Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

In un panorama musicale che ama le grandi storie autentiche, Fabio Perversi si afferma oggi come il carismatico leader della formazione ufficiale dei Matia Bazar, incarnando la promessa fatta a Cassano e Golzi e guidando la band storica verso una dimensione contemporanea senza tradirne l’essenza. Con la voce intensa di Luna Dragonieri, una squadra di talenti scelti, una line-up rinnovata ma fedele alle radici e un repertorio che fonde classici e nuove emozioni, il gruppo è pronto a riscrivere un capitolo fondamentale della musica italiana. Scopri in questa intervista la visione che anima il nuovo corso ufficiale della storica band.

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Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Erede di un patrimonio sonoro che unisce eleganza pop, sperimentazione elettronica e romanticismo, Fabio Perversi – musicista e arrangiatore di raffinata sensibilità – guida oggi i Matia Bazar con rinnovata ispirazione. Nel suo nuovo libro “La musica non finisce mai: 50 anni di Matia Bazar” ripercorre la sua vita, e questa straordinaria avventura musicale.


Un orizzonte a bassa quota, fatto di prati interrotti da palazzi popolari che odorano di erba e asfalto, e bucato steso sui balconi. 

Lì, dove il centro della città è solo un ronzio lontano, l’estate scivola lenta: i pomeriggi hanno il colore delle strade di terra e polvere e del cielo che trattiene il temporale. Ragazzini in pantaloncini corti rincorrono un pallone sgonfio su una striscia di terra battuta, mentre dalle finestre le voci confuse e familiari dei programmi televisivi del pomeriggio fanno da colonna sonora.

Poi, d’improvviso, un fotogramma che stona: una macchina ferma, il cofano alzato a mezz’aria. Gente attorno, gesti concitati. Dentro, un carico che non somiglia a nessun trasloco: chitarre, microfoni, grovigli di cavi e piatti color bronzo che luccicano. C’è una ragazza dai ricci impetuosi e il sorriso luminoso, ragazzi dai capelli lunghi e dalle giacche un po’ troppo bizzarre per quel quartiere. Parlano di un concerto a cui non possono mancare. Ma la macchina, capricciosa come un vecchio attore, rifiuta la scena.

I ragazzini, prima soltanto curiosi, si fermano a guardare. Indagano, commentano. Poi, chissà per quale incanto, si ritrovano accanto agli adulti: tutti insieme a spingere quella macchina ostinata. La carrozzeria che scotta di sole, mani che si toccano, scarpe che mordono la polvere, risate e incitazioni che scoppiano all’improvviso come fuochi d’artificio fuori tempo.

Poi, il piccolo miracolo: il motore tossisce, vibra, prende coraggio. La macchina trema, poi, a scatti, torna a mordere la strada. I tipi strani, con le loro giacche colorate la rincorrono al volo. Mentre tutti gridano come se l’Italia avesse segnato a una finale dei mondiali.

Pochi secondi e il veicolo si dissolve dietro il sipario dei palazzi popolari, mentre torna il silenzio in quell’angolo di periferia milanese. Sembra un attimo così comune, così normale, che sicuramente la vita cancellerà senza alcun ripensamento dalla lavagna spietata della memoria. Ma in realtà è successo qualcosa di magico. Nessuno immagina sia l’inizio di una storia che il destino -paziente- prima o poi racconterà.

Postilla. Quel gruppo di musicisti “bizzarri” era la prima formazione dei Matia Bazar. Fra i ragazzini che avevano spinto quell’auto c’era Fabio Perversi: sarebbe entrato nella band nel 1998 e ne sarebbe diventato il leader.

Esistono fili invisibili che attraversano il tempo e le persone. Trame segrete che nessun caso può spiegare e che, a distanza di anni, rivelano la loro sorprendente necessità. E a volte ne siamo testimoni o attori inconsapevoli.”

Che bella questa storia. Così semplice, così magica.

Fabio Perversi, il leader dei Matia Bazar, è l’ospite speciale della nostra puntata di Masterclass – la rubrica di Zetatielle Magazine dedicata alle eccellenze della musica Italiana.

