L’olivo, pianta dalla lunga tradizione biblica
L’olivo, che è originario della regione compresa tra l’Arabia e il Caucaso, raggiunse il bacino del Mediterraneo e l’Europa nel II millennio a.C. I primi a coltivarlo furono gli egizi: nel Papiro di Ebers (che risale alla XVIII dinastia) è addirittura indicata una ricetta antirughe ricavata dall’olio. Gli antichi ebrei, durante la loro prigionia in Egitto, ne appresero le tecniche colturali e, nella Sacra Scrittura, ne fecero simbolo di pace e di speranza.


Nel capitolo VIII della Genesi, la colomba annuncia il ritiro delle acque, dopo il diluvio universale, riportando a Noè, sull’arca, un ramoscello d’olivo. Ed è l’olivo, nel Vangelo, ad accompagnare Gesù nella Settimana Santa. Lo troviamo citato dall’ingresso festoso in Gerusalemme, salutato con rami d’olivo e di palma, alla preghiera nel Getsemani, che è l’Orto degli Ulivi. Per questo, nella tradizione della Chiesa Cattolica, si benedice l’olivo la Domenica delle Palme, che precede la Pasqua. E i rami d’olivo dell’anno precedente sono bruciati per ottenere le Sacre Ceneri, che vengono imposte il Venerdì Santo. Dal suo olio si ricava il cosiddetto crisma, benedetto dal vescovo il Giovedì Santo, per impartire i Sacramenti (battesimo, cresima, ordine e unzione degli infermi).


In Grecia, l’olivo fu introdotto nel XVI secolo a.C., pare da Cecrope, il mitico fondatore di Atene. Nella Gallia, futura Francia, fu portato dai fenici nel VII secolo a.C., quando fondarono la città di Marsiglia. E nella penisola italica era già conosciuto prima della fondazione di Roma. Fu poi celebrato da Catone (nel De Re Rustica), da Columella (sempre I secolo) e da Palladio (IV secolo).


Nell’almanacco medioevale di novembre
L’olivo chiudeva il mese di novembre, nell’almanacco medioevale, perché quello era il tempo in cui si portavano le olive al frantoio. L’olio di prima spremitura era comunemente usato in cucina nei Paesi mediterranei. Nell’Europa del nord, invece, per condire e conservare i cibi, si preferiva il grasso animale o l’olio ricavato dalle noci, perché più facilmente reperibili. Nelle Isole britanniche, ad esempio, l’olio d’oliva veniva importato ma, essendo di grande valore, si utilizzava come lenimento curativo.
Come già facevano gli atleti greci e romani, i guerrieri irlandesi si massaggiavano il corpo con il prezioso olio d’oliva prima di affrontare il nemico in battaglia. E lo applicavano sulle ferite di arma da taglio, soprattutto se inflitte da frecce avvelenate. Era molto apprezzato anche nel mondo arabo: Avicenna, nell’IX secolo, lo consigliava per prevenire calvizie, incanutimento dei capelli e persino l’emicrania!


Una descrizione botanica essenziale
L’olivo, che è stato catalogato come Olea europaea L., appartiene alla famiglia delle Oleacee. È un piccolo albero coltivato, che raramente supera i 10 metri d’altezza. Ha una chioma tondeggiante e bassa, perché spesso ramifica a partire dal terreno. Le foglie, dal tipico colore verde cenere e dalla nervatura mediana, sono oblunghe, lanceolate, piuttosto coriacee, con margine intero e disposizione opposta.
I fiori, che sbocciano a maggio, sono biancastri e piccini, con 4 petali saldati in una corolla a tubo. Formano infiorescenze a breve grappolo, che si ergono all’ascella delle foglie. I frutti sono drupe ovoidali dal nocciolo duro e dalla polpa oleosa. Sono le comuni olive, delle quali si distinguono numerose varietà. In ogni caso, tutte rimangono verdi a lungo prima di assumere un colore nero o nero-rossastro a completa maturità. Si raccolgono tra ottobre e dicembre.


La rivoluzionaria scoperta del 1938
Per quanto riguarda questa pianta, la droga medicinale è costituita dalle foglie. I principi attivi che contengono sono: acidi grassi, eterosidi, olio essenziale, tannino, mannite, saponine, alcoli, acido glicolico, carotene, calcio, ferro, fosforo, magnesio, potassio, silicio e zolfo. Nell’antichità, si attribuiva loro solo il potere astringente, tonico e vulnerario. Dioscoride e Plinio ne consigliavano il decotto per curare piaghe di varia natura e contro ascessi, ulcere, emorragie e infiammazioni degli occhi e della bocca. In epoca napoleonica, durante la campagna di Spagna, i medici militari francesi le usarono come febbrifugo, per curare sia le febbri intermittenti sia quelle tifoidi. Mancava infatti la corteccia di china e il decotto di foglie di olivo rappresentò un ottimo sostituto.


Ma la scoperta più importante fu fatta dal dottor Mazet, un medico di Nizza, sempre in Francia. Nel 1938, i suoi studi clinici stabilirono che le foglie d’olivo erano un potente ipotensivo, perché abbassavano la pressione arteriosa e aumentavano la diuresi. Ricerche successive, come quelle di Delphant e Balansard nel 1953, hanno sottolineato la notevole azione vasodilatatrice, senza incidere in maniera depressiva sul cuore. Le eccellenti proprietà ipoglicemizzanti furono riconosciute da medici come Binet e Maceau. Fra le preparazioni casalinghe, riportiamo esattamente quella che, nel 1938, indicò il dottor Mazet, perché ancora oggi la più valida. Scriveva, dunque, Mazet: far bollire una ventina di foglie d’olivo in circa trecento grammi d’acqua, sino a che il liquido si sia ridotto di un terzo. Filtrare, zuccherare e bere caldo mattina e sera.


I vantaggi dell’olio extra vergine d’oliva
Pure le olive contengono eccellenti principi attivi, che ritroviamo nell’olio di prima spremitura a freddo. Ci sono, infatti, vitamine A, C e PP, carotene, sali minerali (azoto), sostanze grasse e cellulosa. Nelle drupe ancora verdi c’è anche la vitamina B: per questo l’olio estratto da olive ancora acerbe è ritenuto di migliore qualità.
Usato crudo, l’olio extra vergine è lassativo, colagogo e vermifugo. Due cucchiai assunti al mattino a digiuno giovano a chi soffre di disturbi epatici e di stitichezza. In uso esterno, lenisce eczemi, escoriazioni, piccole ferite e bruciature. E come già avevano anticipato i medici medioevali arabi, frizionato sul cuoio capelluto, previene e rallenta la caduta dei capelli.
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