Videogioco e Arte:  i “The Game Awards” e come i giochi ispirano la cultura pop

Il prossimo 11 dicembre, a Los Angeles, tornano i “The Game Awards”, l’evento annuale in cui il mondo celebra il videogioco come se fosse Cannes ma con più LED e meno cravatte.

Per la prima volta sarà tutto trasmesso in diretta su Amazon Prime Video oltre ai soliti YouTube, Twitch, X e compagnia cantante.

Molti i nomi illustri nella lista dei candidati, tra tutti spicca il favorito “Clair Obscure: Expedition 33”, forte di ben 12 nomination (Record assoluto), osannato dalla critica e riconosciuto come una delle opera artistiche più raffinate dell´anno.

Clair Obscure: Expedition 33” ci rammenta l’ovvio: nel 2025 l’Arte può anche avere la forma di un joystick!

Expedition 33: un videogame che parla il linguaggio dell´arte.

L’opera francese di Standfall Interactive non “consacra” il medium: semplicemente conferma ciò che molti fanno finta di non vedere da anni, ovvero che: i videogiochi sono diventati “roba seria”.

La direzione artistica di Expedition 33 richiama lo stile pittorico dell’Art Nouveau e impressionista, con atmosfere che sembrano emergere dal tratto di un pennello più che da un motore grafico.

Narrazione intensa e profonda, recitazione magistrale, la fotografia digitale sembra quella di un film in cui qualcuno sa cosa sta facendo e la colonna sonora è così coinvolgente che quasi dimentichi che non stai guardando un’opera lirica in HDR.

Insomma, una direzione creativa che urla “autorialità”.

Quindi si, i videogiochi oggi stanno lì, a fianco delle arti “serie”.

Ma questa é solo la punta visibile dell’iceberg, sotto c’è un intero ecosistema culturale che pesca dal gaming senza fare troppi complimenti.

Il Cinema prende dai videogiochi: la situazione si ribalta.

Per anni i videogiochi hanno inseguito la Settima Arte, cercando di diventare più cinematografici e narrativi. Oggi, accade esattamente il contrario.

Sempre più Star Hollywoodiane e volti noti entrano a far parte di mondi e saghe videoludiche, mettendo letteralmente a disposizione: volti, corpi, le loro voci ed ovviamente il talento.

Parliamo di personaggi di fama mondiale: Keanu Reeves, Kevin Spacey, Willem Dafoe, Guillermo Del Toro, Elle Fanning, Léa Seydoux, Norman Reedus, Mads Mikkelsen, Rami Malek, persino il nostro Luca Marinelli e molti altri. La lista sarebbe ancor più lunga!

Il cinema, in cerca di innovazione, guarda ai videogiochi come fonte creativa. Ecco esempi recenti:

The Last of Us (HBO), serie pluripremiata e amata anche da chi non sa distinguere un DualSense da un telecomando;

The Witcher, ormai alla sua quarta stagione, che deve il suo successo alla versione videoludica perchè i romanzi da soli non bastavano a Netflix;

Fallout, dopo una prima stagione di gran successo si attende la seconda in uscita il prossimo 17 dicembre su Prime Video.

E ancora: Assassin’s Creed, God of War, Death Stranding, Ghost of Tsushima, Horizon Zero Dawn e tanti altri. Tutti adattamenti già annunciati ma in fase di sviluppo.

Il cinema ha smesso di saccheggiare i libri. Ora va dritto sui videogame che hanno fandom enormi, molto solide e pronte.

Un nuovo ecosistema culturale.

Ma l’influenza dei videogiochi va ben oltre il grande o piccolo schermo: colpisce la musica, la letteratura, le arti visive e design.

Numerosissimi i musicisti o gruppi musicali che sempre più spesso collaborano componendo musiche originali, come hanno fatto i Woodkid per Death Stranding 2: On the Beach o che semplicemente mettono a disposizione i loro brani da ascoltare nel videogame.

Ed anche qui, molti artisti (soprattutto i meno rinomati), utilizzano i videogiochi per farsi conoscere o ampliare ulteriormente la propria fanbase.

Numerose orchestre nei più rinomati teatri del mondo partono per Tournée suonando musiche e colonne sonore create per storie e saghe videoludiche.

E ancora: numerosissimi i libri sugli scaffali che trattano universi, storie e personaggi presi dal mondo gaming.

Titoli come Arcane – ambientato nell´universo narrativo di League of Legend – hanno vinto premi internazionali come miglior serie animata.

L’anime Edgerunners ispirata al videogame Cyberpunk 2077 ha consolidato uno stile estetico già riconoscibile, molti concept artist del gaming lavorano oggi anche nel cinema o nelle pubblicità.

Il videogioco è un motore creativo, capace di generare mondi e linguaggi che altri media reinterpretano e utilizzano.

La situazione in Italia: talento sottovalutato e stereotipi persistenti.

E nel “Bel Paese”?

Nonostante l’enorme successo globale, nonostante la mole di nerd (e non) che, da anni, attraggono grandi eventi come il Lucca Comics o il Romics, e nonostante, in Italia, siano nate software house che hanno prodotto videogiochi di ottima fattura… purtroppo non c´è un pieno riconoscimento. Ormai è un cliché.

I gamer/nerd vengono visti ancora come bambinoni dai capelli e barboni lunghissimi con candidi “fiocchi” di forfora bianca dolcemente posata sulle spalle delle loro nere t-shirt.

Inoltre vari sviluppatori italiani di talento lavorano all’estero senza grande visibilità.

A questo si aggiunge un problema culturale diffuso: i videogame vengono raccontati dai media televisivi quasi esclusivamente come strumenti di violenza.

Risultato: il pubblico non comprende il vero valore culturale, artistico e persino economico del settore!

(Piccola parentesi a riguardo: nel 2025, il mercato globale dei videogiochi ha fatturato circa 188 miliardi, superando cinema, musica e TV messi insieme)

E tutto questo perché? Perché viene raccontato male, da persone che non lo conoscono e a cui non interessa nemmeno capirlo.

In conclusione…

Nel 2025 parlare di videogame come arte non è più teoria: è una constatazione osservabile.

Titoli come Clair Obscure: Expedition 33 confermano che i videogiochi hanno sviluppato un linguaggio proprio, capace di dialogare con diversi settori artistici. E questo avviene da anni.

Cinema e Serie TV attingono sempre più spesso dal mondo del gaming per trovare storie e stili innovative.

In Italia, il riconoscimento resta limitato e spesso ridotto a stereotipi.

Ma il trend globale è chiaro: i videogame oggi sono una delle forme creative più influenti del nostro tempo, e chi lo ignora perde il contatto con il presente della cultura pop, della creatività contemporanea e – aggiungerei – molto spesso non sa nemmeno di cosa sta parlando.

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Tony Annunziata
Tony Annunziata
Mi presento: il mio vero nome è Antonio Annunziata ma tutti mi chiamano Tony. Scrivo di videogiochi e cinema perché alla classica domanda: “che fai nella vita?” fatta ai pranzi di Natale dai lontani parenti devo pur rispondere qualcosa. Formato all’AIV (Accademia Italiana di Videogiochi) e addestrato all’Accademia di Cinema e Televisione Griffith, passo il tempo a criticare storie altrui per non soffermarmi sulla mia. Ho realizzato cortometraggi indipendenti, perché criticare i film non bastava: volevo creare qualcosa che qualcuno potesse demolire. A 22 anni ho vinto un torneo di FIFA con un braccio ingessato e so che può sembrare un dettaglio inutile ma: fallo tu se ci riesci! Ok, ora basta parlare di me, ho un Boss fortissimo da distruggere!
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