Tagli al personale in casa Amazon: arriva l’IA

C’è un’aria diversa a Seattle, quella delle grandi decisioni. Amazon, colosso del commercio online che ormai tocca ogni aspetto della nostra vita digitale, ha annunciato un nuovo piano di riduzione del personale. Le cifre, come spesso accade in questi casi, sono riportate “a sentimento”: si parla di 14.000 posti di lavoro in meno secondo la versione ufficiale, ma alcune fonti arrivano a ipotizzare fino a 30.000 dipendenti coinvolti.

Comunque sia, è il taglio più grande nella storia dell’azienda fondata da Jeff Bezos e le lingue più maliziose insinuano che serva a recuperare i costi di un matrimonio un po’ troppo sfarzoso. In effetti, l’operazione “Get married in Venice” ha fatto impallidire i migliori wedding planners del nostro Meridione sia per il numero degli invitati che per gli ospiti, ma soprattutto per i costi.

Forse qualche cambiale in scadenza sta preoccupando il terzo uomo più ricco al mondo?

Improbabile, ma non si sa mai.

Sta di fatto che, negli ultimi anni, Amazon ha assunto personale a ritmi vertiginosi. Durante la pandemia, con tutti chiusi in casa e il mondo che comprava online qualsiasi cosa, l’azienda aveva ingaggiato decine di migliaia di persone per far fronte alla domanda esplosiva. Poi la curva si è abbassata, le abitudini sono cambiate e Amazon si è ritrovata più “pesante” di quanto servisse. Ora, dice la direzione, è tempo di “snellire” e ha annunciato tagli al personale.

A essere colpiti non sono tanto i magazzini, i centri logistici o i corrieri: la scure si abbatte soprattutto sugli uffici, sulle divisioni “corporate”, come il marketing, le risorse umane, l’amministrazione e gestione dei prodotti digitali. È una mossa che riflette una tendenza ormai comune tra i giganti tech: dopo anni di crescita vertiginosa, si opta per la razionalizzazione.

Amazon e la nuova era dei tagli al personale

L’annuncio è arrivato come una doccia fredda, tramite una lettera ai dipendenti, poi un comunicato ai media. Ma, se si legge tra le righe, la scelta di Amazon non parla solo di numeri: parla di come il lavoro sta cambiando.
Parrebbe che l’obiettivo sia “semplificare i livelli organizzativi, ridurre la burocrazia e concentrare le risorse sui progetti più strategici”. In pratica, significa tagliare dove si può e puntare tutto sulle tecnologie che l’azienda considera il suo futuro.

E qui entra in gioco l’intelligenza artificiale.

Amazon, come Google, Meta e Microsoft, sta investendo miliardi di dollari per portare l’IA al centro delle sue piattaforme. Dalla gestione delle spedizioni alla personalizzazione delle offerte, dai suggerimenti di acquisto fino alle interazioni vocali con Alexa, ogni processo viene ripensato.
L’intelligenza artificiale è la più grande rivoluzione dai tempi di Internet”, dice l’Azienda. E dietro questa frase, apparentemente entusiasta, si nasconde, forse, un progetto di rinnovamento? Molte funzioni che oggi svolgono le persone presto saranno essere automatizzate?

Purtroppo, o per fortuna, è molto facile che questa sia la strada, anche per Amazon. Del resto, già da tempo i magazzini dei centri di stoccaggio più grandi sono automatizzati per la preparazione degli ordini ed è Amazon ad aver parlato per prima di droni corrieri.

Nel quartier generale di Amazon si parla di “riallocazione delle risorse”, ma per i dipendenti coinvolti suona più come una scomoda verità: il loro ruolo, probabilmente, non serve più. E non si parla di mano d’opera ma di colletti bianchi che si ritroveranno sul CercaLavoro grazie (o a causa?) dell’IA. L’azienda promette programmi di ricollocazione interna, fino a 90 giorni per trovare un nuovo posto all’interno del gruppo. Ma chi non ce la farà, riceverà un pacchetto di uscita e la porta aperta verso il prossimo capitolo della propria carriera.

