Poemi della terra nera: arte, mito, materia viva a Villa Borghese

Villa Borghese apre le sue sale a una voce potente dell’arte contemporanea: l’artista keniota e americana Wangechi Mutu. La mostra, intitolata Poemi della terra nera e curata da Cloé Perrone, non si limita a presentare opere, ma propone una visione, un racconto stratificato in cui materia, mitologia e memoria si intrecciano per trasformare lo spazio e il nostro sguardo.

È la prima volta che Mutu espone nella storica residenza del Cardinal Scipione, e non si tratta di una semplice incursione del contemporaneo nel classico. Il progetto nasce da un dialogo profondo tra poesia e forma, proseguendo il percorso della Galleria nel rileggere i suoi ambienti attraverso l’arte e il pensiero del nostro tempo e, come la mostra recentemente conclusa sul poeta barocco Giovan Battista Marino, è concepito come un intervento site-specific che si sviluppa nelle sale interne del museo, sulla facciata e nei Giardini Segreti, sfida la tradizione classica, attraversando sospensioni, forme frammentate e nuove mitologie immaginate, e crea un dialogo multistrato tra il linguaggio contemporaneo dell’artista e l’autorità antica.

Villa Borghese: un giardino di storia e visioni

Immersa nel cuore di Roma, Villa Borghese è molto più di un parco. È un mosaico di arte, architettura e paesaggio che attraversa i secoli, un luogo dove la natura incontra la cultura in modo armonico e potente. Voluta all’inizio del Seicento dal cardinale Scipione Borghese, mecenate e collezionista, la villa nacque come rifugio artistico e intellettuale. Il suo cuore, la Galleria Borghese, custodisce alcuni tra i capolavori più iconici dell’arte barocca, da Caravaggio a Bernini. Ma ciò che rende unico questo complesso è la sua continua capacità di rinnovarsi.

Tra vialetti alberati, giardini segreti e scorci improvvisi, Villa Borghese è oggi anche un luogo in cui il contemporaneo può trovare spazio senza cancellare la storia, ma riscrivendola in nuove forme. In questo contesto, la mostra di Mutu rappresenta un incontro simbolico e reale tra mondi solo in apparenza distanti.

Galleria Borghese ospita Poemi della terra nera la mostra dell’artista keniota e americana Wangechi Mutu

Poemi della terra nera

Poemi della terra nera non si limita a occupare fisicamente gli spazi della Galleria: li interroga, li sfida e li riconfigura. Mutu ha concepito un progetto site-specific che si estende dalle sale interne fino alla facciata e ai Giardini Segreti. Le sue opere non coprono, non invadono. Si aggiungono come presenze leggere, ma non per questo prive di forza. Bronzo, piume, carta, cera, legno e terra si fondono per dar vita a sculture che sembrano affiorare direttamente dal terreno.

Ogni materiale è una scelta consapevole, ogni elemento racconta qualcosa di ancestrale, di collettivo e di personale. Le opere si sospendono, pendono dal soffitto, si adagiano sui piani come corpi in attesa. Non gridano, ma modificano la percezione dello spazio, costringono il visitatore a fermarsi, a guardare da angolazioni nuove, a mettere in discussione ciò che è dato per scontato.

Il museo come organismo vivo

In un luogo come la Galleria Borghese, dove ogni superficie racconta secoli di storia e potere, il gesto di Mutu acquista una valenza quasi politica. Le sue sculture non cercano di imporsi, ma mettono in discussione la gerarchia visiva tradizionale. L’arte classica non viene oscurata, bensì affiancata da forme nuove, ibride, instabili. Il bronzo, materiale classico per eccellenza, si svuota della sua monumentalità per farsi racconto, voce molteplice, memoria viva.

La mostra non è una semplice esposizione: è un dispositivo narrativo che trasforma il museo in qualcosa di più simile a un corpo in metamorfosi. Un corpo che cambia, che accoglie, che si lascia ferire e attraversare. Un museo che non conserva soltanto, ma che immagina, che sogna e che include.

Storie che affiorano dalla terra

Il titolo della mostra, Poemi della terra nera, racchiude l’intera poetica di Mutu. La terra nera, fertile, umida, simile ad argilla, è un’immagine che ritorna spesso nel suo immaginario. È una terra che genera, che custodisce storie e miti, che accoglie e trasforma. Nei Giardini Segreti, le sculture sembrano spuntare dal suolo, come fossero lì da sempre.

