(Adnkronos) –
Crescita "modesta" per l'Italia: il pil è previsto risalire lievemente dal +0,5% del 2025 a +0,6% in 2026 e +0,7% ne 2027. Lo rileva l'Ocse nell'Outlook, peggiorando la stima di quest'anno rispetto al +0,6% diffuso il 23 settembre e confermando quella per il prossimo anno. "Una maggiore certezza, migliori condizioni di prestito e la continua attuazione dei progetti del Pnrr dovrebbero favorire maggiori investimenti delle imprese e una maggiore domanda dei consumatori nel 2027", si legge. "Le esportazioni deboli a seguito dell'aumento delle tariffe globali e del calo dei consumi delle famiglie, nonostante l'aumento dei redditi reali, freneranno la crescita a breve termine. Si prevede che l'aumento degli investimenti pubblici sosterrà la crescita fino al 2026, sostenuto dall'accelerazione dell'erogazione dei fondi del Programma nazionale di ripresa e resilienza prima della scadenza, prima di rallentare nel 2027". Per l'Ocse i rischi sono "sostanzialmente bilanciati". "Se i recenti miglioramenti della sostenibilità fiscale si rivelassero di breve durata e gli spread dei tassi di interesse si ampliassero nuovamente, o se la debolezza dei principali partner commerciali si prolungasse, le prospettive potrebbero deteriorarsi. Al contrario, miglioramenti strutturali più forti del previsto nelle condizioni di investimento potrebbero stimolare la crescita".
Il deficit italiano dovrebbe scendere al 2,9% del pil nel 2025, grazie soprattutto all'aumento delle entrate Irpef e dei contributi previdenziali, dovuto alla forza del mercato del lavoro e a una spesa inferiore al previsto degli incentivi per l'edilizia. Il disavanzo dovrebbe scendere al 2,7% nel 2026 e al 2,6% nel 2027. Il surplus di bilancio primario aumenterà dello 0,6% del pil tra il 2025 e il 2027, raggiungendo l'1,3%, in linea con il percorso delineato nella strategia fiscale strutturale a medio termine per un surplus di bilancio primario strutturale del 2,1% entro il 2029. Il debito pubblico passerà dal 136,2% del pil nel 2025 al 137,7 nel 2026 e scenderà lievemente al 137,4% nel 2027 a causa del Superbonus che verrà registrato nello stock del debito. L' erogazione del Pnrr accelererà prima della scadenza di fine 2026, anche se altri investimenti pubblici potrebbero registrare una ripresa nel 2027. In Italia "un'ulteriore riduzione del disavanzo di bilancio e la stabilizzazione del rapporto debito pubblico/pil, in linea con la strategia di bilancio strutturale di medio termine e con gli impegni assunti a livello europeo, consentirebbero di ridurre il costo del debito pubblico italiano e favorirebbero la sostenibilità delle finanze pubbliche e l'equità intergenerazionale", scrive l'Ocse, ammettendo tuttavia in un atro passaggio che il consolidamento dei conti sta "frenando la crescita". "A tal fine – si aggiunge – sarà necessario mantenere le entrate, migliorare l'efficienza della spesa e mantenere le misure adottate di recente per contenere la spesa pensionistica. Migliorare il mix di politiche fiscali può sostenere la spesa delle famiglie e incoraggiare l'occupazione. Una maggiore certezza normativa e dei processi di approvazione, in particolare per quanto riguarda le infrastrutture di generazione e trasmissione delle energie rinnovabili, può stimolare gli investimenti privati". La crescita globale appare resiliente la con fragilità crescenti, legate ai dazi che si tradurranno gradualmente in un rialzo dei prezzi ed un rallentamento di consumi e investimenti. "L'economia globale – afferma il segretario generale Ocse Mathias Cormann nell'editoriale di apertura- ha dimostrato resilienza quest'anno, nonostante i timori di un rallentamento più marcato a seguito dell'aumento delle barriere commerciali e della significativa incertezza politica. L'attività si è mantenuta grazie" al gioco di anticipo nella produzione e negli scambi per contenere l'impatto dei dazi, "ai forti investimenti legati all'intelligenza artificiale e alle politiche fiscali e monetarie di sostegno". Tuttavia, "la crescita del commercio globale ha subito un rallentamento nel secondo trimestre di quest'anno e prevediamo che l'aumento dei dazi doganali si tradurrà gradualmente in un aumento dei