E questo è solo uno degli aneddoti che Fabio mi ha raccontato nella nostra intervista. Piccolissima parte di quella storia che oggi ha riassunto in un libro pubblicato da Bookness: “Fabio Perversi. La musica non finisce mai. Cinquant’anni di Matia Bazar”.

Naturalmente questa storia l’ho raccontata a modo mio. Perché mi ha molto affascinato questo racconto sottile del destino che ama giocare con le vite delle persone. Ho quindi chiuso gli occhi e immaginato di essere lì.

Vi invito a leggere il bellissimo libro di Fabio, per sapere come è andata per davvero, e farvi affascinare da questa ed altre storie legate alla vita dell’autore. E dal mondo dei Matia Bazar.

Tante cose belle da cui parlare quindi, ma andiamo per ordine.

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Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Fabio Perversi e i Matia Bazar. Il pensiero di Gae Capitano

Quella Milano, oggi, sembra lontana come un’eco.

Eppure basta davvero chiudere gli occhi per ritrovare quella periferia che sapeva di campetti e di bucato steso ad asciugare, di cortili ancora vivi di voci, che Fabio mi ha raccontato. Perché sono immagini che appartengono ad ogni metropoli, e alla memoria di molti di noi che sono stati bambini negli anni 60 e 70.

Là, in un pomeriggio d’estate, la memoria custodisce un lampo: una partita di pallone interrotta da un’auto in panne, il cofano spalancato come una bocca muta, una manciata di strumenti sparsi sul sedile posteriore, una bella ragazza e un manipolo di giovani adulti che inseguivano un sogno con la tenacia di chi non sa ancora di costruire una parte di storia.

Tra i ragazzini accorsi ad aiutare, quasi per caso – per uno di quei giochi del destino che sembrano casuali e invece disegnano tutto -c’era proprio lui, Fabio Perversi, con suo fratello più grande. Nessuno poteva immaginare che quel gesto -le palme contro la lamiera, il fiato corto dell’infanzia che si mescola alla fatica degli adulti- fosse l’inizio di un filo invisibile, il primo nodo di una narrazione che doveva ancora imparare a raccontarsi.

I Matia Bazar

Quel filo, oggi, ha un nome che risuona familiare come una canzone alla radio: Matia Bazar.

Dopo aver collaborato con artisti di calibro nazionale e internazionale e aver conquistato la vittoria al Festival di Sanremo, Fabio è diventato il timoniere di quella nave leggendaria che, da cinquant’anni, attraversa le maree musicali senza mai perdere la rotta, conservando intatta la luce del proprio faro: una canzone italiana capace di restare elegante e popolare, colta e immediata.

Le loro melodie – da Solo tu a Vacanze Romane, da Messaggio d’amore a Ti sento, da Non finisce qui ai remix di Bob Sinclair– continuano ad affascinare generazioni diverse, lasciando nell’aria motivi che si canticchiano senza tempo.

E come dimenticare le voci che hanno reso inconfondibile questo viaggio? Antonella Ruggiero, con il timbro stupefacente da usignolo e l’eleganza acrobatica di un soprano d’opera; l’anima rock e la voce graffiante di Laura Valente; la raffinatezza e precisione tecnica di Silvia Mezzanotte; la potenza sanguigna di Roberta Faccani, e oggi un mix di queste qualità nella nuova voce femminile, Luna Dragonieri.                                                                                                                                                                                  

Ognuna di queste grandi artiste ha aggiunto una pennellata di meraviglia, un colore che ha fatto vibrare una tela comune.

Dietro di loro, autori straordinari
Carlo Marrale, Piero Cassano, Aldo Stellita, Giancarlo Golzi e, più tardi, lo stesso Fabio Perversi – hanno costruito architetture sonore che sanno di quella genialità inspiegabile che, come nei Beatles, rende la musica qualcosa di più di una successione di note: pura magia, quasi un sortilegio.

Un equilibrio di arie antiche e visioni moderne che le musiche di oggi – e le AI -possono solo invidiare.

Le sfide di oggi

Ma Fabio porta sulle spalle un compito che non è solo artistico. Ha accolto il volere di Giancarlo Golzi – il batterista scomparso nel 2015 – e della sua famiglia, e quello di Piero Cassano, co-fondatori del gruppo: custodire il nome stesso dei Matia Bazar, per mantenerne viva la storia e trasportare nel futuro la loro musica.

