Harlan Coben e il mistero seriale: quando Netflix scopre che il vicino di casa è il vero cattivo
Da qualche anno a questa parte, Netflix sembra aver trovato la formula magica del thriller domestico: prendi un quartiere apparentemente tranquillo, aggiungi un segreto inconfessabile, una famiglia perfetta che tanto perfetta non è, e il gioco è fatto. Dietro questa ricetta c’è quasi sempre lui, Harlan Coben, autore americano che ha costruito la propria fortuna sulle crepe della normalità. I suoi romanzi vendono milioni di copie, ma è in TV che le sue storie trovano una seconda giovinezza: più ritmo, più tensione, più drammi borghesi pronti a esplodere.
Le serie tratte dai suoi libri (o supervisionate direttamente da lui) sono un piccolo universo coerente, fatto di bugie, segreti e quartieri residenziali in cui nessuno è davvero innocente. E il bello è che, nonostante la formula sia sempre quella, funziona ancora.
Harlan Coben
Harlan Coben nasce nel 1962 nel New Jersey e da allora non ha mai smesso di trasformare le tranquille periferie americane in campi minati di segreti. Laureato in scienze politiche, esordisce negli anni Novanta con la serie di romanzi dedicata a Myron Bolitar, un ex giocatore di basket diventato investigatore, ma è con i thriller autoconclusivi, Non dirlo a nessuno, Svaniti nel nulla, Il bosco, che conquista milioni di lettori nel mondo.
La sua scrittura asciutta, diretta e piena di colpi di scena lo rende il maestro del “thriller domestico”, un genere che si muove tra il mistero e la quotidianità. Oggi i suoi libri sono tradotti in più di quaranta lingue, e Netflix gli ha affidato la produzione di numerose serie originali tratte dalle sue opere, facendone uno dei pochi scrittori contemporanei capaci di parlare lo stesso linguaggio della piattaforma: rapido, teso e irresistibilmente seriale.
The Stranger
In The Stranger, una donna misteriosa compare dal nulla per svelare a un uomo un segreto che potrebbe distruggergli la vita. Da lì in poi, tutto va in frantumi. La serie inglese, tratta dal romanzo omonimo, è un concentrato di tensione suburbana: famiglie perfette, sorrisi di circostanza e quella sensazione costante che qualcuno sappia più di quanto dovrebbe. Richard Armitage regge il ruolo principale con l’aria di chi si è appena reso conto che la sua vita è un episodio di Black Mirror.
La regia è tesa, i dialoghi taglienti, e Coben non perde occasione per ribadire il suo motto implicito: mai fidarsi di nessuno. Forse il finale corre un po’ troppo, ma la serie resta uno dei suoi adattamenti più solidi, capace di catturare la paranoia del presente senza scivolare nel melodramma.
Safe
In Safe, i cancelli dei quartieri residenziali non servono a proteggere, ma a imprigionare. Michael C. Hall, smesso il grembiule di Dexter, interpreta un padre che cerca la figlia scomparsa e finisce per scoperchiare un vaso di Pandora pieno di menzogne. L’atmosfera è tesa ma non cupa, la scrittura gioca bene con le dinamiche familiari e con l’illusione di sicurezza che ci raccontiamo ogni giorno.
È una serie che parte da un mistero ma finisce per raccontare una comunità in crisi, un microcosmo dove tutti nascondono qualcosa dietro la siepe perfettamente tagliata. Coben, da parte sua, ci mette la solita ironia amara: il pericolo non arriva mai da fuori, ma dal salotto di casa.
Fidati di me (Hold Tight)
Nel caso di Fidati di me, Coben si sposta in Polonia ma resta fedele a sé stesso: cambiano le lingue, non le paranoie. La serie parte da un gesto banale, due genitori che decidono di controllare il telefono del figlio, e finisce in un incubo di bugie, sparizioni e paranoia digitale. È un thriller che parla di tecnologia e di controllo, ma senza troppi moralismi. Qui l’angoscia non arriva dagli hacker, ma dal bisogno disperato di proteggere ciò che non si può più controllare.
L’ambientazione polacca regala un tocco di originalità: meno glamour, più realismo, più freddezza. E forse è proprio questo che rende la serie così efficace, anche quando inciampa in qualche cliché. Hold Tight è la dimostrazione che il mondo di Coben è globale: il sospetto funziona in ogni lingua.
Stay Close
Stay Close è una di quelle serie che ti fanno credere di aver capito tutto già al secondo episodio, salvo poi ribaltare ogni certezza. Ambientata ancora una volta in Inghilterra, racconta la vita apparentemente normale di una madre di famiglia che nasconde un passato da spogliarellista e un segreto che qualcuno non ha mai dimenticato.
Coben qui gioca con il tema dell’identità e con il concetto di colpa, mescolando thriller e soap con disinvoltura. Non tutto fila alla perfezione, qualche sottotrama è più complicata del necessario, ma il risultato è un intrattenimento di alto livello, costruito con mestiere e una certa dose di cinismo. L’ironia è che, anche quando il pubblico capisce dove sta andando la storia, non riesce a smettere di guardare. E questo, nel mondo delle serie TV, è già una vittoria.
Atrapados
Con Atrapados, il viaggio di Coben approda in Argentina, e la formula si arricchisce di sfumature tipicamente latine. La serie inizia con una scomparsa e finisce per diventare una riflessione sulla colpa, sulla menzogna e sulla possibilità di redenzione. L’ambientazione assolata contrasta con la tensione crescente, e il ritmo è più caldo, più emotivo, quasi teatrale.
Ciò che colpisce è la coralità: qui non c’è un solo protagonista, ma un gruppo di personaggi incastrati in una rete di segreti. E per una volta, Coben (o meglio, il suo spirito) concede spazio ai sentimenti, senza rinunciare al brivido. Atrapados è una sorpresa: più umana, più sfaccettata, e soprattutto più libera dalle regole ferree del thriller anglosassone.
Tutti colpevoli, nessuno innocente
Le serie tratte dai romanzi di Harlan Coben funzionano perché partono da una certezza: nessuno è davvero chi dice di essere. Non importa che ci si trovi in Inghilterra, in Polonia o in Spagna; ovunque c’è qualcuno che mente, qualcuno che indaga e qualcuno che cerca disperatamente di tenere insieme i pezzi della propria vita.
Netflix ha trasformato Coben in un marchio di fabbrica del thriller contemporaneo, capace di fondere mistero, dramma e una buona dose di ironia amara. Certo, a volte la ripetizione della formula si sente, ma anche quando si intuisce dove andrà a parare, il viaggio resta irresistibile. È un po’ come aprire un romanzo di Coben o schiacciare “play” su una delle sue serie: sai che ti ingannerà, ma vuoi comunque farti ingannare.
Potrebbero interessarti:
“Missing You”: il thriller che intreccia memoria e inganno
“The Glass Dome”: un thriller che congela l’anima
Codici, crimini e coraggio: il fascino silenzioso di “The Bletchley Circle”
Unisciti a Zetatielle Magazine su Linktr.ee e ascoltaci su RID968.


