscita da un racconto popolare. Non è un caso che nel folklore europeo sia stato spesso associato alla magia e alla stregoneria: le sue ghiandole parotoidi, posizionate dietro agli occhi, secernono una sostanza tossica capace di scoraggiare i predatori. Non è pericolosa per l’uomo, se non ingerita, ma bastava questa caratteristica per renderlo misterioso agli occhi delle generazioni passate.

Il rospo è un anfibio anuro, cioè privo di coda da adulto. Vive tra acqua e terra, ma predilige gli ambienti terrestri umidi, tornando in acqua solo per riprodursi. La pelle non è solo ruvida: è anche permeabile e gli permette di respirare in parte attraverso di essa. Proprio per questo, il rospo ha bisogno di ambienti non inquinati: sostanze chimiche e pesticidi penetrano facilmente nel suo organismo, rendendolo un ottimo indicatore biologico dello stato di salute dell’ambiente.

il rospo con pelle rugosa e grandi occhi in mezzo all'erba
Foto di sandid da Pixabay

Cosa mangia?

Nonostante il suo aspetto poco raffinato, il rospo è un predatore formidabile. Si nutre principalmente di insetti, lombrichi, ragni e limacce, contribuendo a mantenere sotto controllo popolazioni che potrebbero diventare dannose per coltivazioni e orti. Ogni notte può divorare decine di prede, rendendosi un alleato silenzioso dell’agricoltore.

Non caccia saltando come fanno molte rane, ma utilizza una lingua vischiosa e rapida che scatta in avanti catturando la vittima in una frazione di secondo. Questo comportamento, unito alla sua capacità di muoversi nell’oscurità grazie a un’ottima vista crepuscolare, lo trasforma in un cacciatore perfetto per le ore notturne.

Quanto vive un rospo?

Un altro aspetto sorprendente è la sua longevità: in natura può vivere anche dieci anni, mentre in cattività raggiunge talvolta i venti. Questo significa che il rospo che gracida sotto la finestra di casa potrebbe essere lo stesso che ascoltavi anni fa, fedele al suo territorio.

L’attaccamento al luogo natale è infatti fortissimo: quando arriva il momento di riprodursi, i rospi percorrono anche chilometri per raggiungere lo stagno o il fiumiciattolo in cui sono nati.

Il grande viaggio della riproduzione

Se in questi giorni si sente il loro canto, è perché i rospi si preparano alla fase più delicata e spettacolare della loro vita: la riproduzione. A differenza di molti animali che difendono un territorio, i maschi di rospo preferiscono radunarsi in gruppo nei pressi dell’acqua e intonare un concerto collettivo.

Il gracidio serve ad attirare le femmine, ma anche a segnalare la propria presenza agli altri maschi, stabilendo una sorta di gerarchia acustica. Una volta arrivata la femmina, il maschio la abbraccia con le zampe anteriori in una posizione chiamata amplexus. Questo abbraccio può durare ore, a volte giorni, durante i quali la femmina depone le uova in lunghi cordoni gelatinosi che possono contenere fino a 4.000 embrioni. Il maschio le feconda esternamente, rilasciando il proprio seme nell’acqua.

La scena può apparire caotica, con decine di maschi che cercano di afferrare la stessa femmina, ma fa parte della strategia riproduttiva di questi anfibi.

un rospo sopra l'altro durante l'accoppiamento
Foto di Kathy Büscher da Pixabay

La straordinaria metamorfosi

Dopo la deposizione, gli adulti lasciano l’acqua e tornano sulla terraferma, mentre le uova rimangono affidate al caso. In poche settimane si schiudono dando vita ai girini, piccole creature nere che vivono interamente in acqua e si nutrono di alghe e detriti vegetali.

Crescendo, sviluppano le zampe posteriori, poi quelle anteriori, fino a perdere la coda e diventare piccoli rospetti pronti a lasciare lo stagno. La metamorfosi è uno dei momenti più affascinanti della biologia degli anfibi: in pochi mesi un organismo acquatico, simile a un minuscolo pesce, si trasforma in un animale terrestre capace di respirare aria e muoversi tra le foglie.

La sopravvivenza dei girini non è scontata: pesci, insetti acquatici, uccelli e perfino altri anfibi ne divorano grandi quantità. Ma la natura compensa questa fragilità con la numerosità: migliaia di uova per ogni femmina garantiscono che almeno alcuni individui raggiungano l’età adulta. È anche per questo che, nelle notti di fine estate, il gracidio dei rospi ci ricorda quanto sia potente la spinta della vita a perpetuarsi, nonostante i pericoli.

Un vicino di casa prezioso

Se nelle notti settembrine vi capita di udire il gracidio dei rospi, non infastiditevi. Pensate piuttosto alla fortuna di avere accanto un animale che lavora instancabilmente per mantenere l’equilibrio naturale. Un singolo rospo, nel corso della sua vita, può eliminare centinaia di migliaia di insetti, comprese zanzare e parassiti delle colture. È un contributo enorme che spesso passa inosservato.

La sua presenza, inoltre, indica che l’ambiente circostante non è del tutto compromesso dall’inquinamento, dato che gli anfibi sono molto sensibili alle sostanze tossiche. In un’epoca in cui la biodiversità è in declino, ospitare un rospo in giardino o nel parco cittadino è un segnale positivo.