In un oceano di musica, lui tiene saldo il timone di mezzo secolo di storia.

Eppure il presente, come accade in ogni grande avventura, conosce le sue tensioni. Per ragioni sentimentali e commerciali, oggi un’altra formazione ripropone il repertorio del gruppo, utilizzando all’estero lo stesso nome storico.

Si tratta di un impulso in parte comprensibile: chi ha condiviso e contribuito a creare una stagione irripetibile avverte il richiamo della nostalgia e il desiderio di onorare quella storia, raccogliere frutti di un albero che ha contribuito, senza alcun dubbio a far – meravigliosamente – crescere.

Non è un problema che interessa noi comuni mortali e ascoltatori. Rimane però aperta la delicata questione di quanto sia opportuno rivendicare un’eredità artistica che appartiene a un percorso collettivo più ampio.

È accaduto a molte grandi ensemble -dagli Yes ai Genesis- di vedere nascere formazioni parallele. Ma oltre alla gratitudine e ai meriti individuali, c’è una verità che non si piega alle emozioni: il nome Matia Bazar è un patrimonio unico, un marchio che, per legge e per rispetto della sua stessa eredità, può avere un solo custode ufficiale. È una questione di responsabilità, di tutela, di futuro.Forse la grandezza della musica sta proprio qui: tutti possono celebrare la propria parte di viaggio, ma qualcuno deve portare la fiaccola, perché la rotta resti chiara e la memoria non si disperda.

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Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Tra memoria e visione

Permettetemi un’ultima considerazione personale.

Confesso una debolezza.L’ingenuità di chi ha amato ogni nota che sia mai uscita da quell’universo chiamato Matia Bazar. Di chi ha amato tutti i volti, tutte le voci, tutti i frammenti di quella galassia sonora che per cinquant’anni ha disegnato mappe nel nostro immaginario.

E confesso anche un sogno: vederli davvero tutti insieme, quella sera immaginata all’Arena di Verona, che Fabio mi racconta nella sua intervista, a celebrare mezzo secolo di storia. Tutti. Per la musica, quella con la M grande come una cattedrale.

Ma butto lì un pensiero: ci sono gruppi che sono diventati prigionieri della loro stessa gloria. Quelli che suonano sempre le stesse canzoni, in eterno, come jukebox dimenticati negli angoli polverosi dei bar di provincia o nei mercatini vintage.

Bellissimi, nostalgici, ma sospesi in un tempo passato. Alcune di quelle canzoni – è vero – sono diventate parte di noi. Vanno protette, amate, tramandate. Chi lo faccia meglio è questione di cuore, di sensibilità. Il pubblico lo sa, il pubblico sceglie.

Per questo serve una visione. Quella rara capacità di far danzare insieme il passato e il futuro, di intrecciare talento e coraggio con la sapienza di chi conosce i fili sottili della memoria, dell’affetto, della difficile arte dell’esplorazione del domani. E della storia. Anche quella scritta nei contratti. Perché senza un codice saremo solo mestieranti e mai artisti immortali.

È lì, in quell’equilibrio segreto, che il viaggio di questo meraviglioso universo sonoro dei Matia Bazar trova davvero la sua rotta.

Così, se oggi ascoltiamo ancora quelle melodie che sanno di sogno e di lontano, lo dobbiamo anche a quel filo invisibile che, un pomeriggio d’estate negli anni Settanta, legò per sempre un ragazzino a una macchina in panne. È il DNA musicale che scorre nelle vene dei Matia Bazar, il codice genetico di un’identità che si rinnova restando se stessa: un ponte di note e emozioni che collega ieri e domani. E Fabio Perversi è indubbiamente al lavoro per questo.

Una promessa. Mantenuta.

Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Fabio Perversi. La biografia ufficiale

Fabio Perversi nasce a Milano il 22 settembre 1970. Nel 1991 consegue il diploma in violino presso il Conservatorio di Alessandria e nello stesso anno si iscrive alla scuola musicale A.P.M. di Saluzzo, dove si diploma con il massimo dei voti come arrangiatore, compositore e programmatore.

