Area Sanremo: un sogno o il grande inganno per gli emergenti?

Questo articolo nasce da anni di osservazione diretta del sistema che ruota attorno ad Area Sanremo, dai racconti di artisti, operatori e professionisti del settore musicale. Non è un attacco personale né una polemica preconcetta, ma una riflessione critica su un meccanismo che, a nostro avviso, ha progressivamente smarrito la propria missione originaria. Raccontare ciò che non funziona, soprattutto quando riguarda le speranze dei più giovani, è un dovere di chi fa informazione culturale. Anche, e soprattutto, quando esporsi comporta delle responsabilità.

Nata come porta d’accesso alternativa al Festival di Sanremo per la categoria giovani, Area Sanremo è oggi al centro di un acceso dibattito tra gli addetti ai lavori, che riguarda trasparenza, regole e reale funzione del concorso. Quello che doveva essere uno spazio dedicato anche e soprattutto agli artisti indipendenti, si è progressivamente trasformato in un meccanismo sempre più allineato, e subordinato, alle logiche di Sanremo Giovani, del Festival di Sanremo vero e proprio e, per estensione, dell’industria discografica, fino a perdere gran parte della sua originaria autonomia e credibilità.

Area Sanremo: le origini di un’illusione meritocratica

Area Sanremo nasce con l’ambizione di scoprire nuovi talenti e offrire loro una concreta possibilità di arrivare sul palco dell’Ariston senza passare necessariamente dalle grandi etichette. Per anni ha rappresentato, almeno simbolicamente, una via “democratica” al Festival: aperta, accessibile, fondata sull’idea che il valore artistico potesse emergere al di là dei circuiti già consolidati.

Gli obiettivi dell’iniziativa (e cito testualmente il regolamento) sono quelli di promuovere e valorizzare la presenza giovanile nel settore della musica leggera italiana, quale fattore potenziale per l’acquisizione di nuove figure artistiche, in stretta connessione con il (ed in vista dell’accesso al) Festival della Canzone Italiana.

Inoltre, al punto B si legge che lo scopo supremo è quello di fornire ai giovani occasioni di incontro con operatori artistici e professionali del settore, nonché di orientamento tecnico-professionale, formazione, crescita e sviluppo nell’ambito della musica leggera e popolare, anche mediante appositi corsi.

Un ideale nobile che purtroppo non trova totale riscontro nella realtà, o per lo meno, una possibilità che ad oggi sembra riservata a pochi eletti ed ha iniziato a mostrare crepe sempre più evidenti.

L’aumento esponenziale delle iscrizioni, la progressiva burocratizzazione del percorso e il moltiplicarsi delle fasi selettive, hanno reso Area Sanremo un sistema opaco, dove la distanza tra la promessa iniziale e la realtà vissuta dai partecipanti si è fatta sempre più marcata.

La svolta Amadeus: Area Sanremo come prolungamento funzionale di Sanremo Giovani

Dal 2022, con l’intervento diretto di Amadeus e la revisione dei regolamenti, Area Sanremo ha subito una trasformazione sostanziale. Non è più un percorso parallelo e autonomo, ma una vera e propria appendice strutturale di Sanremo Giovani, perfettamente integrata e, di fatto, subordinata alle stesse logiche, agli stessi filtri e agli stessi equilibri dell’universo discografico che il contest avrebbe dovuto aggirare.

Una riformulazione che ha, in buona sostanza, svuotato Area Sanremo della sua funzione originaria, riducendola a un serbatoio complementare di candidati, utile a rafforzare una narrazione di apertura ai giovani, ma sempre meno capace di offrire reali opportunità a chi opera fuori dai radar delle major. Una trasformazione silenziosa, mai davvero spiegata, ma evidente nei risultati finali.

Lontani i tempi di quando la giuria era composta da personaggi del calibro di Maurizio Caridi (Presidente della Sinfonica di Sanremo), del Maestro Enzo Campagnoli (definito dal compianto Peppe Vessicchio “il miglior direttore d’orchestra italiano”), di Gianni Testa (discografico e produttore), di Andy dei Bluvertigo, di Petra Magoni, di Teresa De Sio e dell’indimenticato ed indimenticabile fondatore dei New Trolls, il M° Vittorio De Scalzi.

Quest’anno la commissione è composta da Lavinia Iannarilli, Walter Santillo e Mattia Bravi, autori del Festival di Sanremo, sotto la direzione artistica di Carlo Conti.

Credo sia tutto dire.

Costi, regole cambiate in corsa e finalisti “protetti”

Partecipare ha un costo di iscrizione pari a 150 euro, una cifra non certo irrilevante per artisti emergenti che spesso si autofinanziano.

Nelle prime edizioni, da regolamento, ci si poteva iscrivere solo se non si apparteneva ad una casa discografica e non si aveva un manager; dunque, condizione sine qua non essere indipendenti (“indie” per davvero).

Da qualche anno la partecipazione è aperta, invece, anche agli artisti con etichetta, le stesse, oltretutto, che già monopolizzano il Sanremo Giovani e la categoria Big del main event, e cioè Warner, Universal e Sony.

Ma non è tutto, perché l’edizione di quest’anno rappresenta il punto di massima tensione.

Le selezioni sono avvenute in tempi diversi ma ravvicinati e ciò ha pesato molto sui costi di trasferta degli artisti.

