Come vengono addestrati e impiegati i cani da guerra: storie di eroi a quattro zampe e il loro contributo nei conflitti bellici
Quando pensiamo a un soldato, ci viene in mente una persona con l’elmetto, la divisa e lo sguardo deciso. Ma c’è un altro tipo di soldato che, pur non parlando, ha accompagnato l’umanità in molte delle sue sfide più difficili: il cane. Da migliaia di anni, questo animale ha affiancato l’uomo anche nei momenti più bui, come le guerre, diventando un compagno fedele, silenzioso e spesso eroico. Da secoli, accompagna l’uomo anche nei momenti più duri della storia, quando il mondo è in guerra e la speranza sembra lontana.
Usati per portare messaggi tra le trincee, fiutare pericoli nascosti, proteggere postazioni o persino fermare il nemico, i cani da guerra hanno scritto pagine straordinarie, spesso dimenticate, nella storia dei conflitti umani. Silenziosi, veloci, leali fino all’estremo sacrificio, i cani-soldato sono una testimonianza vivente di quanto profondo e potente possa essere il legame tra l’uomo e l’animale anche sul campo di battaglia. Con il loro fiuto, la loro intelligenza e la loro sensibilità, hanno salvato vite, scoperto pericoli nascosti e, spesso, restituito speranza dove tutto sembrava perduto. Raccontare il loro ruolo significa illuminare una parte meno nota, ma straordinaria, del legame tra uomo e animale: quella in cui il cane diventa non solo amico, ma anche eroe.
Il cane in guerra: un legame antico
Da sempre, il cane è stato molto più di un semplice animale domestico. Fin dall’antichità, ha accompagnato l’essere umano non solo nella caccia o nella vita quotidiana, ma anche nei momenti più difficili, le guerre. È difficile immaginare un campo di battaglia popolato da fumi, grida e clangori, eppure anche lì, tra armi e pericoli, le zampe dei cani hanno lasciato impronte profonde nella storia.
Le prime tracce dei cani in guerra risalgono a millenni fa. In Egitto, alcuni documenti e raffigurazioni mostrano cani usati per scortare i soldati o difendere gli accampamenti. Anche in Persia e in Grecia esistevano unità militari che impiegavano cani. Ma fu l’Impero Romano a organizzare le prime vere “truppe canine”. I Molossi, una razza possente e coraggiosa, antenata dei moderni mastini, indossavano armature leggere e collari muniti di punte di ferro. I soldati li lanciavano contro la fanteria nemica per aprire brecce, seminare il caos o inseguire i fuggitivi. In alcuni casi, erano impiegati anche per trasportare messaggi o piccoli carichi tra un’unità e l’altra.
Nel Medioevo, i cavalieri e i comandanti militari portavano con sé cani addestrati per attaccare, difendere o trasmettere messaggi. I signori feudali li schieravano per sorvegliare i castelli, stanare nemici nascosti e accompagnare le truppe durante le campagne. Alcuni, come i cani da presa o i levrieri corazzati, scattavano in battaglia per colpire cavalli e soldati avversari, sfruttando la velocità o la potenza della loro mascella.


Ma perché proprio il cane? La risposta è semplice.
Il cane ha qualità uniche che lo rendono un perfetto compagno in situazioni estreme. È veloce, ha un olfatto eccezionale, un udito finissimo e, soprattutto, è leale. Il suo istinto di protezione verso il branco, che per lui diventa la “sua” squadra di soldati, lo rende pronto a rischiare la vita pur di difendere chi considera parte della sua famiglia.
Già allora, però, i soldati non vedevano i cani solo come strumenti. Li nutrivano, li accudivano e spesso li piangevano quando morivano in battaglia. Non era raro che un cane morto in guerra venisse sepolto con onori, o che il suo nome comparisse nei diari o nei racconti dei soldati sopravvissuti. Il legame tra uomo e cane, anche in mezzo al caos della guerra, restava saldo, fatto di fiducia, affetto e rispetto.
Questa lunga convivenza tra cane e soldato è la radice di tutto quello che sarebbe arrivato nei secoli successivi. Oggi può sembrarci strano pensare a un cane come “soldato”, ma la storia ci insegna che non è mai stato solo un alleato, è stato, e continua a essere, un eroe silenzioso con la coda.
Le guerre mondiali: quando il cane diventa un soldato vero
Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, i cani da guerra assumono un ruolo completamente nuovo e diventano veri compagni d’armi, addestrati per svolgere compiti precisi, spesso pericolosi. Le trincee, i campi minati e le linee del fronte vedono agire migliaia di cani, scelti per la loro intelligenza, il loro fiuto e la capacità di muoversi silenziosamente in territori ostili.
Nella Prima Guerra Mondiale, molte nazioni europee cominciarono a impiegare cani in maniera sistematica. I più utilizzati erano i pastore tedesco, il dobermann, il terrier e i retriever. I loro compiti erano numerosi: portare messaggi, trasportare piccoli rifornimenti, localizzare soldati feriti e fare la guardia ai confini del campo.