L’esordio professionale avviene nel 1993 con il tour “Unplugged” di Eugenio Finardi, collaborazione che prosegue con il “Finardi Tutti I Grandi Successi Tour”. Nel 1996 entra nelle reti Mediaset diventando uno dei musicisti più richiesti per programmi televisivi di successo come “Striscia La Notizia”. Nello stesso anno il produttore Alberto Pugnetti lo sceglie per il “Libera Tour” di Antonella Ruggiero.

Il 1997 segna un periodo particolarmente intenso: partecipa al “Blu Tour” di Fabio Concato e lavora nella realizzazione italiana del musical “Grease” diretto da Saverio Marconi con Lorella Cuccarini e Giampiero Ingrassia. Seguono “Sette Spose Per Sette Fratelli” e “Chorus Line” di Bob Fosse. Contemporaneamente cura arrangiamenti e tastiere per “Historias Normales” di Sergio D’alma insieme a Maurizio Bassi: l’album vende 300.000 copie in Sudamerica ottenendo il disco di platino.

Nel 1998 Piero Cassano lo contatta inizialmente per seguire la parte artistica dei Matia Bazar, ma vista la giovane età e l’aspetto fisico, i fondatori della band gli propongono di entrare stabilmente nel gruppo. Nel 2000 produce e arrangia “Amaro” dei Lythium, dal quale viene estratto “Noel” che conquista il sesto posto e il premio della critica al Festival della Canzone Italiana. Nello stesso anno arrangia “Anche Tu” di Jenny B per il 51º Festival di Sanremo.

La consacrazione arriva nel 2002 con la vittoria al Festival di Sanremo insieme ai Matia Bazar con “Messaggio D’Amore”. Nel 2004 accompagna Renato Zero, Mietta e Mariella Nava durante una diretta di Videoitalia in una versione de “Il Triangolo”.

Leadership

Dopo la morte di Giancarlo Golzi nel 2015 e l’uscita di Piero Cassano, Perversi eredita la leadership dei Matia Bazar come indicato dai fondatori stessi. Nel 2018 rilancia il gruppo con il singolo “Verso il punto più alto”, presentando la nuova formazione con la cantante Luna Dragonieri, di 26 anni, Piercarlo “Lallo” Tanzi alla batteria, Silvio Melloni al basso e Gino Zandonà alla chitarra.

Nel corso della carriera ha collaborato con numerosi artisti nazionali tra cui Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Franco Battiato, Fausto Leali, Gianni e Marcella Bella, Renato Zero, Mariella Nava, Mietta ed Enzo Gragnaniello. Le collaborazioni internazionali includono Natasha St. Pier, Josè El Frances, Yahir, Mario Frangoulis, Andy & Lucas, Pino Palladino, Steve Ferrone, Malù (nipote di Paco De Lucia) e Ana Belen.

Attualmente guida i Matia Bazar, gruppo che ha raggiunto successi in Europa, Paesi dell’ex Unione Sovietica, Giappone, America Latina, Canada e Stati Uniti, rappresentando una delle poche band italiane con riconoscimento internazionale.

un collage di immagini
Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Masterclass. Intervista a Fabio Perversi

Conosco Fabio Perversi da molti anni. Oltre all’ammirazione per il suo talento di autore, polistrumentista e imprenditore, c’è una cosa che mi ha sempre colpito. Una qualità rara. Fabio sa parlare con le persone. Con tutte le persone. Ti fa sentire immediatamente a tuo agio, ti tratta come un vecchio amico che non vedi da tempo ma a cui rimani sempre affezionato.

Certo, quando ripensi alle sue collaborazioni internazionali, alla vittoria di Sanremo, al fatto che oggi guidi uno dei gruppi più iconici della musica italiana, un po’ di soggezione c’è. Ma è quella buona, trasparente: pura ammirazione.

Eppure resta questo: la capacità di far sentire l’altro importante, di ascoltarlo davvero. È un dono che va oltre la musica. Perché la musica puoi studiarla, perfezionarla, farla tua con gli anni. Ma quel modo di stare con le persone, di farle sentire viste – quello viene da dentro, da un modo di stare al mondo. E quando lo incontri in qualcuno, lo riconosci subito. Ti resta.


