Danilo Ballo: i Pooh e “Parsifal – L’uomo delle stelle”

Danilo Ballo è una delle figure più influenti della musica. Da oltre 25 anni cura gli arrangiamenti dei Pooh e ricopre il ruolo di direttore tecnico e tastierista nei loro concerti. Ha collaborato con artisti globali, con due nomination ai Latin Grammy Awards, e ora si prepara a lasciare un’impronta indelebile con “Parsifal”, un’opera prog che fonde le musiche di Roby Facchinetti con le liriche di Valerio Negrini e Stefano D’Orazio.

In vista del 60° anniversario dei Pooh nel 2026, questo progetto rappresenta una pietra miliare della musica italiana, consolidando ulteriormente la sua carriera straordinaria. Un’intervista esclusiva con Gae Capitano per scoprire i segreti di un artista leggendario e il suo lavoro.

i pooh nella formazione di "dove comincia il sole"
Danilo Ballo e i Pooh

Dove sono finiti i sogni che avevamo da bambini?

Una domanda semplice, ma carica di malinconia, perché appartiene alla storia di ciascuno di noi. Eppure, troppo spesso, svela una verità dolorosa: la vita, a poco a poco, ci sottrae i sogni mentre diventiamo grandi e il tempo scivola via.

Ho avuto l’onore di scrivere, insieme a Max e Francesco Gazzè, il brano “Il Dio delle piccole cose” per il pluripremiato album “Il padrone della festa” dei cantautori romani Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè. Un’opera che è stata celebrata con un film intitolato “Un passo alla volta”, uscito pochi giorni fa, e che racconta il leggendario concerto al Circo Massimo, dove cinquantamila persone hanno festeggiato il decennale del disco.

In quel brano, ho cercato di esprimere proprio questa riflessione: “Chissà se questo Dio immaginato – che raccoglie per noi le cose che perdiamo nel corso della vita – sa dove finiscono le chiavi e gli orecchini che smarriamo distratti, e se ricorda ancora le preghiere e i fantasmi che ci appartenevano quando eravamo bambini”.

Sogni e preghiere: un legame invisibile

Credo che le preghiere e i sogni siano intrecciati da un filo invisibile, separati solo da un solco impercettibile.

Il celebre incipit interpretato da Ilene Woods in “A Dream Is a Wish Your Heart Makes” nella Cenerentola della Disney del 1950, ci ricorda da sempre che i sogni son desideri. Se lo sono, allora – come in un’equazione algebrica e logica – i desideri si rivelano essere, in fondo, preghiere silenziose.

Preghiere che rivolgiamo, consapevolmente o meno, a un’entità, quella che più si avvicina alla nostra visione dell’universo. Alla fine, però, non facciamo altro che dare nomi diversi alla stessa nostalgia che non sappiamo definire: aspirazioni, speranza, visioni. È quella voglia di portare la parte migliore di noi verso traguardi speciali.

La purezza dei sogni infantili

Quante volte, quando eravamo piccoli, abbiamo immaginato potessero diventare realtà, senza limiti, senza paura, perché l’universo stesso sembrava ascoltarci, assecondarci, coccolarci nel nostro piccolo mondo di fantasia? Quante volte abbiamo creduto che nulla fosse impossibile? Perché, in fondo, ogni sogno di un bambino ha una purezza che non conosce confini, una forza che riesce a scalfire le barriere più alte, persino quelle che la vita erige nel corso degli anni.

Un sogno che si realizza

Un sogno che si è realizzato – partendo dal dono di un immenso talento e una visione professionale internazionale – è quello che ci racconterà la chiacchierata con il nostro ospite di questa puntata.

Una storia che parte da lontano. Quella di un bambino che sognava di salire sul palco di una delle formazioni più amate della musica italiana: I Pooh.

Oggi, quel sogno è diventato realtà. Da più di venticinque anni, questo grande musicista è l’artefice del suono di Red Canzian, Roby Facchinetti, Dody Battaglia e del compianto Stefano D’Orazio, e ha legato in modo inscindibile il suo nome a quello leggendario dei Pooh.