prezzi, riducendo la crescita dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle imprese", avverte il segretario generale Ocse. "I mercati del lavoro sono ancora relativamente rigidi, ma mostrano segni di allentamento, poiché le offerte di lavoro sono tornate ai livelli pre-pandemia del 2019". "La disciplina di bilancio è necessaria per affrontare il debito pubblico elevato e in aumento e mantenere lo spazio di manovra fiscale per reagire agli shock", afferma Cormann. "Le prospettive economiche dell'Ocse – sottolinea – prevedono un impatto negativo relativamente lieve dei recenti shock commerciali e dell' elevata incertezza sull'economia globale. I responsabili politici devono affrontare le fragilità sottostanti, portare avanti le riforme strutturali e ottimizzare le finanze pubbliche, al fine di rafforzare in modo duraturo le prospettive di crescita e gli standard di vita". "Revisioni sistematiche e regolari della spesa, pratiche di appalto pubblico rafforzate, una maggiore adozione della tecnologia digitale nella pubblica amministrazione e una migliore destinazione dei benefici sociali migliorerebbero l'efficienza della spesa pubblica e libererebbero risorse da destinare ad aree che sostengono meglio le opportunità e la crescita", aggiunge. Inoltre "riforme strutturali ambiziose sono importanti per sbloccare prospettive di crescita economica più solide", afferma, rilevando che l'attuale crescita potenziale del pil pro capite nell'Ocse è stimata all'1,4%, in calo rispetto al 2,2% circa della fine degli anni '90. "Le riforme politiche che riducono la burocrazia, semplificano le normative e abbassano le barriere all'ingresso nei settori dei servizi sono fondamentali per migliorare la concorrenza, l'innovazione, la produttività e il dinamismo delle imprese", prosegue Cormann. Nelle sue raccomandazioni l'Ocse sollecita quindi i governi a "garantire la sostenibilità del debito a lungo termine e mantenere la capacità di reagire a shock futuri". In questa cornice, si ribadisce nel documento, "saranno essenziali maggiori sforzi per contenere e riallocare la spesa, migliorare l'efficienza del settore pubblico e aumentare le entrate, nell'ambito di percorsi di aggiustamento credibili a medio termine specifici per ciascun paese, affinché l'onere del debito rimanga gestibile e si conservino le risorse necessarie per affrontare le sfide di spesa a più lungo termine". E ancora: "le scelte in materia di spesa e fiscalità dovrebbero concentrarsi sulla necessità di rafforzare la crescita economica sostenibile, preservando al contempo un sostegno adeguato a chi ne ha bisogno". L'Ocse ribadisce che "l'aumento del protezionismo, l'incertezza geopolitica e le deboli prospettive di crescita rafforzano la necessità di riforme strutturali ambiziose che migliorino il tenore di vita, aumentino la resilienza e contribuiscano a migliorare le prospettive di sostenibilità del debito". In questa prospettiva l'Ocse invita a prevede "riforme che migliorano gli incentivi e la capacità delle imprese di innovare e crescere e la capacità dei lavoratori di spostarsi verso quei settori dell'economia in cui le loro competenze sono più necessarie". Inoltre "le riforme della regolamentazione del settore finanziario possono anche sostenere un'allocazione più efficiente del capitale e contribuire a rafforzare le economie contro i rischi sistemici", si aggiunge. Nel nuovo Outlook Ocse si sottolinea che "per sostenere la crescita è necessario ridurre l'incertezza giuridica": una regolamentazione "eccessiva o imprevedibile può pesare sull'attività economica, norme chiare e ben concepite possono sostenere la crescita perché i quadri normativi sono stabili e lo stock complessivo di regolamenti rimane gestibile". E qui l'Ocse cita l'annosa nota dolente della giungla normativa dell'Italia. "Ad esempio, i dati relativi all'Italia suggeriscono che la crescente complessità dei testi giuridici sembra aver generato incertezza nell'applicazione delle normative per le imprese, il che potrebbe aver ridotto il pil pro capite di oltre il 3% negli ultimi 20 anni a causa della minore crescita e degli investimenti delle imprese".
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