«Sono nato a Milano, da mamma pugliese e papà lombardo. I miei genitori erano musicisti e hanno girato il mondo prima di stabilirsi nel capoluogo lombardo, quando mio padre divenne prima viola alla Scala.»

Un background importante, quindi.


«Sì, assolutamente. Mia madre era cantante lirica, ma quando siamo arrivati io e mio fratello decise di dedicarsi alla famiglia. Mio padre, invece, ha continuato la sua carriera: dal Québec a New York, da Città del Messico a Caracas. Un percorso che mi ha inevitabilmente influenzato.»

È stata questa l’ispirazione che ti ha portato a suonare il violino?


«Sicuramente. Anche se in realtà mi arrangio un po’ con tutti gli strumenti. Mi sono laureato in violino al Conservatorio di Alessandria e stavo completando anche la laurea in pianoforte, ma gli impegni nella musica pop mi hanno costretto a interrompere. Negli anni ’90, però, ho potuto approfondire arrangiamento, composizione e programmazione iscrivendomi al corso di Alto perfezionamento musicale di Saluzzo, coltivando la mia passione per i sintetizzatori. Un percorso che devo anche a un amico e maestro speciale: Emanuele Ruffinengo, un vero genio musicale.»


«Al Jerreau, Chick Corea, Stevie Wonder. Una canzone di Wonder, Overjoyed, è stata la scintilla: mi ha fatto pensare “Voglio fare questo nella vita”. Quel brano mi emoziona ancora oggi, tanto che ho deciso di tatuarmelo su un braccio. Sono sempre stato molto curioso: ho ascoltato molta musica di stili diversi e da ragazzo acquistavo i sintetizzatori che sentivo nei dischi che amavo.»

Come sei arrivato ai Matia Bazar?


«Negli anni ’90 suonavo con Alex Baroni, un artista immenso, ma ero affascinato anche dalle grandi produzioni internazionali, come quelle di Eros Ramazzotti, che allora era prodotto da Piero Cassano. Esisteva una pubblicazione -Chi e Dove, di Musica & Dischi-con i contatti di molti operatori musicali. Mi presentai da Cassano senza appuntamento: lui, ovviamente, non mi ricevette. Ma sono un tipo testardo: rimasi giorni interi, dalle dieci del mattino alle sei di sera, ad aspettare sotto il suo ufficio. Ogni tentativo di fermarlo andava a vuoto.»

Come andò a finire?


«Forse si impietosì. Alla fine si fermò e, con grande educazione, mi diede appuntamento per il lunedì successivo. Mi fece trovare una cassetta con piano e voce: “Vuoi fare l’arrangiatore? Fammi sentire cosa sai fare”. Lavorai un giorno intero e tornai il mercoledì. Tre minuti d’ascolto interminabili. Poi mi guardò negli occhi: “Questo arrangiamento fa cagare!”. Mi crollò il mondo addosso. Ma dopo qualche secondo aggiunse: “Non mi piace. Però c’è qualcosa di interessante”.

Mi diede consigli per migliorare e capii subito che mi aveva preso a cuore. Dopo appena venti giorni iniziai a lavorare per lui su un progetto importante: un disco di Sergio Dalma, artista spagnolo famoso anche in Italia grazie al Festival di Sanremo con Francesco Renga.»


«In modo totalmente elettronico, suonando ogni strumento. Per il disco di Sergio Dalma, invece, cominciai a collaborare con musicisti veri.»

Cassano, da grande produttore e musicista, ti ha lasciato spazio?


«Sì, mi ha sempre visto come un giovane pieno di idee. Magari inesperto, ma con potenzialità. Io, nel tempo, ho cercato di meritarmi la sua fiducia.»

I Matia Bazar esistono “da sempre”. Sono un pezzo d’infanzia per molti. Avevo il primo disco del 1976.            

«L’album di cui parli è Matia Bazar 1, e ha definito il nostro stile. Brani come Stasera che sera e Per un’ora d’amore erano già singoli l’anno precedente, insieme a pezzi simbolici come Cavallo bianco e Che male fa. Io sono entrato nel 1998, debuttando proprio a Sanremo, e da allora non ho mai lasciato la band. E oggi ho il compito meraviglioso di guidarla e rappresentarla.»

