Dentro il Conclave: le domande di una Chiesa al bivio

Questo conclave resterà nella storia: è successo solo una volta che un Papa venisse a mancare durante un Giubileo. Non accadeva dal 1600. La concomitanza di questi due eventi fa nascere l’urgenza di acclamare molto velocemente un nuovo successore al trono di San Pietro.

Giusto per curiosità, il Conclave più breve mai registrato durò poche ore (circa 10) e si tenne nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre 1503. Dopo la morte di Pio III, i cardinali si riunirono e in tempi record elessero Giulio II. Ma tra i conclavi più brevi, figurano anche i due del XXI secolo: nel 2005 Benedetto XVI fu eletto in sole 26 ore, con 4 scrutini, mentre per eleggere Francesco i cardinali impiegarono 36 ore, con 5 scrutini.

Invece, il conclave più lungo della storia durò 2 anni e 9 mesi (pari a 33 mesi o 1.006 giorni), da cui, tra l’altro, nasce il nome stesso di “conclave”. Infatti, il protrarsi dell’assemblea elettiva, portò la popolazione di Viterbo a chiudere letteralmente a chiave (cum clave) i cardinali, all’interno del palazzo papale di Viterbo e portò all’elezione di Papa Gregorio X.

Tornando all’attuale Conclave, oltre all’urgenza, si configurano altri parametri interessanti da valutare nella scelta del prossimo papa.

La domanda che si pongono tutti nel mondo e che si aggira probabilmente da molto tempo nei corridoi del Vaticano è la stessa: chi sarà il successore di Papa Francesco? A questa domanda nessuno può dare risposta certa, ma molti possono, e devono, porsi le domande giuste.

Quando il Conclave sceglie un nuovo Pontefice, non sceglie solo un pastore: un papa non è mai solo un uomo. È un simbolo, un messaggio. È una scelta che parla a tutto il mondo. Che parla anche a chi non crede, ma osserva solamente. Il prossimo Papa non sarà solo il custode della fede, ma l’architetto di una nuova visione globale della Chiesa, perchè dietro la scelta del nuovo Pontefice, si muovono, come sempre, strategie culturali, geopolitiche e di sopravvivenza.

Il successore di Francesco erediterà una Chiesa attraversata da tensioni sottili: tra riforma e tradizione, globalizzazione e interessi locali, diplomazia e profezia.

E allora, facciamoci le domande giuste: come si sceglie un papa? Quali saranno le valutazioni che guideranno i cardinali in Conclave? Quali caratteristiche devono avere i candidati? Quale volto vorrà assumere il cattolicesimo nella prossima fase della sua storia?

La pesante eredità di un Santo

Sostituire un papa dal carisma politico e dal valore umano come Giovanni Paolo II era praticamente impossibile. Oltre ad essere una guida spirituale straordinaria, Papa Woytila è stato un grande statista in un periodo storico decisivo per le sorti dell’Europa e del mondo. Solo un teologo poteva succedergli e Papa Benedetto XVI lo era. Ma l’eredità di Woytila si estendeva oltre i confini della politica e della spiritualità.

La figura rigorosa di Ratzinger, in netta contrapposizione a quella del suo predecessore, era la scelta necessaria per segnare un passaggio incisivo nella memoria collettiva dei fedeli ma, svolto questo compito di transizione, papa Ratzinger non era certo un papa empatico e coinvolgente, in grado di rappresentare la comunità cristiana cattolica, nel suo complesso. Abdicare fu una scelta del papa o della Chiesa?

Chi poteva succedere a papa Ratzinger doveva essere un papa semplice, povero, che intraprendesse una linea pastorale molto difficile per un papato che attraversava una fase molto delicata dal punto di vista ecclesiastico e di fede.

Perché Bergoglio, un Gesuita?

Tra papa Woytila e papa Francesco, la chiesa si è trovata in una crisi spirituale dell’Occidente travolto dalle trasformazioni sociali e dal progresso tecnologico, con il conseguente allontanamento dai valori tradizionali e una dispersione di fedeli nel mondo anche nelle comunità cattoliche più fervide. Scegliere un papa gesuita molto probabilmente non fu una scelta casuale. Breve rimando storico: i gesuiti sono un ordine fondato da Papa Ignazio di Loyola, all’indomani della scoperta delle Americhe, nel 1534, e riconosciuto da Papa Paolo III. Un’occasione di evangelizzazione straordinaria che ha permesso alla Chiesa di imporsi su comunità pagane che nel tempo hanno raggiunto un’alta densità di popolazione. Secoli dopo, il sud America ha una connotazione fortemente cattolica, proprio in virtù della “lotta agli infedeli “portata avanti dai gesuiti. 

