Pappataci: pericolo invisibile di virus Toscana per l’uomo

Chi vive in aree mediterranee li conosce, spesso senza saperlo. Non fanno rumore, non si vedono quasi, ma lasciano il segno. I pappataci: minuscoli, silenziosi, ma tutt’altro che innocui, anzi, un pericolo grave non solo per gli animali ma soprattutto per l’essere umano.

Noti anche come flebotomi, sono piccoli insetti che passano inosservati, eppure sono responsabili della trasmissione di malattie anche gravi, come la leishmaniosi. A differenza delle zanzare, con cui vengono spesso confusi, i pappataci agiscono in silenzio: niente ronzii molesti, solo una puntura apparentemente innocua, dietro cui può nascondersi molto di più.

Il loro nome curioso, “pappataci”, è già una descrizione perfetta: “pappano” (mangiano) e “tacciono”, senza dare nell’occhio. Eppure, il loro impatto è tutt’altro che trascurabile, sia per l’essere umano che per gli animali domestici, in particolare i cani.

Cosa sono i pappataci?

Appartenenti all’ordine dei Ditteri e alla famiglia Psychodidae, i pappataci non sono zanzare in miniatura, come molti pensano. Sono insetti ematofagi, cioè si nutrono di sangue, ma solo le femmine lo fanno, perché ne hanno bisogno per sviluppare le uova. Il loro corpo è ricoperto di minuscoli peli, hanno ali strette e appuntite, e un volo debole e saltellante che li differenzia dalle zanzare.

Dal punto di vista ecologico, prediligono ambienti caldi, umidi e ricchi di materia organica in decomposizione. Nidificano in crepe nei muri, tane di animali, fogne, grotte o semplicemente sotto pietre e fogliame. Sono attivi principalmente tra maggio e ottobre, soprattutto nelle ore serali e notturne, e sono molto sensibili alla temperatura e all’umidità: basta un lieve cambiamento climatico per modificarne la distribuzione.

Di cosa si nutrono e come si riproducono?

Il ciclo vitale del pappatacio è tipico degli insetti olistolometaboli: si sviluppa attraverso quattro fasi: uovo, larva, pupa e adulto. Le uova vengono deposte in ambienti umidi e bui, e nel giro di pochi giorni si schiudono in larve che si nutrono di sostanze organiche in decomposizione. Dopo la metamorfosi pupale, l’adulto emerge pronto a nutrirsi e, nel caso delle femmine, a cercare un ospite da pungere. La durata complessiva del ciclo varia da 3 a 6 settimane, a seconda delle condizioni ambientali.

Questo ciclo rende i pappataci particolarmente difficili da combattere: non bastano interventi “a vista”, perché la parte più ampia del loro sviluppo avviene lontano dagli occhi umani. Inoltre, a differenza di molte zanzare, non depongono le uova in acqua stagnante ma in ambienti solidi e umidi, come fessure e detriti.

Pappataci - l'insetto ha ali trasparenti lunghe zampe filiforme e corpo marrone
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Sono pericolosi per l’essere umano?

La risposta è sì, e non solo per chi vive in zone rurali o particolarmente calde. Con l’aumento delle temperature e dei viaggi internazionali, la diffusione dei pappataci sta interessando anche zone prima considerate sicure. In Italia, sono già presenti in quasi tutte le regioni, con un’alta concentrazione in quelle del Centro-Sud e delle isole.

Il rischio è doppio: da un lato per la salute pubblica (basti pensare alla leishmaniosi umana, rara ma in aumento), dall’altro per gli animali domestici, per cui la leishmaniosi è una malattia cronica difficile da trattare e costosa da gestire.

Va detto che non tutti i pappataci sono infetti. Ma è sufficiente che una piccola percentuale lo sia per innescare la diffusione del patogeno all’interno di una popolazione umana o canina.

Quali malattie possono trasmettere?

Il pericolo più grande non è la puntura in sé, quanto ciò che può veicolare. I pappataci sono infatti vettori biologici di diversi agenti patogeni, sia virali che parassitari.

La leishmaniosi è la più nota e diffusa, soprattutto nella sua forma viscerale. Si tratta di una zoonosi causata da protozoi del genere Leishmania, trasmessi attraverso la puntura di un pappatacio infetto. La malattia può colpire sia gli animali, in particolare i cani, che rappresentano anche un importante serbatoio, sia l’uomo. I sintomi possono variare da semplici lesioni cutanee a gravi danni agli organi interni, e nei casi più avanzati può essere potenzialmente letale.

Un altro virus trasmesso dai pappataci all’essere umano è quello responsabile della febbre da pappataci o febbre flebotomica. Si tratta di un’infezione virale acuta, diffusa principalmente in estate, che provoca febbre improvvisa, dolori muscolari, mal di testa, stanchezza e, in rari casi, disturbi neurologici come la meningite virale. Il virus Toscana, in particolare, è stato identificato come causa di meningiti non batteriche nel bacino del Mediterraneo.

Cos’è il virus Toscana?

Negli ultimi anni, in Italia, si è registrato un netto aumento dei casi di infezione da Virus Toscana (TOSV), un arbovirus trasmesso dai pappataci. Questo virus, sebbene spesso innocuo, nelle forme più gravi può colpire il sistema nervoso, causando meningiti, encefaliti e meningo-encefaliti. Tra il 2016 e il 2023 sono stati segnalati oltre 600 casi di malattia neuro-invasiva, con un picco nel biennio 2022-2023, e due decessi confermati.

