Adozioni di bambini stranieri per i single: ecco perchè non è una svolta storica

L’adozione di bambini stranieri da parte di persone single si presenta oggi come un tema caldo e ricco di sfumature, soprattutto dopo la recente decisione della Corte costituzionale. La sentenza numero 33 della Corte costituzionale, dichiarando incostituzionale l’articolo 29-bis, comma 1, della legge 184 del 1983, accoglie la richiesta di una donna fiorentina di adottare un minore di origine straniera.

I telegiornali e i quotidiani diffondono la notizia e la propongono come una “svolta storica”, una nuova pagina nel diritto di famiglia italiano, un cambiamento epocale che elimina il divieto che escludeva le persone single dalla possibilità di adottare minori stranieri residenti all’estero. Ma è vero?

In realtà non è così.

Adozioni single: esiste un precedente?

Si. Esiste un precedente ed è l’ordinanza 347/05 del Tribunale di Cagliari che, per prima giudica infondato l’articolo 29-bis (ed altri), citata peraltro nel sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla pagina “Commissioni Per Le Adozioni Internazionali – FAQ – Sezione A1“. Cito testualmente: nel 2005 la Corte Costituzionale, investita del caso di una donna italiana non coniugata che aveva richiesto l’adozione di una bambina bielorussa in stato di abbandono nel suo paese di origine, bisognosa di cure mediche tempestive, con la quale aveva instaurato nel tempo un rapporto consolidato di convivenza e affetto (nell’ambito dei c.d. soggiorni di risanamento) si pronunciò nel senso dell’ammissibilità dell’adozione internazionale negli stessi casi (casi particolari) in cui è ammessa l’adozione nazionale (cfr. l’ordinanza 347/05).

Quindi, il caso della madre fiorentina, non è il primo, anche se ha il pregio di aver combattuto con forza per adottare un bambino proveniente dall’estero.

Certamente, però, la Consulta ha riportato il tema all’attenzione dell’opinione pubblica proseguendo un processo di “sdogamento” che sfida i preconcetti e le tradizioni consolidate. L’iniziativa di questa donna non si limita a rappresentare un caso isolato, bensì evidenzia come la società si evolva e come la ricerca di stabilità e affetto per il minore possa andare oltre il modello classico della coppia. Una società che vent’anni fa, all’epoca della prima sentenza, non viveva ancora le situazioni geopolitiche e sociali di oggi.

Evoluzione delle adozioni e impatto sociale

Il cambiamento normativo, dunque, è ormai una realtà e il recente caso giudiziario offre l’opportunità di riflettere sul ruolo della legislazione nella definizione dei modelli familiari moderni. La vicenda fiorentina, nel contesto attuale, rappresenta una scintilla che illumina il percorso verso una società più inclusiva e attenta ai bisogni dei minori, mettendo in discussione il legame tra legalità e tradizione e, allo stesso tempo, genera interrogativi e ipotesi non da poco.

La trasformazione normativa apre nuove prospettive per chi vive da solo e desidera formare una famiglia. Molti sostengono che il benessere del minore non dipenda esclusivamente dalla presenza di due figure genitoriali, ma dalla qualità dell’affetto e della cura offerti.

Questa apertura, infatti, si fonda su dati ed esperienze che dimostrano come numerose famiglie monogenitoriali abbiano offerto ai bambini un contesto ricco di sostegno e amore.

Il diritto del bambino a una condizione stabile rappresenta un pilastro su cui fondare ogni decisione in ambito di adozione, la stabilità, l’affetto e la presenza di figure di riferimento giocano un ruolo centrale nel garantire il benessere emotivo e sociale del minore. E qui, sorge spontanea la prima domanda: perché limitare questo diritto solo a bambini stranieri?

Perché solo bambini stranieri?

Le sentenze a favore delle adozioni di bambini stranieri da parte di single è un cambiamento epocale ma esclude, per nazionalità, tutti quei minori italiani che vivono in situazioni di affido temporaneo presso parenti o case famiglie.

