La scorodonia, l’erba del re Teucro, che fondò Troia

La scorodonia, secondo la leggenda

La scorodonia appartiene alla famiglia delle Labiate, cui stiamo dedicando gli articoli in questi mesi. È assai curioso il nome con il quale è stata classificata, che è Teucrium scorodonia L., perché ci racconta molto di questa specie. Il sostantivo latino tipico del genere, Teucrium, va infatti messo in relazione con il mitologico re Teucro, cui si attribuisce la fondazione di Troia.

immagine tratta da erbario disegno di scorodonia

Alle doti di governo, pare che Teucro unisse una grande passione per le erbe medicinali. Secondo la leggenda, osservò i cervi feriti che si curavano da soli mangiando proprio ciuffi di scorodonia. Per questo l’erba che avrebbe portato il suo nome gli divenne particolarmente cara, perché si accorse che giovava pure agli uomini. L’aggettivo scorodonia, che caratterizza la specie, deriva dal greco skorodon e va riferito all’aglio. In effetti, le foglie strofinate emettono un quanto mai lieve odore d’aglio, che non giustifica l’attributo. Ma forse per Linneo era più intenso e sgradito, tanto da stigmatizzarlo nella definizione botanica.

un arbusto alto in mezzo a n prato con fiori gialli
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Un’erba da birra

Nelle Isole Britanniche, la scorodonia è una specie perenne autoctona. Se in Inghilterra è chiamata wood sage, ossia salvia dei boschi, in Irlanda ha il nome gaelico di Iúr sléibhe. Tale espressione significa letteralmente “tasso di montagna”, sebbene ci appaia insolita la presunta somiglianza con la pianta del tasso!

Nell’Isola di Smeraldo, la scorodonia è diffusa nelle contee costiere, soprattutto meridionali e occidentali, mentre è rara in quelle interne. È stata usata per secoli per aromatizzare la birra, perché il suo sapore è piuttosto simile a quello del luppolo. Non solo, la rende più limpida e ne schiarisce il colore, donandole una sfumatura dorata. Nell’isola di Jersey, la birra preparata con la scorodonia era detta ambrois, come l’ambrosia, celebre nettare degli dei dell’Olimpo.

un bel arbusto su fondo nero
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Un ritratto botanico essenziale

Si tratta di un’erba che, quale habitat, predilige boschi, cespugli, terreni umidi e privi di calcare. È diffusa in Europa, specie nella parte occidentale e centrale. Presenta fusti pelosi eretti, dalla sezione quadrangolare (propria delle Labiate), che ramificano e che raggiungono un’altezza pari anche a mezzo metro.

fusto peloso visto in macro
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Le foglie picciolate sono opposte e cuoriformi, alquanto rugose e dal margine dentato. I fiori, che sbocciano tra maggio e settembre, sono disposti a coppie all’ascella di piccole foglioline bilaterali, a formare una sorta di spiga apicale (spicastro). Sono di colore giallo-verdognolo e hanno una corolla particolare. È a due labbra, perché ciò è caratterizzante per le Labiate, ma il labbro superiore è solo abbozzato, lasciando scoperti gli stami bruni. Il labbro inferiore, al contrario, è ben sviluppato, a cinque lobi, di cui quello mediano è il più ampio.

foglie  in primo piano
scorodonia licenza CC by Stefan.lefnaer

Il frutto contiene 4 acheni lisci e arrotondati, detti nucule, di colore bruno pallido. In natura, la scorodonia è abbastanza facile da individuare, ma vi consigliamo di usare comunque le chiavi botaniche. Le sole fotografie, che spesso privilegiano l’aspetto artistico a discapito di quello scientifico, possono essere infatti fuorvianti.

primo piano fondo nero di fiori giallo verdi
scorodonia licenza-CC-by-Frank-Vincentz.

Scorodonia e camedrio, in fitoterapia

Nella medicina popolare, la scorodonia è stata usata per secoli per curare i reumatismi. Sicuramente ha uno spettro d’azione più ampio come antiinfiammatorio, giustificato dai principi attivi: scordeina (principio amaro), olio essenziale, tannini, flavonoidi, una saponina acida e composti antrachinonici. Essi sono contenuti nella cosiddetta droga, rappresentata dalle sommità fiorite della pianta stessa.

La tisana casalinga, equivalente del tè come bevanda alimentare, giova pertanto come tonico gastrointestinale, nelle infezioni dell’apparato respiratorio e negli stati influenzali. Si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda, si porta a bollore e si spegne subito, lasciando in infusione per una decina di minuti. Si filtra, si dolcifica a piacere e si beve lungo la giornata.

cielo azzuro con piccolenuvole bianche con in primo piano la pianta di scordonia
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Il decotto concentrato (si fa bollire più a lungo la preparazione e non si dolcifica) è utile per detergere le piaghe e prevenire processi putrefattivi e come collutorio per sciacqui e gargarismi. In omeopatia, secondo prescrizione medica, è un rimedio che contrasta il catarro bronchiale cronico. In questa rubrica, noi vi consigliamo sempre prudenza con le erbe che si utilizzano comunemente in casa. Con la scorodonia, occorre raddoppiarla perché è parente stretta del camedrio ed è facile confondere le due erbe. Esse condividono lo stesso genere botanico, dato che il camedrio è stato classificato come Teucrium chamaedrys L. Ma esso è diventato… un fuorilegge!

bellissmo primo òpiano della scordonia su fondo nero
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Sebbene sino a pochi decenni fa si usasse abitualmente persino in liquoreria (vermouth, chartreuse), oggi è inserito tra le piante tossiche. È avvenuto il 29 luglio 1996, quando il Ministro della Sanità Bindi pubblicò in Gazzetta Ufficiale un decreto a riguardo. In seguito al parere espresso dall’Istituto Superiore di Sanità, “si è ritenuto di dover limitare la vendita della citata pianta al fine di tutela della salute pubblica”. Nel decreto chiaramente non si parla di scorodonia. Tuttavia, conviene essere molto prudenti nell’identificazione, per non prepararsi il tè con il Teucrium sbagliato!

foglie verdi e fiori gialli
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Per chi vuole approfondire la famiglia delle Labiate può cliccare sui titoli qui sotto

Le Labiate o Lamiacee, la nobile famiglia botanica delle piante aromatiche

La scutellaria che, tra le Labiate, è la strega cattiva

L’edera terrestre, nella birra irlandese di Jonathan Swift

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
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