Un talento internazionale

Naturalmente nel corso della sua carriera si è occupato di innumerevoli progetti internazionali. Arrangiatore, autore, produttore, polistrumentista, sound engineer, con due nomination ai Latin Grammy come ingegnere del suono, questo artista ha saputo unire il suo talento a un sogno che non ha mai smesso di inseguire e che continua ad affascinare con la sua firma sonora.

Il cammino dei sogni

Lo scrittore brasiliano Paulo Coelho nei suoi libri L’Alchimista e Il Cammino di Santiago, ci ricorda che “La vita risiede nel cammino che intraprendiamo per realizzare i nostri sogni”. E che – sebbene a volte nascosti al mondo – quei sogni, non smettono mai di esistere nel nostro io più profondo. Quell’io ferito dalle porte chiuse in faccia. Dall’inevitabile disincanto di vivere. Spesso distratto nell’inseguire chissà cosa.

Ecco, forse il segreto dei sogni sta tutto qui: nel non smettere mai di credere in loro. Anche quando la vita sembra metterci alla prova. Anche quando la realtà ci sembra più grande dei nostri desideri.

E, chissà… forse l’universo davvero ci ascolta. E, qualche volta, ci restituisce ciò che abbiamo sognato quando eravamo bambini.

Signore e Signori, su Masterclass, la rubrica di Zetatielle Magazine dedicata alle eccellenze della musica italiana, il Maestro Danilo Ballo.

danilo ballo intento a cantare durante un concerto
Danilo Ballo durante un concerto

Danilo Ballo: Innovazione e Collaborazioni Internazionali

Una delle personalità più rispettate e poliedriche nel panorama musicale italiano e internazionale.

Tastierista, arrangiatore, autore, producer, docente, endorser, compositore e direttore d’orchestra – la sua carriera si estende su oltre due decadi e ha saputo conciliare tradizione e sperimentazione, facendo di lui un vero punto di riferimento per l’industria musicale.

Nato nel 1967 in una famiglia di musicisti, fin da piccolo sviluppa una passione per la musica, cominciando a suonare la batteria all’età di tre anni, ispirato dal padre, anch’egli batterista professionista. Con il passare degli anni, però, il suo percorso musicale si amplia, e si dedica al pianoforte, perfezionandosi sotto la guida dei maestri Giuseppe Marafioty e Maurizio Broussard, mentre alimenta un crescente interesse per la musica elettronica e la sperimentazione sonora.

Il suo ingresso nel mondo della musica professionale avviene grazie all’incontro con il produttore Emanuele Ruffinengo, che lo introduce all’ambito degli arrangiamenti, dove si distingue per la sua visione artistica e il suo approccio innovativo.

Da quel momento in poi, Danilo Ballo si fa conoscere come una figura di spicco della scena musicale, collaborando con artisti di fama internazionale e diventando un nome di riferimento nel panorama musicale europeo e latinoamericano.

Il Contributo ai Pooh: Rinnovamento e Successo

Nel 2000, Danilo Ballo entra a far parte dei Pooh, storica band italiana che ha segnato la musica pop-rock per oltre cinquant’anni.

In qualità di arrangiatore, tastierista e co-direttore artistico, il suo apporto al gruppo è fondamentale per il rinnovamento sonoro della band. Uno dei momenti più significativi del suo percorso con i Pooh è la realizzazione dell’album Cento di queste vite, che segna una nuova direzione musicale per il gruppo, introducendo nuovi elementi stilistici e arrangiamenti innovativi.

La sua influenza non si limita al lavoro in studio: Danilo contribuisce anche alla realizzazione di importanti produzioni teatrali, a partire dal musical “Pinocchio”, che segna un punto di svolta nel repertorio dei Pooh. A questa produzione seguono altre opere teatrali di successo, come “Aladin”, “Il pianeta proibito” e “Alice nel paese delle meraviglie”, che consolidano la sua esperienza nel campo delle produzioni musicali per il teatro.