Infatti, i provini si sono svolti dal 3 al 10 dicembre. Due giorni di attesa (e si arriva al 12 dicembre) per sapere i nomi dei 20 artisti che hanno superato la prima selezione e che quindi accedono alla seconda “scrematura”. I 10 selezionati si esibiranno stasera, 14 dicembre, alla serata finale “Sarà Sanremo” trasmessa in prime time su RaiUno e condotta da Carlo Conti, da cui usciranno i due vincitori che avranno accesso alla sezione Giovani del Festival di Sanremo 2026.

Il vero business dietro Area Sanremo

Mettiamoci ora nei panni di un artista che arriva da lontano, ad esempio dalla Sicilia, e che ha il provino l’8 dicembre. Deve aspettare fino al 12 dicembre per sapere se è stato selezionato e, se ha avuto questa fortuna, deve stare a Sanremo fino al 14. Totale 8 giorni di soggiorno nella Città dei Fiori, rigorosamente a sue spese per vitto e alloggio. Ma almeno al nostro talentuoso siciliano è andata bene.

Pensiamo invece a tutti quei ragazzi che hanno fatto il provino e hanno dovuto comunque aspettare a Sanremo il 12 dicembre per sapere che non ce l’hanno fatta. Molti di loro non sono potuti rientrare a casa e, oltre il danno, anche la beffa, perché Sanremo non è una città a buon mercato.

Ma se pensate che sia finita qui, vi sbagliate perché il bello deve ancora venire.

A pochi giorni dai provini, è stato improvvisamente richiesto l’invio di un videoclip, elemento non previsto né dal bando né dal regolamento ufficiale, dunque, non presente tra i requisiti iniziali di candidatura ma obbligatorio solo per i due finalisti, spiazzando molti partecipanti che avevano preparato il proprio percorso sulla base di criteri diversi.

Una richiesta tardiva e arbitraria che ha favorito, inevitabilmente, chi dispone di strutture, budget e supporti professionali: guarda caso, artisti già seguiti da major o da realtà satellite, sollevando dubbi legittimi sulla reale equità del processo selettivo.

Tradotto, significa che molti ragazzi che avevano già pagato l’iscrizione, sono stati messi nella condizione di rinunciare a questa possibilità perché preparare un videoclip in pochi giorni non è così semplice e bisogna anche avere i mezzi logistici ed economici per realizzare un contenuto di qualità e degno di tal evento.

I Conti della serva

Se facciamo quindi due conti, 150 euro per 500 partecipanti (in realtà sono 505 ma facciamo cifra tonda) fa 75mila euro, senza contare tutto ciò che arriva da alberghi e ristoranti convenzionati. Un bel bottino per un contest per giovani artisti e, dall’altra parte, un costo non da poco per gli artisti stessi, ma accessibile se dietro hai una major che paga per te.

Ed ecco i dieci finalisti:

Enula (Enula Bareggi) – Universal Music

Matteo Alieno (Matteo Pierotti) – Universal Music

Andrea Heros (Andrea Buono) – Warner Records – Warner Music

Albe (Alberto La Malfa) – Trigger – Ada – Warner

Matsby (Matteo Martire) – Meraki – Ada – Warner Music

Selmi (Niccolò Selmi) – Asianfake – Warner Music

Tomasi (Alessandro Tomasi) – Warner Records – Warner Music

Mazzariello (Antonio Mazzariello) – Epic – Sony Music

Soniko, Blind & El Ma (gruppo) – Beat Music

A questo punto la domanda sorge spontanea: possibile che su 500 candidati, tra cui parecchi provenienti da autorevoli conservatori italiani (e so per certo che è così), non ci fosse una, e dico una, proposta meritevole, al di fuori di quelle del “cartello” delle major?

Con tanti saluti al sogno indipendente, originaria musa ispiratrice della manifestazione.

Comunque vada, tra i due litiganti è sempre il terzo che gode e, in questo caso, è l’indotto turistico della città. Infatti, A rendere il quadro ancora più critico è il ruolo che Area Sanremo sembra aver assunto per la città stessa.

Da concorso musicale a richiamo turistico fuori stagione

Se, sempre da regolamento, la manifestazione mira a promuovere e valorizzare l’immagine di “Sanremo Città della Musica”, appare sempre più evidente che Area Sanremo diventa uno strumento strategico per attirare in loco, in un periodo tradizionalmente “morto”, centinaia di partecipanti che finiscono per trasformarsi in turisti a pagamento, con evidenti benefici per alberghi, ristoranti e attività commerciali.

Un meccanismo che sposta il baricentro dell’iniziativa dalla valorizzazione dei giovani artisti, alla creazione di un indotto economico che rischia di utilizzare le aspirazioni di chi fa musica per fare cassa.

Quando il sogno diventa un’illusione a pagamento

L’amara conclusione è che far pagare a centinaia di ragazzi un’iscrizione di 150 euro, trattenendoli di fatto sul territorio a spese proprie e “ricattandoli” a una settimana dal provino con la richiesta di un videoclip, sia poco edificante per un concorso che“si uniforma ai principi di massima trasparenza, correttezza, pubblicità e conoscibilità in ogni sua fase e momento”.

Vedere, poi, che a vincere sono, guarda caso, solo artisti che arrivano da talent (XFactor e Amici), da major e da esperienze già importanti, significa tagliare fuori del tutto i giovani che ancora conservano un ricordo nostalgico di Area Sanremo come la porta degli indipendenti che possono arrivare al sogno di esibirsi sul palco più ambito della musica italiana.

A pensarci bene, non so voi ma io, personalmente, mi sentirei preso per il culo.

Area Sanremo un sogno o il grande inganno degli emergenti - Nella foto un pilastro con il poster di Carlo Conti con braccia incrociate, indossa giacca nera maglietta bianca, occhiali da vista, dietro di lui disegnato un microfono

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.
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