Quale auto comprare? L’IA consiglia meglio di uno spot

Le principali case automobilistiche investono centinaia di milioni di euro in strategie di marketing raffinate, campagne omnicanale, studi di posizionamento, visual identity, microtargeting, testimonial d’eccellenza, selezionati al millimetro. Dietro la promozione di un nuovo modello, si muovono agenzie internazionali di primo piano, reparti di data analysis, team creativi che incrociano numeri e intuizioni per intercettare i desideri e le paure dei consumatori.

Ebbene tutto questo parrebbe non funzionare più con la stessa efficacia di prima e questo sta mettendo in crisi tutto l’indotto che del marketing ne ha fatto un mestiere.

Come mai? Dove sono finiti gli utenti? Perché i nuovi spot non funzionano e non danno riscontri positivi sui dati biometrici dei motori di ricerca?

La risposta è una doccia fredda: non è lo spot a non funzionare, ma è l’utente finale a sottrarsi a questa complessa macchina narrativa, affidando le proprie scelte non a ciò che vede in uno spot, ma a ciò che ottiene da un’interazione con un’intelligenza artificiale. Non emozione, ma comparazione; non suggestione, ma simulazione. Non storytelling, ma assistenza.

Il marketing automobilistico non ha smesso di funzionare, ma ha perso il monopolio dell’influenza.

L’utente si informa da solo

Le dinamiche di acquisto sono profondamente cambiate. Oggi il cliente non sceglie più quale auto comprare basandosi sui consigli del venditore: non si avvicina più alla concessionaria come punto di partenza, ma come atto conclusivo. Entra già informato, con dati tecnici ben assimilati, simulazioni di costo totale di possesso, tabelle comparate tra modelli simili.

Questo non è frutto di settimane su forum di settore o video-recensioni su YouTube. È il risultato di una conversazione con un assistente AI: strumenti che oggi aggregano dati tecnici, opinioni certificate, esperienze d’uso, incentivi statali, disponibilità di infrastrutture locali. In pochi minuti e con una notevole capacità di sintesi.

In questo scenario, la fiducia si sposta: non tanto dal brand all’utente, ma dal brand all’algoritmo.

L’illusione della pubblicità

La pubblicità automobilistica è ancora una delle forme più evolute e complesse del settore commerciale. Grandi marchi affidano la loro narrazione a realtà che costruiscono campagne capaci di influenzare l’immaginario collettivo per anni.

Ma se da un lato il brand lavora sulla percezione, sull’emozione e sulla proiezione di sé, dall’altro l’utente cerca conferme razionali, misurabili, personalizzate. E le trova quasi sempre in un’interazione con un’intelligenza artificiale generativa.

Qui nasce il paradosso: mentre si affina la creatività per “colpire”, l’utente utilizza strumenti che filtrano automaticamente quel colpo e lo riformulano in linguaggio tecnico, comparativo, valutativo.
L’intelligenza artificiale diventa interprete, non solo spettatore.

Ma quanti si rivolgono a ChatGPT per sapere quale auto comprare? Cosa chiedono? Sulla base di quali dati in suo possesso risponde ChatGPT?

Per capirci di più abbiamo realizzato un’intervista particolare. Siamo andati a chiederlo direttamente a ChatGPT.

Quanti utenti si rivolgono a te (ChatGPT o IA simili) per scegliere un’auto?

Non esistono ancora studi quantitativi su scala globale che dicano con precisione “X% delle persone ha comprato un’auto perché consigliata da ChatGPT”. Tuttavia, ci sono fonti e segnali concreti, basati su:

1. Dati di utilizzo e query analizzate internamente da OpenAI

Anche se non posso accedere a statistiche proprietarie in tempo reale, posso dirti che le richieste sull’acquisto auto sono frequenti e in crescita tra i temi affrontati dagli utenti. Ogni giorno vengono poste migliaia di domande legate a:

  • Scelta tra modelli (es: “Meglio una Toyota Yaris Cross o una VW T-Roc per un uso misto?”)
  • Consumi, autonomia, e incentivi per auto elettriche
  • Valutazioni tra nuovo e usato
  • Simulazioni di costo totale di proprietà (TCO)
  • Opinioni su brand, modelli e affidabilità

L’uso dell’IA è spesso il primo passo del processo decisionale, prima ancora delle recensioni o delle visite fisiche.