Quali sono i suoi nemici

Purtroppo, il rospo non è immune alle minacce. Urbanizzazione, traffico stradale e uso intensivo di pesticidi mettono a rischio la sua sopravvivenza. Ogni primavera, in molte regioni italiane, volontari e associazioni ambientaliste organizzano vere e proprie “salvaguardie” lungo le strade: reti e secchi per aiutare i rospi ad attraversare in sicurezza durante le migrazioni riproduttive.

Senza questi interventi, migliaia di esemplari verrebbero schiacciati dalle auto. Nonostante tutto, il rospo resta una specie resistente, capace di adattarsi e trovare rifugi anche in ambienti antropizzati. È un simbolo di resilienza, ma anche un campanello d’allarme: se smettessimo di sentirlo gracchiare nelle notti di fine estate, significherebbe che l’equilibrio ecologico attorno a noi si è rotto.

Accogliere un rospo nel proprio spazio non è difficile. Basta evitare di usare pesticidi, lasciare angoli umidi e cespugliosi, e magari predisporre un piccolo stagno o una vasca d’acqua. In cambio, si avrà un alleato prezioso nella lotta biologica agli insetti, e un ospite curioso che, con la sua presenza discreta, ricorda che la natura non è mai lontana, neppure in città.

Se bacio un rospo, si trasformerà in principe?

Spoileriamo subito la risposta: no.

Il rospo da sempre ha suscitato emozioni contrastanti, diventando protagonista di leggende, fiabe e superstizioni. Basta pensare a quante volte compare nelle storie popolari: trasformato in principe dopo un bacio, evocato nelle formule magiche delle streghe o raffigurato come compagno di alchimisti e maghi. Con il suo aspetto tozzo e la pelle ricoperta di verruche, non poteva che stimolare l’immaginazione di popoli che vivevano a stretto contatto con la natura e che cercavano di interpretarne i misteri.

Non solo fiabe. Nel Medioevo il rospo era spesso associato alle streghe. Si pensava fosse il loro animale da compagnia, nascosto negli angoli bui delle case o nei calderoni. Le sue ghiandole velenose alimentavano leggende su pozioni e unguenti, e alcuni testi parlano della cosiddetta “pietra del rospo”, un piccolo oggetto miracoloso che, secondo i racconti, si sarebbe trovato nel cranio dell’animale e avrebbe neutralizzato i veleni. Naturalmente si trattava solo di un mito, ma la credenza fu tanto forte che persino alcuni gioiellieri rinascimentali crearono amuleti ispirati a questa pietra inesistente.

In altre culture, però, il rospo ha un’aura positiva. In Cina è considerato simbolo di ricchezza e prosperità: celebre è la figura del “rospo delle tre zampe”, ancora oggi raffigurato nelle case come portafortuna, spesso con una moneta d’oro in bocca. Infine, in Giappone, invece, rappresenta protezione nei viaggi: i pellegrini portavano con sé piccoli talismani a forma di rospo per garantirsi un ritorno sicuro. Nelle popolazioni precolombiane delle Americhe, infine, il rospo era legato agli dei della pioggia e della fertilità, considerato un tramite tra il mondo umano e quello divino.

Cosa fare se trovi un rospo

Incontrare un rospo nel proprio giardino, in un parco o lungo il bordo di un fiume può sorprendere, ma non c’è motivo di allarmarsi. Questi anfibi sono completamente innocui per l’uomo se non vengono ingeriti e rappresentano un vero alleato della natura. La prima regola è osservarlo senza disturbare. Evitate di toccarlo con le mani nude, sia per proteggere la pelle del rospo – che è molto delicata e permeabile – sia per ridurre il contatto con eventuali secrezioni leggermente irritanti prodotte dalle ghiandole parotoidi.

Se il rospo si trova in un luogo pericoloso, come il bordo di una strada o in prossimità di auto, potete aiutarlo a raggiungere un’area sicura. La cosa più importante è spostarlo nella direzione in cui stava già andando, evitando di cambiare il suo percorso naturale: i rospi sono estremamente legati al territorio e cercano sempre di tornare verso i loro punti di riferimento, soprattutto in prossimità dei luoghi di riproduzione. Spostarli “a caso” può disorientarli e compromettere la loro capacità di sopravvivere. Se il rospo è ferito o appare malato, è meglio contattare centri di recupero per anfibi o associazioni naturalistiche.

Molte persone si chiedono se sia giusto portare il rospo in un piccolo stagno artificiale o in giardino. La risposta è sì, a condizione che l’habitat sia idoneo: un’area umida con vegetazione, foglie secche e qualche zona d’acqua poco profonda è ideale.

Durante la stagione riproduttiva, da fine inverno a inizio primavera, può capitare di osservare maschi radunati vicino a stagni e fossi. In questi periodi è particolarmente importante non disturbare il loro comportamento.

In generale, il miglior approccio è rispettare e osservare, comprendendo che il rospo, pur discreto e goffo, è un prezioso alleato degli ecosistemi e un indicatore della qualità ambientale.

E soprattutto, evitate di baciarlo.

Foto copertina di Kathy Büscher da Pixabay

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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