Perugia, Rocca Paolina: “Materia”, la mostra di Herbert Gloser. Un dialogo profondo tra materia, luce e memoria sotto le volte della città sotterranea
C’è un cuore nascosto sotto Perugia, un ventre di pietra e silenzio che da secoli racconta la storia di una città stratificata. A guardarla bene, Perugia ha un volto visibile, quello delle piazze, delle facciate medievali, dei vicoli che scendono e risalgono. e uno nascosto, sotterraneo, fatto di mura inglobate, scale interrotte e architetture che non servono più a vivere, ma continuano a esistere. La Rocca Paolina è forse il simbolo più potente di questa doppia identità: costruita a metà Cinquecento come fortezza pontificia per volontà di Papa Paolo III, smantellata nell’Ottocento, trasformata in passeggiata urbana nel Novecento.
Un corpo spezzato e riemerso: camminarci dentro non è solo un’esperienza spaziale, è un esercizio di ascolto. Camminare nei suoi corridoi è come entrare in un’altra dimensione, dove ogni mattone trattiene un’eco, ogni volta suggerisce un racconto. Non è soltanto un monumento, ma una soglia tra mondi: tra case, torri e strade medievali, questa cittadella sotterranea ha visto mutare poteri, epoche e destini.
Ed è proprio in questo spazio sospeso tra epoche che Herbert Golser, scultore austriaco ha fatto del legno la sua materia elettiva. La mostra, intitolata semplicemente “Materia”, non si sovrappone alla Rocca. Al contrario, la percorre con rispetto, lasciando che le opere si inseriscano nel ritmo e nella gravità dei luoghi e non si limitano a occupare lo spazio, ma sembrano accoglierlo, ascoltarlo, dialogare con la sua memoria profonda.
Le sue opere non cercano di imporsi: “In un’epoca dominata dalla velocità e dalla sovraesposizione, il lavoro di Herbert Golser ci ricorda la potenza della calma e del silenzio”, sottolinea il curatore Riccardo Freddo. E dentro la Rocca, questo silenzio diventa quasi palpabile.
Herbert Golser e la poesia della materia
Lontano dai clamori dell’arte che urla, Golser lavora il legno con una lentezza quasi monastica, lasciandosi guidare dalla natura viva del materiale. Austriaco, classe 1960, scolpisce forme che sembrano sospese tra l’organico e il sacro, tra architettura e canto visivo. Non c’è nulla di rigido nelle sue opere, che anzi si aprono in torsioni, tagli, filigrane di luce: il legno – spesso noce, tiglio o acero – diventa trasparente, fragile, ma mai debole. Si respira in queste sculture una tensione tra resistenza e abbandono, tra forza e vulnerabilità.
Ogni pezzo nasce come un atto d’ascolto, una risposta silenziosa a ciò che lo circonda. E dentro la Rocca Paolina, questi lavori trovano una nuova intensità.
Golser lavora il legno come chi sa che la materia va interrogata, non dominata. Le sue sculture si affidano alla lentezza: non gridano, non decorano, non seducono. Si lasciano attraversare. “La sua pratica, fatta di gesti minimi e pazienza assoluta, interroga la materia fino a renderla quasi immateriale: il legno, inciso con estrema precisione, si fa trasparente, come se potrebbe farsi attraversare dal tempo e dalla luce”, continua Freddo.
La trasparenza non è un effetto, ma una conquista. Queste forme leggere, aperte, in apparenza fragilissime, sembrano portare dentro la memoria di qualcosa che non si può spiegare a parole. In alcuni punti, le sculture quasi scompaiono nel buio della Rocca. In altri, catturano la luce fioca che filtra dalle volte e la restituiscono come un respiro. È un lavoro che chiede attenzione, non per essere compreso, ma per essere semplicemente visto davvero.
Una mostra che non invade, ma sussurra
La mostra non è una semplice esposizione, ma un incontro meditativo. Nessun allestimento invasivo, nessun rumore visivo: solo opere che emergono dal buio come presenze antiche, che si lasciano scoprire nel ritmo del passo. Golser non pretende attenzione, la merita.
I suoi lavori si distribuiscono lungo il percorso della Rocca come se fossero nati lì, nel silenzio della pietra, plasmati non solo dalla mano dello scultore, ma anche dalla gravità e dalla memoria del luogo.
C’è un equilibrio raro, un rispetto reciproco tra arte e architettura. Le superfici scolpite sembrano dialogare con le pietre secolari, come se il tempo si fosse piegato in una curva, facendo incontrare due epoche senza scontro. In un mondo che consuma immagini con voracità, questa mostra chiede il contrario: rallentare, fermarsi, osservare. E soprattutto: ascoltare.