Scegliere Bergoglio, un papa che venisse “dalla fine del mondo”, quella più povera e più bisognosa, era sicuramente la scelta vincente.

Dopo un papa così democratico che ha però impoverito il papato di regalità e di suggestione, chi può succedere a Bergoglio?

Chi puo succedere a un papa che si è svestito della sua solennità per indossare i panni dell’essere umano?

Su quali valutazioni si baserà la scelta del Conclave?

Premesso che qualsiasi cristiano cattolico battezzato potrebbe candidarsi al trono di San Pietro, come si sceglie un papa nel 2025?

Tralasciando la religiosa risposta sul volere dello Spirito Santo (altrimenti non servirebbero 135 cardinali, scelti per età e provenienza), come ogni struttura gerarchica, anche quella della Chiesa si impone una linea politica, seppur volta alla guida spirituale di un’intera comunità, sparsa in tutto il mondo.

Il Conclave non sceglie solo un pastore, ma un progetto culturale, spirituale e geopolitico che guiderà i prossimi decenni. La scelta del nuovo Papa sarà una risposta alle sfide globali, tra crisi d’identità, nuova evangelizzazione e pressione geopolitica?

Il Vaticano ha decisamente capito (e accettato) di non aver più la stessa influenza sul potere temporale, tanto che la figura di Papa Francesco non è stata considerata al tavolo delle strategie politiche internazionali alla base dei recenti conflitti. Il Papa è dovuto morire per ottenere un “ruolo attivo” nella politica internazionale (vedi la parata di tanti suoi oppositori davanti al feretro, e l’incontro Zelensky/Trump, Trump/Macron).

Riformisti, conservatori, transitori: che linea guiderà la Chiesa?

Le linee possibili sembrano tre. Una è quella della transizione, non nel senso di attesa passiva, ma di governo prudente, che asseconda questo difficile momento di trasformazione sociale, senza stravolgere li dogma della Chiesa. Un’altra è la linea conservatrice, spinta anche dalla paura di perdere identità in un mondo che cambia troppo in fretta, dominato dalla cultura woke, e quindi la necessità di riconsolidarsi profondamente sui quei valori fondanti che sono anche i pilastri della cultura occidentale. E infine c’è la linea progressista, quella che chiede alla Chiesa di andare oltre sé stessa, accogliendo l’evoluzione (o involuzione) dei costumi sociali e di quello che il marketing definirebbe nuovi target e nuovi mercati.

Analizzando uno per uno i 15 candidati papabili, emergono caratteristiche comuni per alcuni e diverse per altri.

Matteo Maria Zuppi (Italia, 69 anni, Arcivescovo di Bologna. Membro della comunità romana di Sant’Egidio), Jean-Claude Hollerich, (Arcivescovo di Lussemburgo. Gesuita come Papa Francesco, 20 anni in Giappone), Mario Grech (Malta, 68 anni, vescovo emerito di Gozo. Segretario generale del Sinodo dei vescovi): questi tre, sembrano incarnare lo spirito del cambiamento. Sono nomi che evocano questa idea di apertura, dialogo, aggiornamento. Non si tratta di rivoluzione, ma di disponibilità a una Chiesa che si interroga e che non teme di toccare argomenti complessi, anche divisivi. Ma quanto è pronto il Collegio cardinalizio ad accettare una visione che si confronta così apertamente con la modernità?

Dall’altra parte ci sono figure come Péter Erdő (72 anni, Arcivescovo Metropolita di Esztergom-Budapest, intellettuale e stimato esperto di diritto canonico) e Fridolin Ambongo Besungu (Repubblica Democratica del Congo, 65 anni, Arcivescovo di Kinshasa), fiugre più radicate in una visione dottrinale forte, per molti necessaria per contrastare ciò che viene percepito come “decadenza occidentale”.