Nel contesto dei Pooh, Danilo Ballo si è sempre contraddistinto per la sua abilità nel fondere sonorità moderne e classiche, costruendo un ponte tra il passato e il presente nel repertorio della band italiana più longeva.

Riconoscimenti mondiali

La carriera di Danilo Ballo è caratterizzata da un ampio spettro di collaborazioni internazionali

Il suo talento lo porta a lavorare con alcuni dei nomi più prestigiosi della scena musicale mondiale, tra cui Alejandro Sanz, Paco De Lucia, Ana Belén, Celine Dion, Rod Stewart, Massive Attack e Francis Lai. Una delle sue collaborazioni più significative è con Alexandre Pires per l’album Estrella Guía, che gli vale una nomination ai Latin Grammy Awards nel 2001, cementando la sua reputazione come arrangiatore di livello internazionale.

Il suo impegno nel mondo orchestrale è altrettanto rilevante: Ballo ha lavorato con alcune delle orchestre più prestigiose al mondo, tra cui l’Orchestra della Scala di Milano, la Czech Philharmonic Orchestra e la World Rock Symphonic Orchestra of Canada.

Nel 2008, ha diretto l’orchestra al Festival di Sanremo, accompagnando Daniele Battaglia. La sua esperienza si estende anche in ambito televisivo, dove ha diretto artisti del calibro di Lucio Dalla, Claudio Baglioni, Gigi D’Alessio, Ornella Vanoni, in trasmissioni di grande successo come Ti lascio una canzone, X Factor, I migliori anni e Wind Music Award.

Parsifal – L’uomo delle stelle

Nel marzo del 2025, viene presentata una delle sue opere più ambiziose: Parsifal – L’uomo delle stelle, con le musiche di Roby Facchinetti e le liriche di Stefano D’Orazio e Valerio Negrini.

Il progetto, è una rilettura dell’omonima suite dei Pooh del 1973. «Parsifal» è una delle pietre miliari del progressive italiano, sesto album dei Pooh e riferimento assoluto per gli appassionati. Racconta le gesta del cavaliere mitologico Parsifal, un personaggio simbolo di purezza e rettitudine. Unisce il prog rock con sonorità moderne.

Il risultato finale è una vera epopea sonora: due CD, 44 tracce, due ore di musica sinfonica, l’esecuzione della Budapest Art Orchestra e dell’Orchestra Ritmico Sinfonica Italiana, sotto la direzione del maestro Diego Basso. In scena, un cast vocale d’eccellenza: Giada Maragno, Petter Bjällö, Federica Alcione, Fabrizio Voghera, Christian Iansante, le Pobega e Federica Basso. Un evento unico che diventerà uno spettacolo teatrale.

parsifal - la copertina dell'opra rock
Danilo Ballo e il cast di “Parsifal”

Masterclass: l’intervista a Danilo Ballo

“L’incontro con Danilo è legato all’ uscita del suo ultimo progetto, “Parsifal, l’uomo delle stelle”. Un’opera straordinaria realizzata con Roby Facchinetti, per la quale ha curato tutti gli arrangiamenti, dirigendo una grande orchestra e un team di professionisti di altissimo livello.

Danilo lavora attualmente a Torino, quindi questa volta si gioca in casa. L’appuntamento ha luogo in una tiepida giornata di marzo da “Angelino”, uno dei locali che si affacciano sulle rive placide del fiume Po. Reso ancor più affascinante dal sole, dal clima mite di un primo accenno di primavera, dai passanti che si spostano lenti tra il cielo azzurro e il riflesso dell’acqua. Mentre i canottieri si allenano sul fiume, controcorrente, aggiungendo un tocco di poesia alla scena.

Le pareti del locale sono tappezzate di fotografie di calciatori, cantanti e divi del cinema. Chiedo a Danilo se la sua foto è tra quelle e, con un sorriso, mi risponde di no. Ci sistemiamo a un tavolo che guarda verso gli alberi lungo il corso, mentre ordiniamo alcune specialità piemontesi, fiore all’occhiello sia dello chef che di questo storico ristorante.

