Side A – Storie a 45 giri: Sanremo 1978: i Matia Bazar vincono con “…e dirsi ciao“. Side B: Festivalbar 1978: è l’estate di “Tu semplicità“
Il 1978 è un anno cerniera. La disco-music impazza nelle radio, ma in Italia pulsa qualcosa di diverso: la voglia di sperimentare, di uscire dagli schemi della vecchia canzone melodica senza però rinnegarla del tutto. È l’anno in cui il pop comincia a parlare un linguaggio nuovo: più raffinato, più colto, ma anche più personale.
Nelle classifiche convivono ancora Claudio Villa e i Bee Gees, il progressive sta esaurendo la sua spinta creativa mentre il punk bussa timidamente alle porte della Penisola. I cantautori cominciano a raccontare il privato, le donne si prendono la scena, i suoni diventano più elettronici, più “internazionali”, ma l’anima resta irrimediabilmente italiana.
E in mezzo a tutto questo, il Festival di Sanremo, che in quegli anni pareva un po’ fuori tempo massimo, si ritrova involontariamente al centro di una trasformazione. Una rivoluzione gentile, fatta di nuove voci, nuovi volti, e canzoni che sanno parlare sottovoce, ma arrivano lontano.
L’anno del ritorno, e della vittoria
Sanremo, 1978. Il Festival della Canzone Italiana è in una fase di transizione: gli anni Sessanta sono ormai lontani, gli eccessi dei Settanta iniziano a farsi sentire anche nella musica leggera, e il pubblico televisivo comincia a cercare nel Festival qualcosa di più di una semplice gara canora.
I Matia Bazar tornano sul palco dell’Ariston da super favoriti. L’anno prima avevano già conquistato il pubblico con “Ma perché”, ma è in questa edizione che scelgono di scommettere tutto su una canzone lieve, malinconica, quasi sussurrata: “…e dirsi ciao”.
Una scelta coraggiosa, in un contesto in cui dominano ancora melodrammi vocali, ritornelli gridati e strofe soffocate da orchestrazioni roboanti. Eppure, sarà proprio quella delicatezza, quel passo indietro rispetto alla retorica, a farli vincere.
Side A – “…e dirsi ciao” al Festival di Sanremo
È un brano che non urla, non implora, non fa scena. “…e dirsi ciao” è la fotografia esatta del momento in cui due amanti capiscono che non c’è altro da dirsi. La voce di Antonella Ruggiero, inconfondibile, angelica, tecnicamente ineccepibile, danza sopra un arrangiamento che unisce le suggestioni elettroniche dell’epoca con una scrittura d’autore attenta e sofisticata.
Il pezzo è firmato da tutta la band, Aldo, Carlo, Giancarlo, Piero e Antonella, e si sente. Ogni nota è ponderata, ogni parola pesa il doppio. Non c’è un climax, eppure il brano cresce lentamente, come se si infiltrasse sottopelle. È la vittoria di una visione musicale più adulta, moderna, che guarda avanti senza dimenticare la forma canzone.
Al Festival del 1978, la canzone sbaraglia una concorrenza agguerrita e si porta a casa il primo posto. È una vittoria che sorprende e convince, e che conferma i Matia Bazar come uno dei gruppi più innovativi e colti del panorama italiano.
Oxa e Gaetano: quando l’esordio brucia la scena
Il Festival del ’78 non è solo il trionfo dei Matia Bazar. È anche il debutto clamoroso di due artisti che, a modo loro, riscriveranno le regole del gioco.
Anna Oxa, appena sedicenne, si presenta con un look che sconcerta: truccata da David Bowie e vestita da punk di via Montenapoleone. Porta “Un’emozione da poco”, una canzone scritta da Ivano Fossati e Guido Guglielminetti, che è un ibrido potente tra il rock e il melodramma, con un testo crudo e spiazzante. La sua esibizione scuote il pubblico dell’Ariston e spacca l’opinione pubblica: ma è chiaro a tutti che è nata una stella.
Poi c’è Rino Gaetano, con “Gianna”: un brano ironico, nonsense e irresistibile, apparentemente leggero ma carico di significati nascosti. Al termine dell’esibizione, mentre l’orchestra si spegne, salgono a sorpresa sul palco i Pandemonium, che si uniscono nel coro finale, trasformando il pezzo in un happening surreale. Quel “Ma dove vai, vieni qua, ma che fai? Dove vai, con chi ce l’hai?” è passato alla storia.
Due debutti, due stili agli antipodi, ma la stessa forza deflagrante: entrambi sembrano dire al Festival di Sanremo 1978 che l’Italia musicale sta cambiando, e che loro sono già nel futuro.
Side B – “Tu semplicità” al Festivalbar
Se “…e dirsi ciao” è l’A-side della malinconia composta, “Tu semplicità” è la sua gemella estiva: meno riflessiva, più istintiva, ma altrettanto profonda.
Portata al Festivalbar del 1978, la canzone si fa immediatamente notare per la sua struttura fluida e la melodia dolce ma non banale. La voce di Antonella è più luminosa che mai, e il brano, che pure parla d’amore, evita ogni sentimentalismo per celebrare l’essenzialità del sentimento.
Il testo, firmato sempre da tutta lal band, ruota attorno all’idea di un amore che non ha bisogno di spiegazioni: ” Poi vedere un fiume che rincorre la sua meta / Come perla rara / Scintillare come seta “. E così, tra tastiere liquide e armonie sospese, “Tu semplicità” diventa la colonna sonora perfetta per un’estate italiana fatta di radio accese, ghiaccioli alla menta e baci rubati nei cinema all’aperto.
Non sarà una hit da classifica immediata, ma resta impressa. Come quelle canzoni che, a distanza di anni, non invecchiano mai.
L’eleganza del pop, tra addii e verità semplici
Il 1978 è l’anno in cui i Matia Bazar si prendono tutto. Sanremo, l’estate, la critica. Ma lo fanno senza urlare, senza esagerare. Con la misura che da sempre li distingue, riescono nell’impresa rara di coniugare pop e qualità, emozione e intelligenza.
Con “…e dirsi ciao” firmano una delle vittorie più sobrie e poetiche della storia del Festival, mentre con “Tu semplicità” regalano all’estate un inno lieve e senza peso, che ancora oggi risuona autentico.
E intorno a loro, un’edizione del Festival che lancia talenti dirompenti come Anna Oxa e Rino Gaetano, a dimostrazione che anche da palcoscenici apparentemente ingessati possono nascere scintille.
Sanremo 1978, a riascoltarlo oggi, è tutto fuorché vecchio: è un affresco di transizione, un disco che gira tra mondi musicali diversi ma uniti da una tensione comune. Quella, forse, di voler essere veri. Anche quando si canta. Anche solo per dirsi ciao.
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