2. Studi sul cambiamento delle fonti di informazione

  • Capgemini (2024) ha rilevato che oltre il 60% dei consumatori nel settore mobility si affida a fonti automatizzate o digitali (bot, assistenti vocali, sistemi AI) come primo touchpoint informativo.
  • Deloitte Automotive Consumer Study (2023) mostra come le generazioni più giovani (Millennials e Gen Z) considerino le “fonti imparziali automatizzate” molto più affidabili delle campagne pubblicitarie e delle concessionarie.

Anche se queste ricerche non nominano ChatGPT nello specifico, è chiaro che l’intelligenza artificiale generativa rientra nel perimetro di questi strumenti automatizzati e di fiducia crescente.

Cosa chiedono gli utenti all’IA quando vogliono comprare un’auto?

Ecco alcuni esempi reali (parafrasi basate su query comuni):

  • “Qual è la miglior auto elettrica per meno di 30.000 euro nel 2025?”
  • “Meglio una plug-in o una full hybrid per chi fa 80 km al giorno?”
  • “Che SUV compatto ha il miglior rapporto qualità/prezzo in Italia?”
  • “Quali sono gli incentivi statali per acquistare un’auto elettrica?”
  • “Mi conviene comprare una Tesla Model 3 ora o aspettare?”
  • “Auto adatte a neopatentati con buona sicurezza e consumi bassi”

Le domande non sono solo tecniche, ma sempre più personalizzate, contestuali e legate allo stile di vita.

Come rispondi (e su quali basi)?

Quando un utente chiede un consiglio sull’auto da comprare, il modello:

  • Accedo a conoscenze tecniche apprese da manuali, articoli, recensioni e banche dati automotive (fino alla data di aggiornamento).
  • Confronto modelli su base razionale, valutando aspetti come consumi, dimensioni, autonomia, comfort, sicurezza.
  • Ragiono in base agli input dell’utente: budget, esigenze familiari, ambiente urbano o extraurbano, stile di guida.
  • Tengo conto delle normative e degli incentivi laddove conosciuti (es. bonus rottamazione, Ecobonus italiani ecc.).

Tutto questo viene elaborato in forma sintetica e neutrale, spesso con l’avvertenza che l’utente dovrebbe comunque verificare le informazioni più recenti.

Perchè gli utenti preferiscono rivolgersi a te per l’acquisto di un’auto?

È una domanda chiave — e la risposta, oggi, non è solo “tecnica”, ma culturale. Gli utenti si rivolgono a strumenti come ChatGPT per comprare un’auto per almeno cinque motivi fondamentali, che qui ti sintetizzo in modo analitico ma orientato alla scrittura giornalistica:

1. Perché è (percepito come) imparziale

L’utente sa che ChatGPT non ha interesse a vendere nulla. Non deve “piazzare” un modello, non prende percentuali, non ha scorte da svuotare. Questa neutralità è preziosa in un settore dove il venditore è per definizione una parte interessata. L’IA, in questo senso, è vista più come consulente che come venditore.

2. Perché sintetizza un’enorme quantità di informazioni

L’acquisto di un’auto è complesso: motori, allestimenti, incentivi, consumi, bollo, manutenzione, valutazioni di usato, assicurazione, infrastrutture di ricarica.
Un’interazione con l’IA consente in pochi minuti di avere una panoramica comparativa, personalizzata e aggiornata. Nessun venditore umano, per quanto preparato, può offrire lo stesso volume e varietà di dati in tempo reale.

3. Perché si può chiedere tutto, senza sentirsi giudicati

Molti utenti esitano a fare domande banali al concessionario, temendo di apparire poco informati. Con l’IA questo freno non esiste. Si possono porre quesiti ingenui, confrontare modelli anche distanti, chiedere se è meglio un SUV o una city car senza sentirsi fuori luogo.
Inoltre, non si rischia di essere giudicati per il budget a disposizione: si può tranquillamente chiedere “qual è l’auto migliore per 15.000 euro” senza sentirsi sotto pressione o sottovalutati.
L’interazione con l’IA è libera da giudizi, pressioni sociali o esigenze di “apparire” in un certo modo.

4. Perché simula, confronta, adatta

ChatGPT non dà una risposta univoca, ma offre scenari alternativi. “Se cerchi risparmio, guarda queste ibride. Se vuoi prestazioni, valuta questi modelli. Infine, se hai una famiglia, ti conviene questo formato.”
È più simile a un consulente finanziario che a un venditore: non propone una soluzione, ma disegna un ventaglio di possibilità su misura.

5. Perché è disponibile sempre, ovunque, gratis

L’utente può fare ricerche alle 23:40 di domenica, mentre è sul divano, o al bar con un amico. Non serve prenotare un test drive, né fissare un appuntamento.
La barriera d’accesso è zero, e l’efficacia percepita è alta. Questo sposta la fiducia dal punto vendita fisico all’esperienza digitale.