Con l’arrivo della Seconda Guerra Mondiale, l’uso dei cani divenne ancora più sofisticato. Gli eserciti li impiegarono per scovare mine, rilevare trappole esplosive e proteggere le sentinelle notturne. Alcuni cani imparavano a strisciare nel fango, evitando le mine, e segnalavano il pericolo senza abbaiare.
I cani venivano addestrati con gesti, suoni brevi e ricompense alimentari, per rispondere rapidamente in situazioni difficili. Il loro addestramento non era basato sulla violenza, ma sul rispetto e sulla collaborazione. I soldati imparavano presto che quei cani non erano strumenti, ma esseri viventi capaci di capire e agire con coraggio, anche sotto il fuoco nemico.
Durante e dopo le guerre, molti soldati raccontarono che la presenza di un cane accanto a loro offriva sollievo psicologico, soprattutto nei momenti più duri. Quei cani, veri eroi a quattro zampe, non sapevano nulla di politica o strategia militare, ma capivano perfettamente quando era il momento di correre, aiutare, o semplicemente restare vicini.
Storie di eroi a quattro zampe: dalla Prima Guerra mondiale…
Uno dei cani più famosi della Prima Guerra Mondiale fu Rags, un meticcio trovato a Parigi da un soldato americano. Rags imparò a correre da un punto all’altro delle trincee con piccoli messaggi legati al collare, anche sotto i bombardamenti. Un giorno fu ferito da una granata, ma riuscì comunque a completare la sua missione. Venne curato, adottato dai soldati e portato negli Stati Uniti come un eroe.
Stubby era un piccolo meticcio americano, senza pedigree e senza addestramento ufficiale. Durante la Prima Guerra Mondiale, si intrufolò tra le truppe e i soldati lo adottarono come mascotte. Ma presto dimostrò un talento naturale per la guerra: segnalava l’arrivo dei gas tossici prima degli uomini, trovava feriti sotto il fango, e perfino catturò un soldato nemico, afferrandolo per i pantaloni e trattenendolo finché i soldati non arrivarono. Stubby ottenne una medaglia, partecipò a sfilate militari e tutt’oggi è una celebrità negli Stati Uniti. Infatti, ancora oggi è considerato il cane da guerra più decorato della storia americana.
…alla Seconda
Tra le storie più conosciute c’è quella di Chips, un incrocio tra pastore tedesco e husky, appartenente all’esercito americano. Chips partecipò allo sbarco in Sicilia, dove attaccò da solo una postazione nemica e costrinse alla resa un’intera squadra di soldati. Ricevette la Stella d’argento e il Purple Heart, due tra le più alte onorificenze militari americane, anche se poi furono revocate perché “non previste per gli animali”. Questo non impedì a Chips di essere ricordato come un vero eroe.
Dall’altra parte del mondo, durante la Seconda Guerra Mondiale, un altro cane si fece notare per un’impresa incredibile. Judy, una pointer inglese, era a bordo di una nave militare britannica che fu affondata. Riuscì a sopravvivere al naufragio, portando in salvo alcuni marinai verso la riva. Catturata dai giapponesi, finì in un campo di prigionia insieme ai soldati. Lì non solo sopravvisse, ma continuò a difendere e sostenere i prigionieri, condividendo con loro le condizioni durissime della prigionia. Alla fine della guerra, Judy ricevette una medaglia per il suo coraggio e viaggiò in tutto il mondo insieme al suo compagno umano.
Missioni moderne: tra mine e salvataggi
Nel mondo di oggi, i cani continuano a essere protagonisti in scenari di guerra e in missioni di soccorso. Anche se il modo di combattere è cambiato e molte operazioni sono diventate tecnologiche, il cane resta uno strumento insostituibile. In certi ambienti complessi, come le montagne, i villaggi distrutti o le zone di conflitto, nessun robot può ancora sostituire il fiuto, la resistenza e l’adattabilità di un cane addestrato.
Le forze armate di molti Paesi, compresa l’Italia, impiegano unità cinofile militari in numerose operazioni. I cani ricevono un addestramento mirato ad individuare mine antiuomo, esplosivi artigianali e armi nascoste. In missioni come quelle in Afghanistan, Iraq o Kosovo, hanno salvato la vita a migliaia di soldati e civili, rilevando ordigni prima che esplodessero. Le razze più utilizzate sono il pastore tedesco, il malinois belga, il labrador retriever e il cane da pastore olandese, per la loro intelligenza, l’agilità e il carattere equilibrato.
