Meta AI su WhatsApp: scatta l’indagine dell’Antitrust

Ormai tutti si sono abituati a quella piccola icona colorata nella barra di ricerca di WhatsApp che, da marzo 2025, è diventata parte fissa dell’app. Dà accesso diretto a Meta AI, il chatbot intelligente targato Meta. Nessuna installazione richiesta, nessuna attivazione manuale: è semplicemente comparsa. E la cosa più fastidiosa, per molti utenti, è questa: non si può rimuovere, né disattivare. È lì, e ci resta. Anche se non la vuoi.

Ma per l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, il problema è più profondo. Meta, secondo l’ipotesi d’accusa, avrebbe sfruttato la sua posizione dominante per spingere in modo aggressivo il proprio servizio di intelligenza artificiale, danneggiando di fatto la concorrenza. Il chatbot non è solo presente in maniera permanente. È stato imposto. E questa strategia ha fatto scattare l’apertura di un’istruttoria formale.

Meta AI su whatsapp: servizio utile o concorrenza sleale?

C’è da dire che Meta AI funziona. Risponde, suggerisce, capisce il contesto. È uno strumento potente, e chi l’ha provato lo sa. Ma non è questo il punto. L’Autorità non contesta la qualità del servizio, bensì le modalità con cui è stato introdotto. Meta ha semplicemente deciso di inserirlo nell’app, posizionandolo in modo prominente nella barra di ricerca, quella che milioni di persone usano ogni giorno.

Questa mossa, secondo il Garante, mette Meta in una posizione di vantaggio sleale e per questo ha avviato un’istruttoria per presunto abuso di posizione dominante sull’intelligenza artificiale. Mentre altri servizi AI devono farsi notare, farsi scaricare e conquistare l’utente, Meta parte in pole position. Ha già l’attenzione, lo spazio, l’integrazione totale. Il risultato? Gli utenti si trovano “spintaneamente” – più o meno consapevolmente – a usare Meta AI, anche solo per curiosità o per errore.

E il fatto che non si possa nemmeno disinstallare complica ulteriormente le cose. Anche chi non è interessato è obbligato a tenerla lì, a un clic di distanza. Non solo quindi un’opzione proposta, ma una presenza fissa e inevitabile. Una decisione calata dall’alto che, agli occhi dell’Antitrust, potrebbe configurare una condotta anticoncorrenziale.

Un’indagine che va oltre l’Italia

L’istruttoria non riguarda solo il nostro Paese. L’Autorità italiana ha attivato i propri poteri in coordinamento con gli uffici della Commissione Europea. Il procedimento coinvolge tutte le principali società del gruppo Meta: da Meta Platforms Inc. a Facebook Italy per capire se l’azienda stia usando la propria forza nel mercato delle app di comunicazione per invadere anche quello emergente dei servizi AI.

Secondo il Garante, Meta non sta giocando ad armi pari. Non sta lasciando che siano gli utenti a scegliere il miglior servizio, ma sta indirizzando il traffico verso sé stessa, sfruttando la sua posizione. Un comportamento che potrebbe limitare le alternative, soffocare la concorrenza e lasciare il campo completamente sbilanciato.

E non è tutto. L’Autorità sottolinea anche il rischio che si crei una sorta di “dipendenza funzionale” con conseguente effetto lock -in. Meta AI, infatti, impara con l’uso. Più lo usi, più diventa preciso. E questo rende difficile tornare indietro o passare ad altri servizi.

Meta si difende (e fa parlare anche l’IA)

Dal canto suo, Meta si dice tranquilla. L’azienda spiega che il servizio è stato pensato per facilitare l’esperienza utente, offrendo un accesso rapido e gratuito all’intelligenza artificiale in un ambiente già familiare. WhatsApp, in effetti, è usato ogni giorno da milioni di italiani: chi meglio dell’app di messaggi più famosa per introdurre l’AI nella vita quotidiana?

E per chiudere il cerchio, Meta ha perfino fatto parlare la propria creatura: interrogata sull’indagine, la stessa IA di WhatsApp ha risposto in modo sorprendentemente prudente. Dice che, a quanto ne sa, l’Antitrust ha motivi legittimi per indagare, anche se ovviamente non si sbilancia troppo. Insomma, neppure il bot nega che il caso sia aperto.

A prima vista sembra solo un’icona in più. In realtà, dietro Meta AI si nasconde una sfida ben più grossa: quella sul controllo dei nuovi strumenti intelligenti e sulla libertà degli utenti di scegliere. Il punto non è se l’IA sia utile, ma se sia giusto imporla sfruttando un vantaggio costruito non sul merito, ma sulla posizione dominante.

E mentre l’indagine va avanti, Meta AI resta una presenza gentile ma insistente, che sta già cambiando le abitudini digitali di milioni di persone. Forse troppo in fretta. Forse troppo in alto.

Foto copertina di proprietà Zetatielle Magazine

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Gianpiero Trovato
Gianpiero Trovato
Mangio libri di cibernetica, insalate di matematica, amo la tecnologia e senza non posso vivere. Sono curioso e soddisfare le curiosità altrui è la mia mission. La rete è il mio mondo e la mia casa.
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