La relazione tra natura e artificio si fa sottile, quasi impercettibile. E in quella soglia tra visibile e invisibile si gioca tutta la forza evocativa della mostra. Opere come Suspended Playtime, First Weeping Head o Water Woman sfidano la logica gravitazionale e materializzano visioni che sembrano uscite da una mitologia ancora in costruzione. Nulla è fisso, tutto è in movimento, anche il linguaggio.

Fuori dalle sale: facciata, giardini e videoarte

La mostra non si esaurisce all’interno. Sulla facciata della Galleria e nei giardini si incontrano opere che dialogano direttamente con lo spazio urbano e naturale. Le cariatidi The Seated I e IV, già esposte al Metropolitan di New York, portano con sé un’eredità pubblica, un confronto tra potere e identità. Sculture come Nyoka o Musa diventano contenitori di significati, vasi simbolici che mettono in discussione la forma idealizzata del corpo e il concetto stesso di rappresentazione. Attraverso il video The End of eating Everything,

Mutu esplora anche la dimensione temporale, offrendo un’esperienza immersiva che espande il senso stesso della mostra. Suoni, rumori, parole: tutto partecipa alla costruzione di un’esperienza che coinvolge mente e corpo, memoria e presenza. Il linguaggio diventa scultura, e la voce si fa materia.

Galleria Borghese ospita Poemi della terra nera la mostra dell’artista keniota e americana Wangechi Mutu

Un invito a guardare altrove

Mutu non ci propone solo opere da contemplare. Ci chiede uno sforzo: quello di guardare con più attenzione, di scendere più in profondità, di rifiutare la narrazione lineare a favore della complessità. Le sue installazioni non interrompono il dialogo con la collezione Borghese, lo amplificano. Ci costringono a chiederci cosa manca, cosa è stato dimenticato, cosa è stato rimosso.

È un invito a cercare i fantasmi che abitano lo spazio, a non fermarsi al visibile, a considerare la storia come qualcosa di aperto e in continua riscrittura. Come afferma la direttrice della Galleria, Francesca Cappelletti, questa mostra ci insegna a vedere con altri occhi. Non si tratta di sostituire una visione con un’altra, ma di accogliere più visioni possibili, di aprire spazio all’ambiguità e alla trasformazione.

Oltre la Galleria: un’altra tappa all’American Academy

Il percorso espositivo prosegue all’American Academy in Rome, dove è presentata Shavasana I, una scultura in bronzo ispirata alla posa yogica del “cadavere”. La figura, distesa e coperta da una stuoia intrecciata, assume un valore fortemente simbolico all’interno dell’atrio dell’Accademia, dove antiche iscrizioni funerarie amplificano il tema della morte, dell’abbandono e della dignità. Un’opera silenziosa ma potentissima, che chiude idealmente il cerchio di una mostra pensata come attraversamento di corpi, storie e spazi.

La mostra Poemi della terra nera si inserisce in un percorso ormai consolidato della Galleria Borghese verso il contemporaneo, dopo le esposizioni dedicate a Giuseppe Penone e Louise Bourgeois. Con il sostegno di FENDI e un ricco programma di incontri dal titolo Esistere come donna, il museo conferma la volontà di aprirsi al presente e alle sue complessità. Non si tratta solo di esporre opere, ma di creare spazi per il pensiero, per il dialogo e per una nuova relazione tra arte, luogo e società.

Info utili

Titolo mostra: Poemi della terra nera
Dove: Galleria Borghese, Piazzale Scipione Borghese 5, Roma
Date: 10 giugno – 14 settembre 2025
Curatrice: Cloé Perrone
Sezioni della mostra:

  • All’interno della Galleria Borghese (sculture, installazioni sospese)
  • Facciata esterna e Giardini Segreti (sculture e video)
  • American Academy in Rome (opera Shavasana I)

Organizzazione: Galleria Borghese (clicca qui per visitare il sito ufficiale)
Sponsor ufficiale: FENDI
Programma parallelo: Esistere come donna – incontri, dialoghi e lezioni (a cura di Electa con Fondazione Fondamenta)

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