Danilo possiede una gentilezza rara, una conoscenza profonda e un’arte della conversazione sopraffina. Qualità che, pur essendo amici da molti anni, continuano a stupirmi e affascinarmi. Mentre aspettiamo che ci venga portata una bottiglia di vino – scelta da lui con indiscutibile competenza – mi sorprende più volte, indovinando l’altezza dei suoni naturali che riempiono il locale (tintinnii di bicchieri, posate che si toccano, vocali nel chiacchierio dei clienti), grazie al privilegio del suo orecchio assoluto.”

Ci siamo spesso ritrovati a parlare di musica e cucina. Sei un buon cuoco?

«In famiglia tutti cucinavano, e mio padre è stato anche ristoratore. La passione per la cucina è sempre stata parte di me, alimentata da anni trascorsi tra orchestre e sagre, che hanno affinato il mio palato. Poi, a un certo punto, ho iniziato a cucinare io stesso. Come musicista, ho imparato a usare il tatto e l’olfatto, e da lì è nata la curiosità per l’arte culinaria. Oggi, cucino spesso io

«Credo che i sensi siano profondamente interconnessi. Il viaggio sensoriale permette di esplorare e sperimentare, partendo da un colore o un gusto per arrivare a un accordo musicale, per esempio. Un profumo, come quello delle zagare o dei fiori d’arancio in Sicilia durante la fioritura, può evocare immagini mentali che ispirano suoni e sensazioni

Partiamo da lontano. Nel 1999 hai avuto l’opportunità di proporti come nuovo arrangiatore dei Pooh.

«Un vero e proprio passaggio di testimone che ho ricevuto da un grande maestro, Emanuele Ruffinengo, che per anni si era occupato della produzione dei Pooh. Lo avevo incontrato al Carisma Studio di Biagio Puma, a Torino, e insieme avevamo lavorato sulla parte multimediale dell’album “Amici per sempre”, che includeva sia basi musicali che un tour virtuale dello studio di registrazione

«In quel periodo, Emanuele seguiva anche Alejandro Sanz, un talentuoso artista spagnolo che, sotto la sua guida, avrebbe poi raggiunto fama mondiale. Fu proprio Emanuele a suggerirmi di considerare l’idea di prendere il suo posto, affinché potesse concentrarsi completamente sulla carriera di Sanz, lasciando il progetto Pooh a una persona di cui si fidava

Com’è stato lavorare con Ruffinengo?

«Emanuele è una persona estremamente equilibrata. Un pianista raffinato, capace di destreggiarsi tra pop e jazz, un vero artigiano del suono. Ma anche un appassionato di tecnologia, strumenti analogici, innovazioni e software

«In studio, mi concedeva piena libertà creativa. Non interveniva mai direttamente. Arrivava, si sedeva, ascoltava con attenzione. Non metteva mai mano al mio lavoro, e solo se lo riteneva importante, suggeriva piccoli perfezionamenti. Era come avere un Canavacciulo a Masterchef, un maestro che ti supervisiona con la sua inarrivabile esperienza. Seguire i suoi suggerimenti è stato un vero privilegio

Il primo provino con i Pooh

Come ti sei preparato per il tuo primo provino con i Pooh, cercando di armonizzare il tuo approccio con quello di Ruffinengo?

«Sono entrato in studio con determinazione, ma senza alcuna timidezza. Ho cercato di dare una visione chiara del risultato finale che intendevo ottenere, già marcando la mia firma sonora

«Mi furono affidati dei demo di brani inediti. Il mio obiettivo era costruire arrangiamenti che potessero valorizzare la band, per poi adattarli alle sonorità del momento. Ho cercato di creare atmosfere che riflettessero le singole caratteristiche dei membri del gruppo, puntando su una visione originale e personale

danilo ballo e i pooh
Danilo Ballo, Phil Mer e i Pooh

Cosa ricordi del primo ascolto dei provini?

«Quando, alla presenza dei Pooh, di Emanuele Ruffinengo, ascoltammo i provini, Dody alla fine del primo brano si alzò dal divano – uno di quelli immancabili in ogni studio di registrazione – mi diede la mano e mi fece i complimenti. Era evidente che avesse apprezzato il mio approccio al suono della band e il modo in cui avevo concepito l’architettura delle chitarre.»