Quali sono le sfide da affrontare, come leader del gruppo?


«Te lo dico con un po’ di amarezza – le più insidiose non riguardano la musica. Quelle artistiche sono sempre state questione di duro lavoro, ricerca e consapevolezza di rappresentare un pezzo di storia italiana. Nel percorso ci sono invece faccende legali e contrattuali: alcune semplici, altre più articolate, ma tutte questioni su cui stiamo lavorando con fiducia.»

«Non sono un segreto. Anni fa, per una semplice ingenuità di Giancarlo, il marchio “Matia Bazar” non venne registrato a livello internazionale. Oggi esiste una registrazione estera del nome – non nostra – che crea inevitabili complicazioni quando portiamo la nostra musica in alcuni Paesi, rischiando di generare confusione tra il pubblico.»

matia bazar - fabio perversi - fabio, piero cassano con alle spalle un poster di giancarlo golzi
Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Mi vengono in mente gli Yes, che nel 2016 hanno dovuto affrontare un problema simile     

 «È uno degli esempi più noti: a un certo punto gli Yes si sono ritrovati con due formazioni attive sotto lo stesso nome, una guidata dai membri storici Chris Squire e Alan White, l’altra da Jon Anderson ed ex componenti della band.»

E non sono i soli: situazioni analoghe hanno riguardato anche Jefferson Starship, The Amity Affliction e UB40.

 «È naturale che chiunque abbia fatto parte della storia di una band resti per sempre un tassello prezioso nella memoria delle persone. Ma l’uso del nome è un’altra cosa: serve a garantire continuità e chiarezza. Del resto, ogni componente di ognuno di questi gruppi avrebbe potuto chiedere l’utilizzo ufficiale del nome della band nel momento opportuno.»                                            

Ho sempre pensato che, se Antonella Ruggiero avesse reclamato il nome Matia Bazar, sarebbe stato in qualche modo comprensibile  

«Antonella è, a tutti gli effetti, la regina iconica dei Matia Bazar, lo comprendiamo tutti. Anche il nome della band è profondamente legato a lei. Ma ha scelto altre strade, restando coerente con le sue scelte e non cercando mai di sfruttare il suo passato. Ha chiuso quel capitolo con una grande eleganza: un gesto che la rende, oggi ancor di più, un’artista amata e rispettata.»


«Perché Piero è fatto così: istintivo, passionale. Ha l’autorevolezza, la competenza e la storia per dire sempre la sua quando si parla del gruppo. E quando si tratta di difendere la memoria di chi ne ha fatto parte, non le manda a dire. Soprattutto se percepisce stonature.»

Qual è il ruolo di Piero Cassano oggi nei Matia Bazar?


«È per me un fratello maggiore, un consigliere prezioso. Non c’è decisione che non condivida con lui. Musicista, autore, produttore: la sua grandezza non ha bisogno di presentazioni. Oggi è il nostro supervisore, motivatore e “guru”. Ha scelto di allontanarsi dalla vita da tour per rallentare, ma quando può ci raggiunge sul palco e ci regala momenti indimenticabili.»

Nell’immaginario collettivo i Matia Bazar sono inevitabilmente legati a molte figure che hanno militato nella band


«È inevitabile, logico. Condivido però con te un pensiero a cui tengo: ti sei mai chiesto perché, nonostante i tanti cambi di formazione, la forza dei Matia Bazar non si sia mai spenta?

La voce straordinaria di Antonella – come il talento di ogni interprete e musicista che ha scritto la storia del gruppo – ha potuto risplendere grazie a una sorta di alchimia: persone, canzoni e attimi irripetibili che si sono incontrati quasi per destino. La vera forza è sempre stata l’energia condivisa, un’intenzione precisa: creare una comunicazione musicale inedita e rinnovarla per oltre cinquant’anni. La verità è che nessuno può dire con certezza se gli artisti che hanno brillato nei Matia Bazar sarebbero stati altrettanto luminosi al di
fuori di questa sfera magica. Questo vale per tutti, anche per me.

