Privacy online: nasce un patto educativo tra Garante e Carabinieri

I figli imparano presto a usare lo smartphone, ma molto più lentamente a difendersi da ciò che il digitale porta con sé: app, social, messaggi, condivisioni. La privacy, per molti minori, è un concetto ancora astratto. Per i genitori, invece, è diventata una preoccupazione concreta. Chi può aiutarli, se non le istituzioni?

Eppure, la tutela non riguarda solo cosa fanno i ragazzi online. Riguarda anche ciò che fanno gli adulti con le loro immagini. Sempre più spesso, sono i genitori a pubblicare foto dei propri figli sui social, magari per raccontare la loro crescita o, in alcuni casi, per trasformarli in piccoli influencer. Una scelta che, col tempo, può diventare un problema. Perché quei contenuti restano online per sempre, spesso fuori controllo, e i diretti interessati, crescendo, ne pagano le conseguenze in termini di privacy, identità e diritto all’oblio.

Un mondo digitale pieno di trappole invisibili

Non si tratta solo di educare i minori: anche gli adulti spesso navigano online con una leggerezza pericolosa. Ogni volta che scarichiamo un’app, ci iscriviamo a una newsletter, facciamo un quiz online o leggiamo un giornale digitale, lasciamo dietro di noi una lunga scia di dati personali. Molti non se ne accorgono, altri semplicemente non ci pensano. Ma quelle informazioni (nome, età, posizione, abitudini, preferenze, cronologia) vengono raccolte, tracciate, vendute.

Quante volte vi siete chiesti come fanno call center e aziende (o peggio, hacker), ad avere il vostro numero di telefono o la vostra mail? (a tal proposito, vi invitiamo a leggere la risposta in un  articolo “come fanno ad aver il mio numero di cellulare” che abbiamo pubblicato sul nostro magazine).

La sensazione è quella di un’azione innocua, quasi banale. In realtà, ogni clic racconta qualcosa di noi. Ed è proprio su questa inconsapevolezza diffusa che si costruisce il rischio: quello di perdere il controllo sulla propria identità digitale, di essere profilati, manipolati o persino esposti a truffe. La cultura della privacy online serve a questo: a rimettere le persone al centro, e a dare loro gli strumenti per difendersi.

GPDP e Carabinieri, insieme per educare

Un incontro importante si è tenuto al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri: il Comandante Generale Salvatore Luongo ha ricevuto il Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Obiettivo? Mettere a terra, con iniziative concrete, il protocollo d’intesa firmato lo scorso marzo.

Le due istituzioni, infatti, hanno deciso di collaborare per portare sul territorio la cultura del rispetto dei dati personali, in particolare quando si parla di minori e ambienti digitali.

Il Garante: “Serve un’alleanza istituzionale

Durante l’incontro, il Presidente Pasquale Stanzione ha ribadito il senso profondo di questa collaborazione: “Nei loro confronti, infatti, è quanto mai necessaria un’alleanza istituzionale che possa promuovere una reale consapevolezza delle opportunità e dei rischi del digitale e dell’importanza di proteggere i propri dati personali”.

Il protocollo, ha spiegato, serve proprio a questo: far crescere nel Paese una sensibilità concreta e diffusa rispetto al valore della privacy. Non in modo astratto, ma a partire da chi ha un ruolo diretto nella società, come i giovani Carabinieri e, più in generale, le forze dell’ordine.

L’Arma: “Prevenzione vuol dire educazione

Anche il Comandante Generale Salvatore Luongo ha rimarcato l’importanza dell’accordo, soprattutto in un momento storico in cui i social e il web rappresentano uno spazio tanto familiare quanto esposto. “Oggi i Carabinieri sono impegnati a sviluppare nuove forme di difesa della ‘personalità individuale’ e vogliono farlo soprattutto prevenendo i danni. Quale migliore forma di prevenzione che educare i più giovani al rispetto di sé e degli altri?”.

Un approccio chiaro: partire dalla conoscenza per ridurre i rischi. Sui social, nei messaggi, nelle app, ogni clic lascia una traccia. L’idea è aiutare i ragazzi a capire perché proteggere quei dati significa proteggere se stessi.

(leggi qui il comunicato stampa integrale)

Un lavoro fianco a fianco

Da qui nasce l’intesa tra Arma e Garante: non un accordo “sulla carta”, ma una collaborazione operativa. Incontri, formazione, interventi sul territorio. I giovani Carabinieri, formati su questi temi, potranno diventare a loro volta promotori di una nuova consapevolezza tra i cittadini.

Un’alleanza tra chi garantisce la sicurezza e chi tutela i diritti. E in mezzo, le persone: più informate, più consapevoli, più libere.

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Privacy online Arma dei carabinieri e garante - nella foto sullo sfondo bianco dei cerchi con numeri 0 e 1, al centro della foto tre schermi pc blu ocn cornice nera in quello a sinistra c'è il disegno di unomino che è seduto al cpmpute re intorno alla sua testa c'è il disegno di una busta, due fumetti con tre puntini e una chiocciola; nello schermo al centro la scritta GPDP, in quello a destra il berrretto dei arabinieri con la fiamma. Davanti agli schermi delle sagome nere di persone
Privacy online: nasce un patto educativo tra Garante e Carabinieri – L’immagine di copertina è un collage di diverse immagini prese su pixabay
omino al pc: Foto di Vicki Hamilton da Pixabay
cappello dei carabinieri: Foto di Barbara Bonanno da Pixabay
logo GPDP: sito ufficiale Garante
– sfondo: Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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