Non c’è un percorso lineare nella mostra. Ci si muove tra stanze, corridoi, spazi residuali, seguendo un ritmo proprio. Le opere non interrompono il luogo: si fondono. “Grazie alla cornice della Rocca Paolina, queste sculture respirano insieme alla pietra, instaurando un dialogo fatto di storia e delicatezza”, afferma ancora Freddo.
Il dialogo non è solo tra opere e spazio, ma anche tra presente e passato, tra la mano dell’artista e ciò che già esisteva. Il visitatore non è spettatore, ma parte attiva: attraversa l’opera, la esplora, ne è circondato. Ed è qui che l’allestimento diventa esperienza, non solo esposizione.
Il confronto silenzioso con Burri
Uno dei momenti più intensi del percorso arriva quando le opere di Golser si trovano a dialogare con Il Grande Nero di Alberto Burri, installazione permanente nella Rocca. Qui, il passo rallenta da solo. Lo spazio si fa più largo, il buio più denso. La materia qui si fa trauma, combustione, superficie ferita. Due visioni diversissime della materia stessa: Burri che la brucia, la ferisce, la porta al collasso, Golser che la leviga, la svuota, la rende quasi eterea.
Eppure, nel contrasto, si genera una forma di comunione: entrambi gli artisti affidano al materiale la possibilità di raccontare qualcosa che va oltre l’apparenza. La materia, per entrambi, non è mai un mezzo, ma un fine, un linguaggio autonomo, vivo. Questo incontro silenzioso tra i due artisti si fa esperienza quasi mistica, un passaggio da un tipo di oscurità a un’altra, dalla combustione alla trasparenza.
“La presenza de Il Grande Nero di Alberto Burri rende questo incontro ancora più intenso: da una parte, la combustione come gesto radicale, dall’altra la sottrazione come via verso l’essenziale. Burri e Golser non si contrappongono, ma si sfiorano, si riconoscono nel comune desiderio di far parlare la materia, di ascoltarla, di lasciarla essere”.
Non servono spiegazioni. Solo sguardo e tempo.
L’arte come respiro interiore
Riccardo Freddo, curatore del progetto, parla di questa mostra come di un’immersione, più che una visita. E in effetti, “Materia” non cerca lo spettacolo, ma lo sprofondamento. Ogni stanza attraversata, ogni installazione osservata nel suo dettaglio, costruisce una traiettoria intima, che accompagna il visitatore in una sorta di discesa simbolica. È come se la Rocca stessa ci guidasse in un cammino lento, quasi rituale, che parte dalla superficie della città e ci porta dentro qualcosa di più profondo. Non solo geograficamente, ma anche interiormente.
La scelta di Golser come protagonista non è casuale: il suo lavoro richiede presenza, attenzione, tempo. Non si consuma in uno sguardo veloce o in una fotografia rubata con lo smartphone. È un’arte che chiede relazione, prossimità, rispetto. E in questo, diventa anche gesto politico: un invito a rallentare, a ricominciare a percepire il mondo con gli occhi e con il corpo, non solo con la testa.
Un’esperienza immersiva
Riccardo Freddo cura una mostra che si sottrae all’idea di consumo culturale veloce. Niente slogan, nessuna retorica: solo un invito alla presenza. “Con Materia, abbiamo voluto creare un’esperienza che non fosse solo visiva, ma anche tattile, spirituale. Una discesa, sì, nella storia della Rocca, ma anche dentro noi stessi. È un invito ad abitare il tempo in un altro modo, più lento, più profondo, più umano.”
In un panorama artistico spesso rumoroso, carico di statement e dispositivi, “Materia” scommette sul silenzio, sulla lentezza, sulla cura. Non cerca consensi facili, ma lascia spazio a chi vuole sentire davvero. Un tempo che non è quello dell’algoritmo, ma della presenza piena.
Info e credits
“Materia” è aperta dal 12 al 30 giugno 2025 e si inserisce perfettamente nel tessuto culturale di una Perugia che sa unire storia, arte e sperimentazione. La mostra è patrocinata dalla Provincia e dal Comune di Perugia, e rappresenta un’occasione preziosa per scoprire – o riscoprire – la Rocca Paolina non solo come monumento, ma come spazio vivo, capace di accogliere visioni contemporanee senza snaturarsi.
Le visite sono gratuite e si può prenotare un percorso guidato contattando il numero 348.527.57.76. Maggiori informazioni su lacasadegliartistiperugia.it.
Evento promosso da Comune e Provincia di Perugia, a cura di Riccardo Freddo con La Casa degli Artisti e Rosenfeld Gallery London.
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