L’onda lunga dei licenziamenti tech

Il caso Amazon non arriva da solo. Negli ultimi due anni, quasi tutte le grandi aziende tecnologiche hanno annunciato maxi tagli al personale. Google, Meta, Microsoft e perfino Apple – che per anni era rimasta immune – hanno messo mano agli organici. La motivazione ufficiale è sempre la stessa: ottimizzare, migliorare l’efficienza, ridurre i costi. Ma la causa è sempre la stessa: la tecnologia sta cambiando il modo di lavorare nelle aziende tech.

In passato, l’innovazione significava assumere più persone. Oggi, sempre più spesso, significa il contrario. L’IA permette di fare di più con meno. I software di automazione sostituiscono interi reparti, le piattaforme di gestione dei dati riducono il bisogno di analisti, e gli algoritmi diventano i nuovi colleghi, instancabili: non hanno bisogno di pause caffè, non fanno figli e non si ammalano.
Amazon, in un certo senso, rappresenta la punta dell’iceberg: è la prima grande azienda ad ammettere apertamente che l’intelligenza artificiale cambierà la sua struttura.

Eppure, non si tratta solo di tecnologia. I tagli al personale riflettono anche un nuovo clima economico. L’epoca dei tassi zero, del denaro facile e delle valutazioni gonfiate sembra finita. Gli investitori chiedono risultati, non solo crescita. E per soddisfarli, le aziende devono mostrare efficienza. “Più piccoli, più agili, più redditizi” sembra il nuovo mantra della Silicon Valley.

Cosa cambia davvero per noi consumatori

Per chi fa shopping su Amazon, non cambia nulla. Il pacco continuerà ad arrivare in tempo, Alexa continuerà a rispondere con voce cortese, e l’abbonamento Prime rimarrà un punto fermo nelle abitudini digitali di milioni di persone.
Ma, sotto sotto, l’azienda sta cambiando pelle.

Nei prossimi mesi vedremo probabilmente un’Amazon più “tecnologica”, più automatizzata, più silenziosa. I reparti marketing e customer care, ad esempio, stanno sperimentando strumenti di intelligenza artificiale per gestire comunicazioni e assistenza clienti. Le funzioni di ricerca e personalizzazione verranno sempre più guidate da modelli predittivi che imparano dai nostri comportamenti.
In altre parole, meno persone dietro lo schermo, più algoritmi.

Il futuro è un’ipotesi?

Quello che sta accadendo in Amazon non è un evento isolato, ma un segnale di una trasformazione più grande. Il lavoro sta cambiando, e non solo nel settore tecnologico. L’automazione sta arrivando in ogni campo: dalla finanza alla logistica, dalla sanità al giornalismo.
La domanda da farsi non è più “se” l’IA cambierà il lavoro, ma “come” e “quando”.

Eppure, nonostante i timori, la storia insegna che ogni rivoluzione tecnologica ha creato nuovi ruoli, nuove competenze e nuove opportunità. Forse non subito, e non per tutti, ma alla fine il mondo del lavoro si riassesta.
Amazon oggi taglia migliaia di posti ma, allo stesso tempo ne apre altri in settori legati all’intelligenza artificiale, alla robotica, alla gestione dei dati e alla sicurezza informatica. Il problema è la transizione: chi perde il poto di lavoro oggi, non sempre ha le competenze per entrare nel nuovo mondo “digitale”.

Per questo, molti esperti chiedono un piano serio di formazione e aggiornamento. Perché, se il futuro è tecnologico, allora la vera ricchezza sarà la capacità di capire e governare quella tecnologia, non subirla.

E chissà, magari tra qualche anno, guardando indietro, scopriremo che questi licenziamenti non sono stati solo una pagina amara, ma il punto di partenza di un nuovo modo di lavorare, più flessibile, più consapevole, forse persino più libero.

Lo scopriremo solo vivendo.

Foto copertina: file è rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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