Il periodo a rischio va da maggio a novembre, con un picco di casi in agosto. La maggior parte dei pazienti colpiti sono uomini e le forme cliniche più comuni sono meningite (quasi la metà dei casi), encefalite e meningo-encefalite.

In Italia negli ultimi anni c’è stato un forte aumento dei casi di virus Toscana (TOSV), un arbovirus trasmesso dai flebotomi (pappataci) che nelle forme più gravi può causare malattie neuro-invasive, legato almeno in parte ai fenomeni estremi, come i periodi con temperature molto alte o con poche piogge“. Lo afferma uno studio coordinato dall’Iss appena pubblicato sulla rivista Eurosurveillance.

Secondo lo studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità,l’aumento è legato anche al cambiamento climatico: temperature elevate e lunghi periodi di siccità sembrano favorire la proliferazione dei pappataci e anticipare la loro attività stagionale. Le annate con più casi (2018, 2022, 2023) corrispondono infatti a stagioni insolitamente calde o secche, condizioni ideali per la diffusione del virus. (Fonte ISS)

Come riconoscere una puntura di pappatacio

La puntura del pappatacio passa spesso inosservata, e proprio questa sua discrezione la rende insidiosa. A differenza di zanzare o tafani, il flebotomo non fa rumore, è minuscolo, e punge senza farsi sentire. Quando affonda il suo apparato boccale, inietta nella pelle una miscela di sostanze chimiche, tra cui anticoagulanti e vasodilatatori, che gli permettono di succhiare il sangue più facilmente. È in quel preciso momento che può trasmettere virus o parassiti, se è infetto.

Negli esseri umani, la reazione è spesso modesta: un piccolo pomfo arrossato, con prurito leggero, che scompare in pochi giorni. Ma in soggetti più sensibili, o dopo più punture ravvicinate, possono comparire reazioni allergiche localizzate: gonfiore, arrossamento diffuso, vescicole o dermatiti. I casi di allergie gravi sono rari, ma documentati.

Negli animali, il discorso cambia: cani e gatti spesso non mostrano segni evidenti, perché il pelo nasconde le punture. Possono esserci piccoli rigonfiamenti cutanei, ma difficili da notare. Proprio per questo è fondamentale la prevenzione: perché quando ci si accorge di qualcosa, può essere troppo tardi.

Quando pungono (e dove si nascondono)

I pappataci non pungono a caso, né in qualunque momento. La loro attività è strettamente legata al clima e all’ambiente circostante. Preferiscono le ore serali e notturne, quando l’aria si fa più umida e la temperatura si abbassa. Non amano il vento: anche una leggera brezza può metterli in difficoltà, perché volano male e solo per brevi distanze, sempre rasoterra e in orizzontale. Di giorno si rifugiano in ambienti bui, ombreggiati, spesso all’interno delle abitazioni, in stalle, cantine, crepe nei muri o tra la vegetazione più fitta.

In queste condizioni possono pungere anche di giorno, specialmente se disturbati dal passaggio di un animale o di una persona. Non si allontanano mai troppo dal luogo in cui sono nati: raramente si spostano per più di 200-300 metri, rendendo ogni focolaio una realtà molto localizzata ma persistente.

Pappataci a spiaggia

Chi immagina la spiaggia come un ambiente sicuro dai pappataci non ha tutti i torti, ma neppure del tutto ragione. Questi insetti non amano il sole diretto, il vento o le superfici sabbiose esposte. È difficile che pungano in pieno giorno, sulla battigia o tra gli ombrelloni ventilati. Eppure, nelle zone più riparate, possono esserci.

Tra le dune, nei giardini degli stabilimenti, sotto la vegetazione costiera o accanto a strutture (cabine, bagni, spogliatoi) in muratura con crepe e ombra costante, trovano rifugi ideali. Il rischio aumenta al tramonto, quando l’aria si fa umida e la brezza cala. Anche in campeggi, residence o case vacanza vicine alla spiaggia, soprattutto se trascurati o con animali presenti, i pappataci possono annidarsi e pungere senza farsi notare. Insomma, il mare non li attira, ma se trovano le condizioni giuste, nemmeno lo evitano.

Come prevenire?

Non esistono al momento vaccini efficaci per l’uomo contro le malattie trasmesse dai pappataci; quindi, la prevenzione resta la strategia migliore.

Negli ambienti domestici, si può intervenire in diversi modi: usare zanzariere a maglia molto fitta (i pappataci sono più piccoli delle zanzare), applicare repellenti specifici, evitare di tenere luci accese vicino a finestre aperte di sera. Per gli animali domestici, in particolare i cani, è fondamentale l’uso di collari o pipette antiparassitarie con effetto repellente e l’adozione di strategie per ridurre il contatto notturno con l’esterno.

Ma serve anche un lavoro culturale: riconoscere il problema, informarsi, e non sottovalutare la presenza di questi piccoli insetti “silenziosi”.

I pappataci, sebbene poco conosciuti rispetto ad altri insetti, rappresentano una minaccia reale per la salute umana e animale. Conoscere il loro comportamento, il ciclo vitale e le malattie che possono trasmettere è il primo passo per proteggersi. La prevenzione resta la strategia più efficace per convivere in sicurezza con questi piccoli, ma insidiosi, insetti.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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