Il cane come prezioso alleato del soccorso civile
Accanto al fronte bellico, però, si è sviluppato un altro campo fondamentale: il soccorso civile, soprattutto durante i disastri naturali. Dopo un terremoto, una frana o un crollo strutturale, sono i cani i primi a entrare tra le macerie. Il loro fiuto è così sensibile da poter percepire l’odore umano anche sotto metri di cemento o terra. Durante il terremoto dell’Aquila, quello di Amatrice e, più recentemente, nel terremoto in Turchia e Siria del 2023, le squadre cinofile italiane e internazionali hanno salvato decine di vite grazie al lavoro di questi animali. Un cane può scandagliare in pochi minuti un’area che richiederebbe ore a una squadra umana.
In queste missioni, il cane non agisce mai da solo. Lavora in coppia con il suo conduttore, una figura fondamentale, spesso legata al cane da un rapporto fortissimo. Il successo dell’operazione dipende dalla sincronia tra i due, costruita con mesi di addestramento e fiducia reciproca. Il conduttore impara a “leggere” i segnali del cane, dai movimenti delle orecchie al cambio di passo, mentre il cane impara a seguire indicazioni precise anche in condizioni di forte stress.


I cani da guerra, consolatori dei reduci
Ma non finisce qui. I cani sono un supporto fondamentale anche per sostenere psicologicamente i soldati reduci da missioni difficili. In molti ospedali militari e centri di riabilitazione, esistono progetti di pet therapy che impiegano cani addestrati per aiutare chi ha vissuto traumi. Questi animali, con la sola presenza, riescono a calmare l’ansia, favorire il sonno e ridurre l’isolamento.
Che si tratti di salvare vite tra le macerie, disinnescare mine nascoste o aiutare chi soffre, il cane continua a essere una presenza silenziosa ma potentissima. In un mondo dove tutto cambia velocemente, il legame tra uomo e cane rimane una costante di coraggio, dedizione e speranza.
Medaglie al valore e meritata pensione
Se un cane rischia la vita in battaglia, salva persone tra le macerie o protegge soldati in missione, merita riconoscimenti come chiunque altro perchè, lo ripetiamo, sono degli eroi a quattro zampe. E infatti, anche se non possono parlare o raccontare la loro versione dei fatti, alcuni cani sono diventati veri e propri eroi nazionali, premiati con medaglie, cerimonie ufficiali e perfino statue. Il mondo ha cominciato ad accorgersi pubblicamente del loro coraggio, e a celebrare il loro ruolo con il rispetto che meritano.
Tra i riconoscimenti più famosi c’è la Dickin Medal, istituita nel Regno Unito nel 1943 e assegnata solo ad animali che si sono distinti per atti di eccezionale coraggio. È considerata l’equivalente della Victoria Cross per gli animali. Tra i premiati ci sono stati piccioni viaggiatori, cavalli e, naturalmente, molti cani. Uno dei più celebri è Gander, un cane da orso canadese che, durante la Seconda Guerra Mondiale, raccolse una granata nemica con la bocca e corse via, salvando decine di soldati ma perdendo la vita. O ancora Theo, un cagnolino inglese che ha scoperto più di cento esplosivi in Afghanistan prima di morire di crepacuore pochi giorni dopo la perdita del suo conduttore.
Anche in Italia si stanno facendo passi avanti in questa direzione. Alcuni comuni, associazioni e forze armate hanno cominciato a organizzare cerimonie, conferenze e giornate di ringraziamento dedicate alle unità cinofile. In questi eventi, i cani in servizio partecipano a vere e proprie cerimonie in pubblico, cove ricevono il premio al valore, con medaglie o attestati e festeggiati insieme ai loro conduttori.
Cosa succede quando un cane termina il servizio attivo?
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, molti cani-soldato non vengono separati dai loro conduttori. In numerosi casi, chi ha lavorato con loro per anni decide di adottarli ufficialmente, offrendogli una vita tranquilla, fatta di passeggiate, giochi e riposo. Per loro, la “pensione” significa finalmente potersi rilassare, ma sempre con quella stessa persona che hanno seguito tra i pericoli e le emergenze. In alternativa, ci sono famiglie civili selezionate con attenzione, pronte a prendersene cura con amore e rispetto.
Negli ultimi anni sono nati anche progetti specifici per il benessere post-servizio dei cani militari, come centri veterinari convenzionati, programmi di monitoraggio della salute e iniziative di adozione sostenuta. Tutto questo serve a garantire che questi animali, dopo anni di dedizione assoluta, abbiano il futuro sereno che si sono guadagnati sul campo.
Alla fine della loro carriera, i cani-soldato non sono dimenticati, anzi, diventano spesso ambasciatori silenziosi di valori come coraggio, fedeltà e altruismo. Non hanno mai preteso nulla in cambio, ma è nostro dovere riconoscere il loro contributo. Dietro ogni medaglia, ogni storia di salvataggio, ogni coda che scodinzol, c’è un legame speciale che unisce due mondi diversi, quello umano e quello animale. Un legame fatto di fiducia e silenziosa dedizione. Perché, come ci insegna ogni cane-soldato, non servono parole per essere degli eroi.
Foto di copertina generata con IA Bing
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