«Le demo non furono affatto casuali; erano già ben strutturate e conquistarono l’approvazione di tutti. Due dei tre provini divennero gli arrangiamenti ufficiali del disco. Sui quali sostituimmo gli strumenti elettronici con quelli veri, per restituire il sound leggendario della band, con un suono più autentico e organico

Un sound su cui aveva lavorato anche Fio Zanotti, uno dei più grandi arrangiatori italiani.

«Anche lui aveva contribuito al suono dei Pooh in alcune produzioni. Conobbi Fio, il Maestro Fiorenzo Zanotti, prima di Ruffinengo. Da lui ho imparato il vero senso dell’estetica musicale. Le sue produzioni erano caratterizzate da una bellezza sonora unica, che curava gli spazi e le profondità in modo quasi maniacale

Quali macchine hai utilizzato per quei provini?

«Erano ancora lontani i primi virtual instruments veramente competitivi. Per i miei provini, utilizzai quindi macchine fisiche: un espander Roland XV-5050 a 64 voci, un campionatore E-Mu 6000 128 Mega con hard disk interno e diverse librerie.

Hai portato nel mondo sonoro dei Pooh una firma molto curata, anche dal punto di vista tecnico. Come hai raggiunto questa qualità nelle tue produzioni?

«Ho l’onore di essere stato nominato ai Latin Grammy come ingegnere del suono, un riconoscimento che sottolinea la mia ricerca incessante della qualità. La mia volontà è sempre stata quella di curare ogni aspetto del suono che creavo, come arrangiatore, affinché ogni fase della produzione avesse un senso nel risultato finale che l’ascoltatore percepiva

«Per fare questo, mi sono sempre “impicciato” anche del lavoro del fonico. E ho avuto la fortuna di collaborare con alcuni dei migliori del settore, come Renato Cantele, Maurizio Biancani, Francesco Luzzi, Roberto Maccagno e Sabino Cannone. Grandi fonici che univano una profonda conoscenza della fisica del suono a un’esperienza immensa

Le batterie nelle tue produzioni sono sempre incredibili. C’è un segreto dietro?

«Una filosofia di pensiero, probabilmente. Mio padre era batterista, quindi posso dire che un po’ lo sono anche io. La batteria riveste un ruolo fondamentale nel mio suono. Il Maestro Bigazzi era solito dire: “Il rullante c’è, la voce c’è, ora possiamo aggiungere tutto il resto”

«Le mie esperienze con Stefano D’Orazio iniziano già nel lontano 1995. Per esempio, i suoni che hanno caratterizzato il suo sound per molti anni, sono stati realizzati nel 2006, in occasione del quarantennale del gruppo. Siamo stati precursori dei tempi per l’utilizzo dei trigger – i sensori elettronici applicati ad un tamburo o un piatto della batteria– che oggi sono uno standard consolidato di lavoro. C’era molta collaborazione tra noi, sia in studio che nei live. »

daanilo ballo e i pooh sul palco
Danilo Ballo, Phil Mer e i Pooh sul palco

Il set di tastiere

Qual è il tuo attuale set di tastiere sul palco? Quelle utilizzate per il “Poohday” a San Siro, per esempio.

«Attualmente, utilizzo una Nord Electro 3, che impiego principalmente per gli organi e alcuni suoni elettromeccanici. In aggiunta, ho una Korg Kronos e due tastiere Arturia, una per ogni postazione

«Una Arturia funge da seconda tastiera master, replicando le impostazioni della Kronos, mentre l’altra è una Arturia Astrolab, equipaggiata con tutti i pacchetti Augmented String, Piano, Choir, e una collezione di suoni campionati che uso con automazioni e program change. Ho infine un controller e il mio portatile personale»

«Mi piace lavorare con un set completo, disponibile in ogni angolazione, poiché, quando suono, desidero concentrarmi esclusivamente sull’esecuzione, sia tecnica che emozionale

Per i suoni di pianoforte, cosa preferisci utilizzare?

