Come reagireste se andando in chiesa trovaste nel confessionale il volto di Gesù che ti ascolta, si muove e ti parla? Ecco i miracoli del nuovo millennio, ma Dio non c’entra: è solo un avatar creato da intelligenza artificiale
C’era una volta una pubblicità di televisori che diceva “volevamo stupirvi con effetti speciali, ma noi siamo scienza, non fantascienza”. E’ più o meno quello che si dovrebbe dire dell’intelligenza artificiale, ma non c’è limite al peggio e ormai, al giorno d’oggi, dalla scienza alla fantascienza il passo è breve.
Quello che andiamo a raccontare, però, oltre ad essere surreale e fantascientifico assume contorni inquietanti e che potrebbero avere risvolti davvero seri e importanti.
Gesù, dopo essersi fatto uomo, per opera dello Spirito Santo, ritorna in una versione 2.0, sotto forma di ologramma (o avatar se preferite), ascolta il fedele in confessionale e dispensa conforto e saggezza.
Quando la fede incontra la tecnologia (forse troppo)
Partiamo dal fatto di cronaca.
In Svizzera, nella chiesa di San Pietro a Lucerna, un’installazione ha lasciato i fedeli a bocca aperta: un confessionale in cui dietro la grata non c’è un prete, ma un Gesù… virtuale. No, non è un miracolo, è intelligenza artificiale. Il fedele entra in confessionale, parla ad un microfono e dall’altra parte della grata si materializza il volto di Gesù che ascolta e risponde.
Il progetto si chiama “Deus in Machina” ed è stato realizzato dall’Università di Lucerna per esplorare il rapporto tra fede e tecnologia.
Insomma, il progresso non si ferma: dopo il bancomat per pagare i ceri per le preghiere e le indulgenze, ora abbiamo anche il chatbot della spiritualità. Il risultato? Un ologramma di Gesù che risponde ai fedeli in cento lingue diverse.
Ma perché proprio un confessionale?
L’idea di base era semplice: creare un’intelligenza artificiale capace di offrire consigli spirituali basati su testi teologici. In teoria, il “Gesù AI” non avrebbe dovuto raccogliere confessioni, ma limitarsi a dispensare saggezza e conforto. Ma c’è un piccolo dettaglio: la conversazione avviene in un confessionale vero e proprio. Insomma, se metti un ologramma di Gesù dietro una grata e dici a un fedele di parlare, cosa pensi che farà? Esatto, si confesserà. E magari spererà pure nell’assoluzione.
E’ esattamente quello che è successo a Lucerna. 290 persone si sono sottoposte a questo “esperimento” per parlare con il Gesù che compare dietro la grata del confessionale. Ovviamente dall’altra parte della grata, troviamo un computer e una macchina che proietta l’ologramma. Grottesco e deludente, direi.
Problemi teologici e tecnologici
La Chiesa cattolica ha regole molto precise sulla confessione: solo un prete può assolvere i peccati, e di certo un’intelligenza artificiale non rientra nella categoria. Gesù AI non può perdonare, non ha esperienze umane, né tantomeno un rapporto con il divino.
Ma il problema non è solo teologico.
Chi custodisce i peccati dei fedeli? Un prete? Un angelo? No, un server.
Cosa succede ai dati delle 900 conversazioni registrate? Qualcuno ha letto le confessioni di chi ha pensato di parlare con un’entità ultraterrena? Gli organizzatori assicurano che i partecipanti sapevano di interagire con una macchina e che hanno firmato liberatorie. Ma ipotizzando di adottare questo confessionale nelle chiese cattoliche, ovviamente dotato di istruzioni per l’uso e avvertenze, siamo sicuri che le persone più fragili, o magari più credulone, capiscano davvero? Dove finisce la consapevolezza e dove inizia la suggestione?
Inoltre, chi controlla i consigli che “Deus in Machina” dispensa? Vero che si basa su testi teologici, ma chi verifica l’impatto psicologico delle risposte sui fedeli? Un’intelligenza artificiale potrebbe non comprendere la delicatezza di certe situazioni, rischiando di indurre deviazioni mentali o stati d’ansia in chi cerca conforto.
Un esperimento che fa riflettere
Il progetto voleva testare come l’intelligenza artificiale potesse influenzare la fede. E di certo ci è riuscito.
Ma la domanda resta: c’è un limite all’uso dell’IA?
In un’epoca in cui ci affidiamo a chatbot per consigli d’amore, diagnosi mediche e perfino per scrivere messaggi di scuse, ora vogliamo anche una guida spirituale artificiale?
Già è impressionante l’app che circola sui social e che, grazie a un software, anima vecchie foto di defunti, simulando abbracci con i vivi. Con l’esperimento svizzero, dove si arriverà? Un Gesù che si auto celebra nella lettura del Vangelo, dice l’omelia domenicale e magari aggiorna i fedeli via newsletter sulla loro salvezza eterna? O magari lo facciamo comparire al momento giusto, cioè all’eucarestia, per distribuire la comunione recitando il rito lui stesso. Sono idee che sembrano uscite da un romanzo di fantascienza, ma che nulla hanno a che vedere con la fede e la spiritualità.
La fede è un rapporto diretto, fatto di carne e passione, non di pixel e algoritmi. Gesù, per chi crede, si è fatto uomo, non software. Ma a questo punto, meglio prepararci: tra qualche anno potremmo trovare AI anche dietro l’altare. E magari una notifica sul telefono che ci avvisa: “Il tuo perdono è pronto per il download”.
Ah, e i preti? Finché l’IA non inizierà a versare l’acqua santa e a sbagliare l’omelia di Natale, possono dormire sonni tranquilli, o è iniziato anche per loro il lungo cammino verso il precariato?
Foto copertina di Leo da Pixabay, generata con IA
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