I Matia Bazar sono sempre stati una combinazione di voci, musicisti e autori straordinari.»

il nuovo line up
Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

 «Esatto. È stata questa alchimia collettiva, più che il genio di un singolo, a permetterci di entrare e restare nel cuore di generazioni diverse. Ogni fan ha le sue preferenze per canzoni o interpreti di determinati periodi della nostra storia, ed è comprensibile che sia così. Dal punto di vista legale la situazione è altrettanto chiara: dopo la scomparsa di Giancarlo Golzi e il graduale ritiro degli altri fondatori, sono l’unico depositario legale del nome Matia Bazar.

Una responsabilità che porto secondo la volontà espressa da Giancarlo e dalla sua famiglia, con il pieno sostegno di Piero Cassano. Rappresento quindi l’unica formazione ufficialmente riconosciuta, e sento il dovere di chiarirlo per rispetto della nostra storia e di chi ci accompagna da oltre cinquant’anni

Ne parli nel tuo nuovo libro?


«No, e non per omissione. Ho fiducia che questa questione si chiuda in fretta e in serenità, e diventi un episodio da dimenticare. I giudici stanno già iniziando a fare chiarezza. La nostra storia deve continuare a parlare solo di musica.»

Parliamo allora di musica: è stato complesso traghettare i Matia dalla storia ai tempi moderni?


«Sono sempre al lavoro per questo. Un anno fa abbiamo affidato a Bob Sinclar, uno dei DJ più famosi al mondo, il remix di Ti sento. Ha abbracciato la collaborazione con entusiasmo, portando i nostri ascolti su Spotify da circa 1,4 milioni a oltre 3,4 milioni al mese: dati reali, certificati da Spotify for Artists. È stata una ventata di nuova linfa, che ha avvicinato alla nostra musica anche i più giovani.»


«L’ho fortemente voluta tra il 2020 e il 2021. Ho cercato prima di tutto l’affinità umana, ancor prima del valore professionale. Piercarlo “Lallo” Tanzi, il batterista, è un amico fraterno: suonavamo insieme quando non avevo nemmeno la patente e lui veniva a prendermi per caricare le tastiere in macchina. Gino Zandonà, chitarrista, aveva già collaborato a un nostro disco e anticipato la sua firma sonora. Con Silvio Melloni, il bassista, ho un rapporto splendido: oltre a essere un musicista straordinario, è un fonico eccezionale e ha prodotto con me molti lavori, anche per il Sud America, insieme a Emanuele Ruffinengo.»

E Luna, la nuova voce dei Matia Bazar?


«Che dire su Luna? È determinata, tenace. Io e Piero l’avevamo notata nel 2013, in un concorso a Bari. All’epoca pensavamo di produrla come solista, ma il progetto non si concretizzò. Dopo la scomparsa di Giancarlo, la sua voce mi tornò in mente: l’abbiamo chiamata e le abbiamo fatto fare sei mesi di provini, con incontri ogni due o tre giorni. Volevamo essere certi che fosse pronta, non solo vocalmente ma anche sul piano mediatico e nel contatto con il pubblico. Luna è una donna speciale: voce cristallina, tecnica impeccabile e una presenza scenica perfettamente in sintonia con il mondo Matia Bazar.»


«Sì, stiamo lavorando a una decina di inediti, con due o tre singoli già pronti. Seguirà un nuovo tour, da dicembre, anche all’estero.»

Cassano ha contribuito anche al nuovo disco?


«Abbiamo firmato insieme molti brani del nuovo progetto.»

Come leader, hai mantenuto una firma sonora riconoscibile?


«Sono molto perfezionista. Abbiamo curato l’abbinamento tra testo e melodia e scelto arrangiamenti che, pur guardando a un uso più attento dell’elettronica, mantengono intatta l’identità dei Matia Bazar. Grazie alla voce di Luna, capace di muoversi con grazia su melodie raffinate e al tempo stesso orecchiabili, questa continuità è stata possibile.»

Quale set di strumenti utilizzi per il tuo lavoro?


«Per il suono di pianoforte uso un Kawai MP11 e una Yamaha Montage. Sul palco lavoro con MainStage per gestire le librerie Kontakt, Omnisphere, Keyscape e Roland. La mia passione per i synth non si è mai spenta: Chick Corea usava un TX816, composto da otto moduli dello storico DX7 Yamaha. Di recente un tecnico ha creato per me un’EPROM con tutti i suoni di quella macchina. Ho anche acquistato un Roland Super JX-10 che presto integrerò nei live.»

