Come da decisione del TAR, si è concluso il bando pubblico per l’assegnazione della gestione del Festival di Sanremo ma, dopo tutte le polemiche e i polveroni, si presenta solo la Rai. Perchè?
Doveva essere la grande apertura al mercato. Doveva rappresentare la svolta epocale, il segno che anche Sanremo, con tutta la sua tradizione, avrebbe finalmente piegato il capo al dio della trasparenza amministrativa. E invece? Alla fine, a bussare alla porta del Comune con la busta in mano c’è solo la Rai. Un colpo di scena? Macché. Più che un colpo di scena, una scena già vista.
Il bando prevedeva condizioni rigide: almeno 6 milioni e mezzo al Comune, più una fetta dei ricavi pubblicitari (l’1% su tutti gli introiti derivanti dai proventi pubblicitari e dallo sfruttamento dei marchi concessi), la trasmissione di Sanremoinfiore, altri eventi in diretta, e pure la posa della targa su via Matteotti. Insomma, un pacchetto mica leggero. Del resto, per cucire un abito addosso a qualcuno, bisogna saper prendere bene le misure. Infatti, lo stesso Sindaco ammette che è stato un lavoro delicato e complesso.
“Dal pronunciamento del TAR Liguria del dicembre scorso sono passati cinque mesi durante i quali non abbiamo smesso di lavorare un solo giorno a questa pratica così importante, delicata e complessa”, ha dichiarato il Sindaco Alessandro Mager.
Certo, le condizioni non erano una passeggiata. Ma chi davvero punta a mettere le mani sul Super Bowl dell’intrattenimento italiano non può farsi spaventare da qualche clausola.
Eppure, Warner Bros. Discovery ha alzato le mani prima di iniziare e da Mediaset non si è sentito un fiato. Si è fatta avanti solo la Rai, quella stessa Rai che da 75 anni lo fa e – sorpresa! – è l’unica che sa davvero come si fa.
Il bando pubblico: formalmente corretto, praticamente ovvio
Non c’è niente di irregolare, sia chiaro. Il Comune ha fatto quello che doveva: ha risposto alla sentenza del TAR, ha tirato su un bando pubblico, ha alzato l’asticella con criteri selettivi. Ma già quando è uscito il verdetto a dicembre 2024, si era capito che tutto questo sarebbe stato un passaggio più simbolico che reale.
Quello che sorprende, ma nemmeno troppo, è l’entusiasmo con cui il sindaco ha commentato l’unicità della candidatura. “Certamente quello di oggi è stato un passaggio chiave e come Amministrazione comunale possiamo dirci soddisfatti di questo esito”.
“Soddisfatti”, dice. Certo, perché si conferma il partner storico. Ma chiamarlo “bando pubblico” quando un solo candidato presenta “manifestazione di interesse” fa un po’ sorridere. Sembra più una gara in cui si presenta un solo corridore, già col pettorale cucito addosso.
E come se non bastasse, con un colpo solo, per le edizioni 2026, 2027 e 2028, grazie ai nuovi parametri del bando, la Rai si assicura anche un altro fiore all’occhiello della città rivierasca: Sanremoinfiore oltre a un altro evento scelto dal Comune e almeno due ulteriori manifestazioni, di cui una estiva. Una specie di all inclusive sanremese con vista su via Matteotti.
In pratica, il bando pubblico suggella l’abbonamento annuale all’immagine pubblica della città.
Il TAR ci ha provato, ma Sanremo resta alla Rai
Torniamo un attimo a dicembre 2024. Quando il TAR ha fatto tremare la macchina perfetta di Sanremo, qualcuno ha sognato un cambio radicale: apertura ai privati, nuovi format, pluralismo creativo. In realtà, il TAR non ha mai detto “date Sanremo a chiunque”, ha solo detto “non potete darlo alla Rai senza gara”. E ora che la gara c’è stata, eccoci punto e a capo. Sanremo resta saldamente in mani Rai, perché nessun altro si è fatto avanti. E anche se qualcuno si fosse azzardato, chi avrebbe davvero avuto le competenze e le risorse per gestire una macchina del genere?
