Franco Mussida: “Il bimbo del Carillon” racconta la sua vita

Franco Mussida: “Il bimbo del carillon”. Un omaggio sincero alla Musica come linguaggio universale, specchio dell’anima e strumento di indagine per conoscere se stessi

Parlare di Franco Mussida non è mai un gesto neutro, soprattutto per chi, come me, ha ascoltato ogni disco della Premiata Forneria Marconi fino a saperne a memoria ogni assolo, ogni sfumatura, ogni passaggio armonico. Ma per me, Mussida non è solo il leggendario chitarrista della PFM: è un maestro, un artista totale, e, posso dirlo con orgoglio, una persona che ho avuto l’onore di conoscere di persona e incontrare più volte. E ogni incontro, ogni stretta di mano, ogni scambio di parole, è stato un pezzo di musica che prendeva forma fuori dal pentagramma.

Il bimbo del carillon

Nato a Milano nel 1947, Franco Mussida ha fondato nel 1970, insieme a Flavio Premoli, Franz Di Cioccio e Giorgio Piazza, quella che sarebbe diventata la band italiana più importante di sempre nel panorama del rock progressivo: la PFM. E sì, dico “più importante” senza esitazioni perché, se c’è un chitarrista che ha saputo portare la musicalità italiana in territori internazionali con una raffinatezza senza compromessi, è proprio lui.

Ed è proprio guardando indietro, alle sue origini, che Mussida ha sentito il bisogno di raccontarsi in un romanzo autobiografico: “Il bimbo del carillon” (edito da Salani Editore). Come lui stesso ha spiegato, «questo libro racconta le esperienze di un bimbo che, scoperto un Carillon, sceglie le orecchie per orientare la sua vita». Una scelta poetica, certo, ma anche profondamente concreta per chi, come lui, ha sempre trovato nei suoni un altro pianeta da abitare.

Una chitarra che racconta l’anima

La sua chitarra, acustica o elettrica che sia, è sempre stata il cuore emotivo della band. Non si tratta solo di tecnica (che è fuori scala), ma di espressività pura. Basta ascoltare la limpidezza di Impressioni di settembre, l’impeto lirico di La Carrozza di Hans, la delicatezza struggente di È festa (sì, anche quella può essere struggente, se la suona Mussida), o i dialoghi prog-jazz che costruisce in Jet Lag. La sua è una chitarra che canta, che respira, che riflette. Non accompagna: conduce.

La musica, per lui, non è mai stata solo note e accordi. È stata una forma di energia che si sprigionava da dentro, fin da piccolo. «Volevo osservare l’evoluzione di un rapporto con i suoni che fin da piccolo mi si sprigionavano dentro dicendomi che custodivo un altro pianeta», ha raccontato. Una dimensione parallela, che ha sempre associato alla Natura, e che ora ha deciso di esplorare nel suo romanzo scegliendo un luogo simbolico: «così, per unire i nodi del filo rosso del Karma e viaggiare con l’occhio del ricordo, ho scelto come luogo un’oasi, quella di Ninfa, nella pianura Pontina. E lì, ripensare alla Musica come l’unica gioia capace di far felice la mia famiglia».

franco mussida in primo piano nella copertina del suo libro autobiografico, il bimbo del carillon

Dal palco alla formazione

Ma Franco Mussida è andato ben oltre la PFM. Dopo aver attraversato decenni di musica con uno spirito sempre curioso e innovativo, ha fondato il CPM – Centro Professione Musica, che è stato ed è un faro per intere generazioni di musicisti italiani. In lui ho sempre visto qualcosa che travalica il ruolo dell’esecutore o del compositore: è un pensatore della musica, un vero umanista del suono.

Negli anni ha portato avanti ricerche straordinarie sull’impatto della musica sulle emozioni, sulla coscienza, sul comportamento umano. Ha scritto libri, ha collaborato con il mondo carcerario e quello educativo, dimostrando che la musica, la sua musica, non è solo intrattenimento o virtuosismo, ma strumento di trasformazione interiore e sociale. Lo ha detto lui stesso, con quella lucidità che gli appartiene: «il libro si lega alla generazione che intuì il vero potere del mondo del suono: quello che unisce, che ci rende consapevoli di possedere un secondo Cuore, quello che ospita la circolazione dei desideri e delle pulsioni che spingono all’azione».

I suoi lavori solisti

I suoi lavori solisti, come Racconti della tenda rossa o Il Pianeta Della Musica e il viaggio di Iòtu, sono viaggi visionari che riflettono la sua continua ricerca spirituale e filosofica. Ogni nota è meditata, mai gratuita. Ogni silenzio, voluto. In fondo, Mussida è sempre rimasto fedele a un’idea potente: che la musica possa cambiare davvero le persone. «Si diceva che la Musica avrebbe cambiato il mondo. La sua natura non verbale può cambiare l’uomo, eccome può cambiarlo, per questo rimango ancora di questo parere».

L’uomo dietro l’artista

E poi c’è lui, l’uomo. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo sa che Franco è esattamente come la sua musica: gentile, profondo, generoso, curioso. Mai banale, mai distante. Ogni volta che l’ho incontrato ho avuto la sensazione di trovarmi davanti a qualcuno che ascolta davvero, che non si è mai montato la testa, nonostante abbia scritto alcune delle pagine più alte della musica italiana.

Franco Mussida non è solo un grande chitarrista. È la voce emotiva di una generazione, e forse di più generazioni. È uno di quelli che non ha mai smesso di cercare, di porsi domande, di camminare sul crinale tra tecnica e anima. E chi lo conosce, personalmente o attraverso le sue note, sa che in lui la musica è sempre stata, e resta, una forma d’amore.

Potrebbe interessarti:

PFM: “Suonare suonare” tra innovazione e tradizione

Potete seguire Franco Mussida su Facebook, Instagram, sul sito ufficiale e sul canale YouTube.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.
Logo Radio