Quest’anno festeggiate un traguardo importante: cinquant’anni di Matia Bazar.


«Un risultato incredibile: attraversare stili, generazioni e mode ed essere ancora nel cuore del pubblico è un privilegio immenso.»


«Avrei voluto organizzare una grande festa in musica, invitando tutti coloro che hanno fatto la storia dei Matia Bazar, all’Arena di Verona. Con la supervisione del nostro manager Danilo Mancuso della DM Produzioni ci eravamo già messi in moto e molti avevano già dato il loro “sì”. Ma le problematiche legali di cui ti ho parlato ci hanno tolto lo spirito per realizzarlo.»

Peccato. Un grande regalo però lo hai fatto con il tuo libro, appena uscito: “La musica non finisce mai: cinquant’anni di Matia Bazar”.


«È stata un’impresa scriverlo tra concerti e produzioni, ma il traguardo dei cinquant’anni era l’occasione perfetta. Scriverlo ha significato aprire molte porte spazio-temporali della mia vita: aneddoti, storie, canzoni, persone.»

Come è nata l’idea?


«Dalle lunghe chiacchierate con mio padre, che purtroppo ci ha lasciato da poco. Negli ultimi anni ha vissuto con me e mia moglie: dai nostri racconti è nato il desiderio di affidare a un libro la mia storia. Come aveva fatto lui per la sua. Mi diceva sempre che con la mia esperienza avrei avuto molto da condividere. Per scriverlo mi sono ispirato a lui e a un altro libro che amo: l’autobiografia di Andre Agassi. Mi ha fatto capire che dietro la carriera sportiva – come dietro quella musicale – c’è una vita parallela, conosciuta solo da chi ti è vicino.

Matia Bazar: la visione contemporanea di Fabio Perversi

Sei in giro per l’Italia a promuoverlo?


«Impegni musicali permettendo. Con l’aiuto della casa editrice Bookness e la supervisione di Emanuele Properzi, stiamo organizzando firmacopie a Milano, Roma e Napoli, nelle librerie Feltrinelli. È previsto anche un mini-tour di presentazioni in altre città italiane.»

Con la tua esperienza, scegliere cosa raccontare non sarà stato semplice.


«È vero. Ho avuto la fortuna di lavorare con un’amica scrittrice, Ada Grossi, che mi ha aiutato a dare metodo e a selezionare gli episodi più significativi. Volevo, come primo obiettivo, mostrare la vita dietro l’immagine dell’artista. E, chissà, magari ispirare i giovani che lo leggeranno.»

Dedichiamo loro un tuo consiglio.


«Oggi vedo poca cultura dell’ascolto. Fermarsi solo alle hit che durano una stagione non crea vera arte. Vorrei che i giovani si riappropriassero delle proprie idee, senza farsi guidare solo dalle mode, dai miraggi e dalle radio. Oggi, grazie alla rete, possiamo ascoltare tutto: da Beethoven ai Coldplay, da Bruce Springsteen a Paolo Conte. Dal folk al rock, dalla musica latina al jazz, ogni genere ha la sua bellezza.

Il mio consiglio è: intraprendete questo mestiere solo se sentite una necessità profonda. Una chiamata che deve nascere prima di tutto dalla mente e dal cuore.»

È questo, forse, il vero segreto dei Matia Bazar: Mente & Cuore.

Non la tecnica, non il successo, non i singoli elementi. E non solo il passato. Ma quella necessità profonda che continua a pulsare dopo cinquant’anni, intatta come il primo giorno.

Una magia oggi affidata a Fabio Perversi.

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Gae Capitano
Gae Capitanohttps://gaecapitano.it/
Paroliere, compositore, arrangiatore e musicista italiano. Disco d’Oro – Disco di Platino – Finalista Premio Tenco – Vincitore Premio Lunezia Autori- Vincitore Premio Panchina, Resto del Carlino – Vincitore Premio Huco- Finalista Premio De Andrè – Valutazione Ottimo Mogol e Docenti Centro Europeo di Toscolano
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