Un convegno internazionale riscopre l’eredità culturale che plasmò l’identità della capitale all’inizi del Novecento: dalle figure di Ersilia Caetani Lovatelli e Giuseppe Primoli ai salotti romani, tra il 1870 e il 1914, come luoghi di potere, estetica e diplomazia.
Il nome Caetani torna spesso nella memoria collettiva italiana quasi sempre legato alla tragica vicenda Moro. Ma ridurre i Caetani a quell’unica pagina drammatica significa non conoscere un’eredità culturale molto significativa per la società del primo Novecento, stratificata e sorprendente. La storia della famiglia attraversa secoli di vita italiana, alterna ruoli politici e inclinazioni artistiche, mescola aristocrazia, diplomazia, mecenatismo, ricerca storica e impegno civile.
Grazie alla Fondazione Camillo Caetani, Fondazione Primoli ed École Française tornano protagonisti i salotti romani tra il 1870 e il 1914, nel convegno internazionale dedicato a due personaggi straordinari del secolo scorso, la Roma di Ersilia Caetani Lovatelli e Giuseppe Primoli.
La società del Primo Novecento
Nel cuore della città che cambia volto dopo il 1870, Roma diventa capitale e laboratorio politico, cantiere di trasformazioni urbanistiche e sociali. Le istituzioni si consolidano, la società mondana ridefinisce le sue gerarchie, l’aristocrazia viene chiamata a confrontarsi con una classe dirigente nuova, dinamica, spesso estranea alle tradizioni romane. In questo scenario, i salotti diventano luoghi decisivi: spazi dove i confini tra politica, cultura e diplomazia si assottigliano, dove la conversazione costruisce alleanze, dove il prestigio personale può incidere sul dibattito pubblico più dello spazio formale nei palazzi del potere. È qui che due personalità, Ersilia Caetani Lovatelli e il conte Giuseppe Primoli, svolgono un ruolo determinante. I loro salotti non offrono solo intrattenimento: definiscono un metodo, una visione della Roma moderna, un’idea di élite capace di dialogare con l’Europa.
Il convegno che in questi giorni li celebra non è un esercizio di memoria, ma un gesto necessario: restituisce a Ersilia e Primoli il protagonismo che hanno realmente esercitato. Riapre una stagione culturale splendida e complessa, che ha contribuito a modellare l’identità della capitale e, in parte, la stessa narrazione nazionale.
Ersilia Caetani Lovatelli
Figlia primogenita dei duchi Michelangelo Caetani e Callista Rzewuska, Ersilia cresce in una casa che respira cultura in ogni gesto quotidiano. Il padre, uomo di straordinaria erudizione, anima un ambiente cosmopolita, aperto al dibattito politico e alla ricerca storica. Ersilia osserva, ascolta, impara. La morte precoce della madre la avvicina ancora di più al padre, che lei assiste anche negli anni difficili della cecità. Il legame diventa una palestra intellettuale costante, dove il padre trasmette curiosità, metodo e disciplina ad una giovane signorina che assorbe ogni stimolo, crescendo in un equilibrio raro tra rigore e immaginazione.
Nel 1859 sposa il conte Giacomo Lovatelli e costruisce una famiglia numerosa senza, però, rinunciare alla sua vocazione. Trasforma palazzo Lovatelli in uno dei centri culturali più attivi della Roma postunitaria. Ogni settimana accoglie politici, archeologi, filologi, ecclesiastici, viaggiatori, studiosi europei che non si limita ad iospitare come un asquisita padrona di casa, ma come un adonna che guida, orienta, provoca. La sua conversazione colta e diretta convince, persuade e indirizza, contribundo a creare un luogo in cui le nuove classi liberali possono incontrare l’antica aristocrazia senza diffidenze, e in cui gli intellettuali italiani dialogano alla pari con grandi nomi della ricerca europea.
Una donna in un mondo di uomini
Parallelamente coltiva una carriera scientifica sorprendente per una donna del suo tempo. Pubblica decine di studi sulle antichità romane, frequenta scavi, analizza iscrizioni, discute con studiosi che riconoscono senza esitazione la sua autorevolezza. Nel 1879 diventa la prima donna membro dell’Accademia dei Lincei, scelta fortemente sostenuta da Quintino Sella. In un’epoca in cui alle donne è ancora negato l’accesso a quasi tutti gli ambienti scientifici ufficiali, Ersilia conquista credibilità con la forza del lavoro, non con la concessione di un ruolo simbolico.
Non si chiude mai nella ricerca: partecipa alla vita civica, organizza comitati femminili, sostiene la candidatura del nipote Leone Caetani, osserva con lucidità le tensioni politiche della capitale. La sua figura restituisce un’altra dimensione della Roma aristocratica: non un mondo chiuso, ma una comunità che, quando trova personalità come la sua, sa dialogare con la modernità e orientarla.