«È importante fare una distinzione tra i pianoforti utilizzati in studio, a cui si può dedicare tempo per ricercare il suono perfetto, e quelli live, che devono essere immediati e capaci di “farsi ascoltare” senza troppa preparazione

«I Nord Piano e Nord Stage sono eccellenze nella seconda categoria, apprezzate da molti colleghi. Personalmente, preferisco il piano virtuale della libreria Addictive Keys di Omnisphere, un coda 88 tasti con una modifica alla microfonazione, che privilegia microfoni posizionati vicino alle arpe

Riverberazioni?

«L’alternanza tra passaggi sonori “asciutti” e quelli arricchiti da effetti ambientali è un elemento chiave nell’arrangiamento. Personalmente, amo usare delay e riverberi in modo creativo. Prediligo l’LX480 della RELAB, che emula in modo eccellente il suono delle macchine Lexicon originali, o il Valhalla Shimmer, un riverbero lungo e morbido che conserva un’eccezionale dinamica, evitando che le code delle note precedenti si sovrappongano.»

Qual è il tuo set da studio di registrazione?

«Per il mio studio, ho scelto di costruire una vasta gamma di possibilità sonore, selezionando case produttrici diverse, per avere a disposizione la timbrica esatta che cerco per le mie produzioni. Logic è sempre il cuore del sistema»

«Nel mio arsenale sonoro, la libreria Kontakt offre una vasta gamma di suoni. Quando lavoro su timbri eterei, come quelli dei pianoforti, apprezzo particolarmente le librerie The Giant, Noire e Una Corda. Inoltre, Piano Colors di Native Instruments è una scelta estremamente versatile, ideale per aggiungere una texture ambientale ricca e suggestiva.»

Sul palco con i Pooh ti occupi anche della parte tecnica?

«Sì, ricopro il ruolo di responsabile tecnico-musicale. Mi occupo della parte tecnica legata alla gestione dei sequencer e delle tastiere, ma anche della parte musicale, fungendo da punto di riferimento per tutte le richieste relative al concerto

I Pooh e le orchestre sinfoniche

Nella tua produzione hai dovuto anche cimentarti con le orchestre classiche. Come è stato questo approccio?

«Da molti anni, scrivo per orchestre d’archi, un’attività che richiede grande precisione. Ogni composizione deve rispettare le estensioni degli strumenti, le articolazioni e la conformità della scrittura. In passato, con Ruffinengo, abbiamo utilizzato piccoli gruppi di archi veri per doppiare i suoni dei campioni, con l’intento di dare l’illusione di un’orchestra dal vivo

«Successivamente, l’esperienza si è evoluta verso l’uso di un’orchestra completa, come nel progetto con Sony Classical per il baritono greco Mario Frangoulis, noto anche per il suo ruolo in musical come “Les Misérables” nel West End. In questa occasione, la scrittura sinfonica è stata diretta dal grande Josè Antonio Molina, un direttore d’orchestra di fama internazionale

«La mia collaborazione con le orchestre vere si è formata partendo dalla scrittura virtuale del mio ruolo di arrangiatore. Agli albori utilizzavo librerie di suoni per separare i singoli strumenti. Una volta raggiunto il risultato desiderato, passavo alla registrazione audio, prestando attenzione a simboli, dinamiche (forte & piano) e puntature, per realizzare una rappresentazione il più possibile fedele all’esecuzione finale. Avendo la possibilità di poter far ascoltare il risultato che cercavo.»

«Oggi utilizzo altre tecniche, ma alcuni passaggi rimangono uguali e fondamentali. Come l’incontro e il confronto con il direttore d’orchestra -o il primo violino- per definire le arcate e affinare ulteriormente i dettagli della pre produzione. Queste figure fanno da intermediari, comunicando con i maestri dell’orchestra nel corretto linguaggio, per garantire la perfetta esecuzione

Prima esperienza orchestrale, con i Pooh?

