The Twins explained: il lato nascosto del synth-pop tedesco

Nel 1982, mentre Vasco Rossi sfida le convenzioni con “Vado al massimo” e Mia Martini torna in gara a Sanremo con una delle interpretazioni più intense della sua carriera, una storia che meriterà una puntata tutta sua, in Germania due ragazzi dalla sensibilità silenziosa scelgono un’altra strada.
Con i sintetizzatori come voce del cuore e un’estetica fatta di malinconia controllata, The Twins pubblicano “Face to Face, Heart to Heart”, brano che non urla ma vibra, non segue ma segna.
Questa nuova puntata di Side A – Storie a 45 giri ci conduce nel cuore sommesso di un pop elettronico che ha ancora molto da dire.

The Twins: l’eleganza dell’underground elettronico

The Twins nascono a Berlino nel 1980. Dietro il nome quasi anonimo si celano Sven Dohrow e Ronny Schreinzer: look sobrio, voce sottile, tastiere fredde ma sincere. Non cercano l’eccesso, non inseguono il glamour, ma puntano dritti all’essenza del sentimento tradotto in suono elettronico.

Volevamo fare musica che sembrasse umana, anche se prodotta da macchine.”
(Ronny, intervista del 2004 a Synth Lovers Europe)

Sono figli della scuola tedesca, quella che parte dai Kraftwerk ma si ammorbidisce nel romanticismo della Neue Deutsche Welle e dell’Italo disco. Minimalisti, eleganti, emozionali: The Twins sembrano parlare a chi, negli anni ’80, si sente alienato ma ancora capace di innamorarsi.

“Face to Face, Heart to Heart”: un synth-pop che abbraccia

Il singolo Face to Face, Heart to Heart esce nel 1982 e si impone lentamente, con la grazia di una canzone che non ha bisogno di urlare per farsi ricordare. È costruito su una linea di basso morbida, su tastiere gentili e una voce che sembra uscire da un diario segreto.

Il brano racconta l’incontro, emotivo, umano, quasi spirituale, tra due persone. Lo fa senza retorica, con frasi semplici che risuonano sincere. La struttura è classica, ma l’atmosfera è magica: una pista da ballo mentale dove anche i timidi possono ballare.

Il videoclip, oggi culto tra i nostalgici del minimalismo synth, è un piccolo capolavoro di understatement: location scarna, giochi di luce essenziali, movimenti contenuti. Eppure, funziona perfettamente.

1982: il mondo tra paura e leggerezza

Il 1982 è un anno in cui la storia accelera. In Italia, il governo Spadolini cerca di dare un volto più moderno alla politica, ma la crisi economica si fa sentire. Si festeggia però la vittoria ai Mondiali in Spagna, con l’urlo di Tardelli e la voce di Nando Martellini: “Campioni del mondo!”.

Nel mondo, la Guerra delle Falkland infiamma l’Atlantico del Sud, l’URSS si irrigidisce, ma nel quotidiano si cerca evasione. Il videogioco Pac-Man impazza, Michael Jackson pubblica “Thriller, e il walkman diventa compagno inseparabile.

Il synth-pop dilaga. I Depeche Mode esordiscono, i Duran Duran colorano le classifiche, e la scena tedesca risponde con nomi come Alphaville, Peter Schilling e… The Twins. In un’epoca di contrasti, “Face to Face” è la dolcezza che sfida il rumore.

Rivalutare The Twins: la forza dei sottovoce

Per anni, i The Twins restano ai margini della grande narrazione pop. Troppo malinconici per i club più glamour, troppo pop per i puristi del krautrock, troppo sinceri per essere moda. Ma è proprio in questa posizione laterale che si nasconde il loro valore.

Non volevamo stare al centro. Stavamo bene nella penombra, purché ci fosse una cassa in quattro e una melodia da cantare.”
(Sven, intervista del 1998)

Oggi, nel revival continuo del synth-pop, “Face to Face” viene riscoperta come una delle ballad elettroniche più pure e oneste di quegli anni. Niente effetti speciali, nessuna posa: solo sentimento, filato in onde sintetiche.

La produzione, seppur semplice, è pulita, intima, coerente. È musica da walkman, da ascoltare camminando di notte sotto i lampioni, mentre si pensa a chi ci manca.

The Twins ci insegnano che anche nella decade dell’eccesso, c’era spazio per la misura, per l’introspezione e per una melodia gentile che riusciva comunque a lasciare il segno.
“Face to Face” è la prova che il synth-pop non era solo estetica e ballo, ma anche dialogo emotivo, fatto cuore a cuore.

E mentre ci allontaniamo lentamente da questa pista sintetica, lo sguardo già si posa su un altro palcoscenico: quello di Sanremo 1982. Preparatevi, perché la prossima puntata di Side A – Storie a 45 giri ci porterà tra gli alti e bassi del Festival più discusso di quegli anni.

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.
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