Giuseppe Primoli
Accanto alla figura di Ersilia Caetani Lovatelli, la Roma postunitaria trova un altro protagonista indiscusso nella persona del conte Giuseppe Primoli. Discendente di una famiglia cosmopolita e legata profondamente alla cultura francese, Primoli cresce tra Roma e Parigi, immerso in due mondi che alimentano la sua sensibilità artistica e il suo gusto per la sociabilità colta. Collezionista instancabile, fotografo raffinato, osservatore acuto dei cambiamenti del suo tempo, diventa presto un punto di riferimento per intellettuali, aristocratici, uomini di governo e artisti che popolano la nuova capitale.
Il suo salotto, come quello di Ersilia, non è un semplice spazio mondano, ma un laboratorio culturale. Primoli costruisce una rete internazionale che mette in dialogo la tradizione romana con la grande cultura francese. La sua passione per la fotografia non nasce come hobby aristocratico, ma come vero strumento di indagine: documenta volti, ambienti, trasformazioni urbane, lasciando un archivio visivo che oggi rappresenta una testimonianza straordinaria della società romana tra Otto e Novecento.
Il “PR” del Primo Novecento
Conosce tutti: diplomatici, scrittori, politici, artisti, musicisti. Intrattiene un rapporto privilegiato con la famiglia Bonaparte, discute di letteratura con gli autori francesi più innovativi, segue da vicino le discussioni artistiche che cambiano il gusto europeo. Roma, grazie a lui, non rimane un centro isolato, ma parte della stessa costellazione culturale delle grandi capitali del continente.
Primoli interpreta il ruolo aristocratico in modo moderno, quasi europeo. Non usa il prestigio ereditato come barriera, ma come leva: apre le sue stanze, mette in contatto mondi lontani, favorisce l’incontro tra la burocrazia del nuovo Stato italiano e l’alta società internazionale. La sua casa diventa una piattaforma in cui nascono progetti, si consolidano relazioni, si definiscono orientamenti culturali destinati a lasciare traccia.
Il suo contributo non si limita al mecenatismo. Attraverso la fotografia, la raccolta di libri, la conservazione di documenti e lettere, Primoli costruisce un patrimonio che oggi permette di leggere la Roma postunitaria con uno sguardo più ricco e complesso. La sua figura, insieme a quella di Ersilia, restituisce la vitalità di una stagione in cui la capitale costruisce la propria identità moderna attraverso la forza degli individui che la abitano e la raccontano.


Il convegno internazionale
Il convegno che Roma accoglie dal 2 al 4 dicembre 2025 offre l’occasione ideale per ripercorrere una stagione luminosa della capitale, una stagione che oggi vive soprattutto nelle carte d’archivio, nelle fotografie d’epoca, nei ricordi dispersi dei suoi protagonisti. Tre giornate che riportano alla luce non solo episodi e figure, ma soprattutto l’atmosfera di un tempo in cui arte, politica, scienze, archeologia, letteratura e mondanità si intrecciavano senza soluzione di continuità. La Roma postunitaria respirava un fervore nuovo, sperimentava linguaggi, costruiva alleanze, inventava un modo di essere capitale che nasceva proprio dall’incontro tra discipline e sensibilità diverse.
Il convegno riaprirà quella dimensione, restituendola nella sua complessità, e facendola rivivere attraverso l’analisi di chi oggi studia quei decenni con strumenti più raffinati e un occhio attento alle dinamiche sociali.
La location
La Fondazione Camillo Caetani, la Fondazione Primoli e l’École Française rappresentano tre poli che dialogano da sempre con la storia della città, tre luoghi che custodiscono documenti, memorie e identità costruite nell’arco di un secolo e mezzo. Tra queste mura, studiosi italiani e stranieri — storici, archeologi, esperti di letteratura, storici dell’arte, musicologi, specialisti di studi di genere — si confronteranno in sessioni tematiche pensate per restituire una visione ampia, non gerarchica, della vita culturale romana tra Otto e Novecento.
Accanto ai temi più consueti, il programma include anche un’indagine sulle dimensioni meno esplorate della sociabilità aristocratica: la musica da camera, il ballo, l’etichetta, la moda, tutto ciò che definisce l’estetica e le regole implicite di una società che vive la mondanità come una forma di linguaggio. I salotti di Ersilia Caetani e di Giuseppe Primoli, così, si rivelano non solo luoghi di dibattito politico o culturale, ma veri teatri della rappresentazione sociale, dove i suoni, i gesti, gli abiti, le relazioni costruivano un codice condiviso, una “civiltà salottiera” oggi perduta ma ancora capace di raccontare molto sulla formazione dell’identità romana e sull’immaginario della nuova Italia.