E se nessuno dei due fronti avesse la forza per imporsi davvero? Potrebbe allora emergere un candidato “di transizione”, scelto non per durare ma per dare tempo. Non per cambiare, ma per preparare.

La continuità con Papa Francesco: virtù o limite?

Un’altra questione cruciale è il rapporto con il pontificato di Francesco. Alcuni tra i candidati più discussi sono considerati “suoi uomini”. Tagle, Zuppi, Aveline, Prevost, Grech: tutti legati, in un modo o nell’altro, alla visione francescana della Chiesa.

Ma proprio questo legame potrebbe diventare un limite. Il prossimo papa deve per forza essere diverso? Oppure il rischio è proprio quello della continuità, in un momento in cui servirebbe invece un salto, una rottura simbolica?

La continuità rassicura, ma immobilizza? La rottura stimola, ma destabilizza? Quanto inciderà davvero l’ombra lunga del pontificato attuale sulle scelte del Conclave?

Un papa “politico”? Strategie globali e sensibilità locali

In un mondo dove la religione è anche diplomazia, la figura del papa è inevitabilmente anche politica. Serve un diplomatico? Uno che conosca i palazzi e le regole non scritte? Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato, è il nome più ovvio in questa direzione. Una figura prudente, ma al contempo, in grande continuità con il papato di Francesco. Ma un papa troppo istituzionale rischia di non essere ascoltato?

C’è poi chi conosce i luoghi di tensione del mondo: Pierbattista Pizzaballa, profondo conoscitore del Medio Oriente. O chi ha lavorato nei contesti più fragili, come Ambongo o Prevost.

Qual è la missione della Chiesa oggi? Difendere i valori dell’Occidente? Aprirsi a nuovi popoli? O custodire le proprie ferite?

Strategia conservatrice, missionaria o dialogante? Forse la vera sfida non è scegliere una sola direzione, ma imparare a camminare su tutte e tre, senza inciampare.

Ma non basta: esistono altre due considerazioni da fare: l’età e la provenienza.

L’importanza strategica della provenienza geografica: Periferia del mondo o cuore d’Occidente?

Espansione o conservazione? C’è chi immagina un papa venire dal Sud globale. Potrebbe sembrare una scelta coerente con l’orizzonte “in uscita” tracciato da Francesco. Ma quanto pesa davvero la provenienza geografica? Un papa filippino come Luis Antonio Tagle (67 anni, Arcivescovo Metropolita emerito di Manila, favorito in Asia per il papato) parlerebbe a un’Asia in tumultuosa trasformazione culturale, ma anche al cuore missionario della Chiesa. Eppure, la sua vicinanza al pontificato uscente potrebbe sollevare dubbi.

Un papa africano come Fridolin Ambongo o Peter Turkson porterebbe in primo piano l’Africa, continente affranto da guerre infinite, spesso dimenticate. Sarebbe una voce potente, forse dissonante. Ma anche carica di implicazioni sociali e geopolitiche. E l’Occidente, come reagirebbe?

Oppure si torna “a casa”? A un’Europa stanca ma pur sempre simbolica? Péter Erdő, Jean-Marc Aveline, o Marc Ouellet rappresentano una Chiesa radicata, che parla ancora da cattedrali piene di storia. Ma è da lì che può ripartire il futuro?

L’età del prossimo papa: servono trent’anni di pontificato?

Nessuno lo dice apertamente, ma tutti lo pensano: l’età è un fattore determinante. Un papa giovane, oggi, rischierebbe di restare sul soglio pontificio oltre due decenni. È sostenibile, in un mondo dove le coordinate geopolitiche e culturali cambiano in continuazione?

Candidati come Jean-Claude Hollerich o Mario Grech offrono equilibrio e apertura. Ma la loro età li pone in una “zona grigia” interessante: né troppo giovani da preoccupare, né troppo anziani da garantire solo la transizione. E se invece si cercasse proprio un “papa-ponte”? Un papa che accompagni il discernimento, più che guidare rivoluzioni?

La durata del prossimo pontificato è sicuramente uno dei criteri più importanti attorno ai quali si determinerà la scelta.

Un Giubileo interrotto: cosa succede ora?