«Fu per l’album “Pinocchio”, uscito nel novembre 2002, registrato come anteprima del musical che debuttò l’anno successivo, prodotto dalla Compagnia della Rancia di Saverio Marconi. In quel progetto utilizzammo una piccola formazione per integrare gli archi campionati. Successivamente, il confronto con la componente orchestrale divenne sempre più raffinato.»

«Nel 2008, per Beat Generation”, utilizzammo un’orchestra di 20-25 elementi, pluridoppiata, con quasi totale assenza di campioni. Nel 2011, per il tour dell’album “Dove comincia il sole”, organizzammo una serie di concerti all’estero, a cominciare dal Canada, più precisamente a Niagara Falls, al Fallsview Casino Hotel. Lì, suonammo con una formazione semi-sinfonica, non completa, ma comunque numerosa. Successivamente, a Sofia, in Bulgaria, ci esibimmo con un’orchestra sinfonica completa. Un’esperienza bellissima che puoi trovare immortalata in un video disponibile su YouTube sotto il titolo “Pooh, Live in Sofia”.»

Condividi la tua esperienza di musicista con Valeria Caponnetto Delleani.

«Ho la fortuna di condividere vita, palchi, sogni con Valeria, in arte Valy Elle. Con i suoi ruoli di cantante e vocal coach con oltre 20 anni di esperienza, è un punto fermo dei miei progetti. Abbiamo lavorato insieme nei dischi di Tommy Emmanuel, Dodi Battaglia e Roby Facchinetti. Ha partecipato a programmi televisivi come “Uno Mattina” e “Domenica In”, e ha preso parte a eventi prestigiosi, come il concerto al Duomo di Milano per il 1700º anniversario dell’Editto Costantiniano, dove ha composto con me le musiche originali. Siamo insieme anche nell’ultimo straordinario progetto pubblicato in questi giorni

un collage di immagini
Danilo Ballo e Family in un collage di immagini

“Parsifal” l’ultimo grande progetto

Parlaci di “Parsifal”. Da dove nasce questo progetto e come si è sviluppato?

«“Parsifal” è nato come un’idea di musical. Concepita da Roby Facchinetti, con le liriche di Stefano D’Orazio e Valerio Negrini

«L’intento era trasformare la canzone del 1973, un vero e proprio cult per gli appassionati del gruppo, in una narrazione compiuta. Inizialmente, l’obiettivo era raccontare la storia di Parsifal: la sua nascita, la figura materna, la sua visione dei cavalieri e, soprattutto, la sua lotta interiore come cavaliere senza macchia e senza paura. Il tutto è stato sviluppato in un programma musicale di due ore, arricchito da interpreti, coreografie e una produzione teatrale. Così, “Parsifal” si è trasformato in un’opera completamente musicale, con pochissimi interventi parlati.»

«Pur essendo originariamente concepito come un’opera musicale, un musical, “Parsifal” ha subito un’evoluzione, venendo pubblicato come doppio CD e con l’intento di essere portato sui palcoscenici teatrali sotto forma di recital. In questa nuova configurazione scenica, il palcoscenico ospiterà una scenografia progettata per unire armoniosamente tecnologia e tradizione, con l’orchestra, la band e gli interpreti sullo stesso piano. Accanto a loro, grandi schermi proietteranno immagini dinamiche e ambientazioni visive, contribuendo a creare un’esperienza multisensoriale che arricchisce e amplifica la fruizione complessiva dell’opera.»

“Parsifal” ha mantenuto il tuo stile sonoro, ricco e complesso?

«La presenza di due orchestre da 60 elementi ciascuna, una doppia orchestra d’archi per un totale di 120 musicisti – dirette dal Maestro Diego Basso, direttore di fama internazionale – è stata affiancata da una sezione ritmica con batteria, basso, tastiere e chitarre, oltre a fiati, legni, percussioni, arpe e cori. Questo ha dato vita a un tessuto sonoro ricco e complesso, in grado di produrre un muro sonoro potente e stratificato. I cori sono stati registrati in due sessioni: una a Budapest, con coristi lirici, e l’altra in Italia, con il “Grande Coro Hope” diretto da Massimo Versaci, che aveva già partecipato al tour dei Pooh nel 2023.»