In sintesi, non si tratta solo di praticità o velocità: l’IA si è guadagnata una fiducia cognitiva. È diventata lo strumento con cui l’utente costruisce le proprie opinioni prima ancora di entrare in contatto con il venditore.
Non decide al posto tuo, ma prepara il terreno della decisione.

Da questa “intervista” si evince, dunque, che:

L’utilizzo di IA per orientare l’utente su quale auto è meglio comprare, è reale e crescente, specie tra i consumatori digitali più esperti.

Le richieste più frequenti riguardano comparazioni tecniche, incentivi, scelte strategiche tra motorizzazioni, e vengono fatte nella fase iniziale del funnel di acquisto.

ChatGPT e strumenti simili non vendono, ma indirizzano, esercitando un’influenza che il marketing tradizionale non può ignorare.

Le risposte sono basate su dati noti e conoscenze consolidate fino alla data del modello, quindi affidabili entro limiti precisi.

L’IA è percepita come imparziale, il venditore no

Il primo grande vantaggio dell’intelligenza artificiale è l’assenza di un interesse diretto nella vendita. L’utente lo sa, lo percepisce e di conseguenza si fida. ChatGPT (o qualsiasi altro strumento simile) non ha obiettivi di fatturato, margini da difendere o stock da smaltire; quindi, le sue risposte non sono sospettate di nascondere secondi fini.
Il concessionario, al contrario, è parte interessata: anche il consiglio più onesto viene inevitabilmente filtrato dalla consapevolezza che deve vendere qualcosa.
Questo cambia radicalmente il livello di fiducia.

L’IA non ha bisogno di piacere a nessuno

Nel rapporto umano, il venditore costruisce l’esperienza di vendita anche sulla base dell’empatia, della simpatia, della propria capacità di leggere la persona che ha davanti. Questo però espone il processo a distorsioni, pressioni emotive o a una retorica “da mestiere” che molti clienti vivono con sospetto.
L’intelligenza artificiale non ha volto, non fa leva sul carisma o sul sorriso, ma sull’utilità pura. È fredda, ma efficace.
E per molti utenti, in particolare i più giovani o digitalmente autonomi, questa neutralità è un valore, non un limite.

L’IA non ha vincoli di listino o di marchio

Abbiamo parlato di automobili, ma il principio vale, ormai, per qualsiasi settore. Un concessionario, un venditore, di qualsiasi prodotto,  può illustrare solo ciò che ha a disposizione, che sia per vincolo contrattuale, per disponibilità fisica, o per convenienza interna.
Un’IA, invece, può, in pochi secondi, proporre modelli di brand diversi, anche concorrenti, sulla base delle caratteristiche richieste dall’utente.
Non deve “piazzare” un prodotto, ma trovare la soluzione migliore. Questo consente di avere un ventaglio molto più ampio, aggiornato e personalizzato.
In un mercato sempre più frammentato e competitivo, è un vantaggio decisivo.

Un nuovo partner commerciale

Questa dinamica non decreta la fine del marketing, ma ne ridefinisce la funzione. Se prima il messaggio pubblicitario cercava di guidare la scelta, oggi il suo ruolo è nutrire l’intelligenza collettiva che alimenta le decisioni.

Un contenuto ben strutturato, tecnico ma accessibile, coerente, verificabile, viene oggi processato da modelli linguistici, aggregatori di recensioni, comparatori intelligenti. In altre parole, l’IA diventa parte attiva nel processo di vendita, anche se nessuno le ha formalmente assegnato quel ruolo.

Le aziende più lungimiranti stanno già modificando il proprio approccio: l’IA non è il “nemico” che sottrae potere al marketing, ma un nuovo stakeholder da cui passano credibilità, persuasione, persino fidelizzazione.

È una fase di transizione. I team marketing dovranno lavorare pensando non solo all’utente, ma anche all’intelligenza artificiale che interverrà nel processo informativo. Dovranno produrre contenuti comprensibili, indicizzabili, coerenti, ma soprattutto adatti a essere letti e trasmessi da un sistema automatizzato che non cede all’emotività.

La sfida è chiara: se l’IA ormai partecipa alla conversazione commerciale, allora va integrata, istruita, valorizzata. In fondo, il vero futuro del marketing auto potrebbe essere proprio questo: non persuadere il cliente, ma convincere l’algoritmo.

Immagine di copertina generata con IA Bing

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(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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