C’è poi un elemento che non si può ignorare: il Giubileo. Un evento rarissimo, ciclico, ma straordinariamente carico di significati. E che, questa volta, per una sconcertante coincidenza storica, si intreccia con la fine di un pontificato. Questo fatto, già di per sé potente sul piano simbolico, apre una serie di interrogativi molto concreti che spaziano da obiettivi culturali a religiosi, passando per quelli meramente economici.

Cosa succede a un Giubileo interrotto? Si continua con il programma stabilito, come se nulla fosse? Sarebbe un segno di forza e stabilità, certo, ma anche di automatismo. Segno di continuità che è già arrivato con la conferma del Giubileo degli adolescenti che ha avuto luogo malgrado il lutto.

Oppure si rimodula tutto, adattandolo al nuovo scenario, a un papa che potrebbe voler lasciare il proprio segno su un evento tanto rilevante?

E ancora: si opta, invece per una soluzione drastica, prevista dal protocollo, anche se estrema, e si decide di annullarlo del tutto il Giubileo?

Un gesto forte, simbolicamente pesante, ma forse inevitabile se non si trovano le condizioni politiche, spirituali e logistiche per proseguire.

Nel frattempo, si ferma tutto. Pellegrinaggi sospesi, eventi rimandati, diocesi in attesa. E anche l’economia che ruota intorno a un evento di questa portata è costretta al silenzio. Lo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, non può non osservare con attenzione. Perché al di là delle liturgie, ci sono le cifre: il Giubileo muove milioni di persone, e molti di questi sono pellegrini benestanti, provenienti da Europa, Nord America, Asia.

Un bacino di utenti che porta entrate economiche straordinarie non solo al Vaticano ma a tutta la Capitale. Difficile pensare ad una scelta di tipo morale di fronte a una possibilità economica così importante.

Il Giubileo tra sacro e profano

Non sappiamo chi sarà il nuovo papa. Ma sappiamo che chi verrà dovrà essere più di una risposta. Dovrà essere la somma di tutte queste domande. Dovrà tenere insieme geografia e spiritualità, età ed esperienza, dottrina e profezia.

Forse il vero miracolo sarà proprio questo: che, in un mondo di divisioni, emerga una figura capace di ascoltare più che parlare. E che la sua prima parola sia un silenzio pieno di domande.

In un momento in cui la Chiesa riflette sulla sua identità spirituale, anche il suo volto economico è messo alla prova. Continuare il Giubileo potrebbe apparire come una scelta di continuità, ma anche una via per sostenere la macchina vaticana. Rimodularlo potrebbe essere la via della mediazione. Annullarlo, invece, porterebbe un segnale forte, ma anche molte incertezze pratiche. Annullarlo sarebbe come annullare una finale dei Mondiali di calcio. Praticamente impossibile.

Il Giubileo è solo un evento liturgico, o è qualcosa di più? È un momento di festa e perdono, o un dispositivo strategico? Anche in questo caso, più che risposte, ci restano le domande.

Il Conclave delle domande

Continuare nell’inseguire una società dell’individualismo? Una società in cui la religione è un rapporto One-to-One con Dio? O cercare di ristabilire un ruolo autorevole, sociale e politico della Chiesa?

Scegliere di perseguire la linea progressista di Papa Francesco o ovviare su un atteggiamento più conservatore per rifondare la Chiesa sui valori occidentali?

Oppure scegliere la via comoda di un altro papa di transizione (ad esempio, Parolin), un papa italiano (mancante da quasi cinquant’anni), da tempo impegnato nelle pubbliche relazioni del Vaticano?

Infine, scegliere di proteggere l’Occidente, e quindi la cultura cristiana, aprendo ad un papa “USA”, un papa vicino alle comunità identitarie della cultura occidentale, oggi in piena riaffermazione?

Qualunque direzione prenderà la Chiesa, potrebbe essere un processo irrevocabile o, per lo meno, non controllabile.

Ed è proprio in queste domande che, forse, si nasconde il volto del futuro papa.

Foto copertina generata con IA Bing Image

Potrebbe interessarti anche:

Conclave, riforme o restaurazione: scontro tra due visioni

Conclave, dal ‘baby elettore’ Bychok al ‘vecchio’ Osoro Sierra: chi sono i 135 cardinali…

Papa Francesco è morto. Che ne sarà del Giubileo?

Conclave, quanto dura? Il più breve 10 ore, il più lungo 1.006 giorni

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”