Insomma, la Rai ha vinto. Ma soprattutto, non ha avuto nessuno contro cui perdere. Questo non significa che tutto sia stato inutile: il messaggio del TAR è passato, e magari in futuro le regole saranno più chiare per tutti. Ma per ora, il cambiamento tanto evocato si è tradotto in un grande “ritenta, sarai più fortunato”.
Perché non si è presentato nessuno?
Il bando era pubblico, le porte spalancate, le condizioni note: trasmissione in chiaro (niente paywall, niente abbonamenti), impegno su più anni, eventi collaterali da confezionare e mandare in onda a proprie spese. Un’occasione che poteva attrarre chiunque, non solo Mediaset o Warner: da Sky a La7, da Discovery alla Nove. E invece niente. Silenzio.
Che si tratti solo di un problema di costi? Difficile. L’argent non è certamente il limite per questi colossi televisivi.
In ballo c’era il Festival della Canzone Italiana, con ritorni di investimento storici su pubblicità, immagine e standing. Ma proprio lì forse sta il punto: il rischio reputazionale.
Perché prendere Sanremo, dopo 75 anni di Rai, vuol dire caricarsi sulle spalle una macchina simbolica e mediatica gigantesca, con tutte le attese, i confronti, i boati social e le polemiche annesse. Un errore, un flop, una scelta sbagliata e ti giochi non solo l’audience, ma la credibilità del brand.
E poi, diciamolo: pur tanto che il vestito sembri cucito su misura, anche il più elegante degli invitati può sentirsi fuori luogo.
A quel punto, meglio non sedersi proprio al tavolo.
Allora, forse, il motivo sta solo nel fatto che i grandi network, alla fine, hanno semplicemente valutato che questa manifestazione è nata con la Rai, quando ancora non c’era nessun altro a trasmettere, è continuata ad essere l’evento più importante del palinsesto Rai, anche dopo l’arrivo delle TV private e delle payTV, e per noi italiani che siamo inguaribili romantici tradizionalisti, il Festival di Sanremo senza la Rai sarebbe come il pranzo della domenica senza la mamma.
Ma Sanremo è davvero contendibile? (Spoiler: no)
Diciamocelo. Sanremo non è solo un festival musicale: è un rito collettivo, un evento che coinvolge interi settori – musica, televisione, moda, turismo, gossip – e muove una quantità di energie e soldi che pochi possono davvero gestire. Non basta una buona idea o un bel palinsesto: servono strutture, competenze, ma soprattutto esperienza sul campo. E in questo, la Rai ha un vantaggio competitivo insormontabile.
La verità, dunque, è che Sanremo non è contendibile. O almeno, non lo è ancora. Finché resterà il colosso che è, con il pubblico generalista e le cinque serate da milioni di spettatori, nessun altro network potrà realisticamente prenderselo in carico senza rischiare di mandarlo in frantumi.
Il finale resta aperto (ma è già scritto)
Ora aspettiamo il Consiglio di Stato, che il 22 maggio 2025 potrebbe anche rimettere tutto in discussione. Ma con una sola manifestazione d’interesse presentata, difficile immaginare un epilogo diverso. La Rai continuerà a fare quello che sa fare: organizzare Sanremo come (quasi) nessun altro potrebbe. E il Comune di Sanremo potrà dire di aver fatto le cose per bene, come da manuale.
Insomma, abbiamo avuto la tempesta burocratica, il bando pubblico, le dichiarazioni trionfanti. E alla fine? Un grande cerchio che si chiude esattamente da dove era partito. Con la Rai.
Perché Sanremo è Sanremo e a Sanremo si può cambiare tutto, purché nulla cambi davvero.
Come cantava qualcuno… Viva la Rai!
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