Se questa scelta si fonda sulla volontà di proteggere quei minori che vivono in contesti di grande vulnerabilità, lontani dalle reti sociali e familiari italiane, perché non considerare anche le adozioni di bambini italiani che, al momento, seguono percorsi più articolati e tradizionali, e che privilegiano la presenza di entrambi i genitori come garanzia di stabilità?

In realtà, sono davvero tante le coppie con figli, in stato di separazione o divorzio, condizione che implica forzatamente la rottura del nucleo famigliare e, il più delle volte, i bambini sono oggetto di contenzioso in sede di giudizio. Purtroppo, sono davvero pochi i casi in cui la coppia riesce armoniosamente a mantenere un equilibrio per i figli e, malgrado l’assegnazione della casa coniugale, volto a tutelare la stabilità del domicilio dei bambini, gli stessi sono obbligati a spostarsi a giorni alterni nell’abitazione dell’altro genitore, vivendo comunque uno stato di stress notevole.

Malgrado ciò, numerose esperienze dimostrano che i bambini crescono bene anche in contesti monogenitoriali, soprattutto quando il genitore offre amore, sostegno e continuità educativa.

Questa discrepanza normativamente costruita solleva un quesito importante: la distinzione tra minori stranieri e italiani risponde ancora alle reali esigenze di protezione o riflette solo un retaggio storico?

Adozione = inclusione

Il dibattito sulle adozioni di bambini stranieri da parte di persone single apre spazi di riflessione che vanno oltre il mero aspetto legislativo. Ad esempio, è inevitabile considerare se la stessa apertura si possa estendere anche ai minori italiani, offrendo a tutte le forme di famiglia la possibilità di garantire un ambiente stabile e protettivo. Se, il benessere del bambino deve essere valutato in base alla qualità delle relazioni affettive e alla capacità del genitore di prendersene cura, indipendentemente dal modello familiare tradizionale, perché non estendere dunque questo beneficio anche a minori italiani?

Le esperienze positive di famiglie monogenitoriali, nate da separazioni o altri eventi, suggeriscono che il sostegno emotivo e la stabilità possano essere garantiti anche con una sola figura. Questa realtà dovrebbe essere oggetto di valutazione per le istituzioni e uno stimolo a rivedere i criteri d’accesso e di abbracciare una visione più inclusiva, che valorizzi la qualità della relazione e non la mera struttura formale della famiglia.

La sfida è quella di conciliare le esigenze di tutela del minore con il diritto di ogni persona a formare un nucleo familiare in grado di offrire amore, sostegno e continuità educativa.

Quali single?

Per quel che riguarda le adozioni nazionali, l’art.6 della Legge n. 184/83 stabilisce che “l’adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, o per un numero inferiore di anni se i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, e ciò sia accertato dal Tribunale per i minorenni” (fonte Ministero della Giustizia).

Escluse le coppie di fatto e le coppie omosessuali.

Il cammino verso una normativa più inclusiva e moderna rappresenta un’opportunità per ripensare il concetto di famiglia. Le adozioni di bambini stranieri da parte di single aprono un dibattito che coinvolge esperti, operatori sociali e cittadini, invitandoci a valutare il benessere del bambino come criterio principale. Il sistema normativo potrebbe evolversi verso un approccio che riconosca il valore delle relazioni affettive e la capacità di creare un ambiente sicuro, indipendentemente dalla composizione tradizionale della famiglia e della nazionalità del minore?

Questa sfida, che unisce innovazione legislativa e riflessione sociale, potrà dare impulso a un futuro in cui ogni bambino goda del diritto inalienabile a una crescita serena e piena d’amore?

E in tutto questo, sarà possibile considerare anche la possibilità di valutare l’idoneità alla adozione di una persona, indipendentemente dal suo orientamento sessuale?

Foto copertina di StockSnap da Pixabay

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”