«Marco Barusso, sound engineer, ha gestito le oltre cinquecento tracce che gli avevo fornito. Come di consueto, molte di queste erano già calibrate per inserirsi armoniosamente in un panorama sonoro denso e complesso, mentre altre sono state sviluppate attraverso un continuo “work in progress”. Durante le registrazioni di uno strumento, infatti, Marco iniziava subito a “compattarlo” nel progetto, modellandolo in tempo reale. Questo modus operandi è stato possibile grazie alla sua intelligenza e esperienza, che gli hanno permesso di completare rapidamente, e in modo magnifico, l’intero lavoro.»

Autore e sognatore

Ti conosciamo tutti come grande arrangiatore e musicista. Dal punto di vista autorale?

«Sono una persona ipercritica. Quando lavoro ad un arrangiamento sono molto puntiglioso e cerco di fare molta attenzione ai dettagli, tecnici ed emozionali. Nel campo della scrittura utilizzo lo stesso atteggiamento. Ho una scrittura esigente, spostata per preferenze personali verso l’oceano atlantico. Un modus contaminato dalla romanticità della musica latina e dalle fascinazioni jazz portate dagli americani nella musica partenopea, come quella di Pino Daniele. Nel tempo mi sono accorto di essere più naturale in quelle visioni che non amano seguire i diktat commerciali. Ed essendo anche molto occupato, ho lasciato l’attività autorale in secondo piano

Un’ultima domanda. Hai detto che da bambino sognavi i palchi maestosi dei Pooh. Da venticinque anni sei un pilastro fondamentale di questa grande e unica band italiana. Credi al caso, alla fortuna o alla legge di attrazione?

«I dischi dei Pooh facevano parte della mia collezione familiare sin da quando ero bambino. Intorno ai sette o otto anni, trascorrevo il mio tempo disegnando e sognando i palchi spettacolari dei loro concerti: batterie con doppia cassa, colonne di tastiere illuminate, luci stroboscopiche che tagliavano l’aria e i primi laser mai visti in Italia. Cantavo le loro canzoni, accompagnandomi con il mio primo organo Bontempi.»

«La persona che più ha creduto in me è stato Ruffinengo, un collaboratore dei Pooh, che un giorno mi ha dato l’opportunità di realizzare quel sogno. Un incontro speciale, che nella mia storia personale sembra evocare un qualche tipo di trama. Credo che il vero segreto sia nel lavorare con perseveranza, essere professionalmente onesti e continuare a credere ai propri obiettivi.»

«Crescendo, la vita spesso ostacola i nostri sogni, cercando di deriderli e soffocarli. Ma se non permettiamo che ciò accada, sono convinto che nel tempo questi sogni possano davvero manifestarsi

«Perché i nostri sogni da bambini sono quelli più potenti e puri. Sono palloncini colorati che affidi all’universo. E qualche volta un piccolo miracolo può accadere

danilo ballo e i pooh sul palco
Danilo Ballo e i Pooh in concerto

La storia di Danilo Ballo dimostra che i sogni – quando sono animati dalla passione e dalla determinazione – possono prendere vita, superando il confine dell’immaginazione. Il suo cammino non è solo il risultato di un talento raro. Dietro la sua musica, c’è una ricerca costante, un filo invisibile che unisce il passato e il futuro, la visione e la purezza dell’arte. In questo viaggio, il sogno si è fatto filosofia di vita.

E così, Danilo ha lasciato il segno di chi ha saputo trasformare l’immaginazione in realtà.

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“Parsifal” l’album progr sinfonico dei Pooh

Gae Capitano
Gae Capitanohttps://gaecapitano.it/
Paroliere, compositore, arrangiatore e musicista italiano. Disco d’Oro – Disco di Platino – Finalista Premio Tenco – Vincitore Premio Lunezia Autori- Vincitore Premio Panchina, Resto del Carlino – Vincitore Premio Huco- Finalista Premio De Andrè – Valutazione Ottimo Mogol e Docenti Centro Europeo di Toscolano