Razzismo e stalking: le scomode verità di Harry e Meghan

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La stoica facciata di Buckingham Palace si sgretola in poco meno di sei ore di racconto, dove emergono razzismo, stalking e verità scomode: la docuserie di Harry e Meghan, in onda su Netflix, sconvolge non solo la Royal Family, ma travolge a valanga anche tutti i tabloid britannici.

La prima puntata inizia in sordina, quasi con un “c’era una volta un principe e una bellissima fanciulla…“.

E ci sta che inizi così, perchè quella che raccontano Harry e Meghan è davvero una favola, con tanto di regina, più o meno cattiva, di sorellastra, invidiosa e crudele, e di un padre che sta a metà strada tra il vigliacco e l’ingenuo. Manca qualcosa? Ah si…i cacciatori del bosco, che qui, al posto delle accette, sono armati di macchine fotografiche.

Come in ogni favola c’è un movente. Ma cos’ha questa ragazza che può disturbare la quiete del castello?

Biancaneve

Il movente non si vede ma c’è: Meghan ha la pelle chiara ma ha origini afro.

La madre infatti, è di colore e lei è quello che si dice, per definizione, meticcia (che brutta parola!).

La sua colpa, non è neanche tanto quella di appartenere ad un’etnia che da tempo reclama giustizia per i crimini subiti durante il periodo della schiavitù, e per le discriminazioni che ancora oggi sono motivo di odio e di violenza. La sua colpa è ciò che lei stessa rappresenta con le sue origini e la causa che difende con le sue attività. La linea sottile tra tolleranza e razzismo sfugge di mano ai media ed è un attimo generare brutti pensieri e cattive azioni.

Perchè una moglie di colore a Buckingham Palace è una bomba che può esplodere da un momento all’altro.

Il suo arrivo per molti è stato come un segnale di cambiamento e di apertura, per molti, invece, una minaccia.

E questa è solo la punta dell’iceberg.

La Bella e la Bestia

Una persona che diventa così popolare così ben voluta dai sudditi della Corona, non piace ai membri della famiglia reale, soprattutto a quelli più giovani. Ruba la scena davanti ai fotografi e sulle prime pagine e questo non sta per niente bene, soprattutto quando tocca alla Regina stessa subire uno smacco in piena visita ufficiale alla commemorazione delle vittime della Grenfell Tower. I tabloid di tutto il Regno Unito dedicano la copertina a Meghan e la Regina compare solo in una minuscola immagine a bordo pagina.

No, non va proprio bene per niente.

E’ da qui che cominciano i veri guai per la coppia di sposini che in un attimo vede trasformarsi in un incubo quella vita principesca.

La stampa diventa assillante, pungente, velenosa e poi, definitivamente cattiva. E si sa, se ci si mette la stampa…

Harry e Meghan raccontano tutta la loro storia con delicatezza e sentimento, non una frase fuori posto. Una scelta di parole ponderata e corretta che però dice tutto, senza riserve. La mano è un pò più pesante quando si tratta di parlare direttamente dei giornalisti e, anche qui, con giusta ragione. Un uomo e una donna, semplicemente, meravigliosamente innamorati l’uno dell’altro e della vita, a cui però non è concessa la libertà di vivere la loro storia d’amore come fanno i comuni mortali.

Ma quando è iniziato tutto questo?

Once upon a time…

C’era una volta una regina che aveva ereditato un regno che non sarebbe mai dovuto essere suo. Una sliding door che ha deviato per sempre il corso di vite ancora non nate. La longeva e da poco scomparsa Regina Elisabetta sale al trono dopo suo padre Giorgio VI, che a sua volta diventò re in seguito alla abdicazione del fratello Edoardo VIII. Non era quella la linea discendente della Corona, ma è così che la giovane Lilibeth si ritrova a capo di un regno che va da un oceano all’altro.

Il Novecento è stato un secolo di rivoluzioni, in tutti i sensi. Il progresso tecnologico ha unito i continenti fino alla globalizzazione e, di pari passo, la comunicazione mediatica è diventata un mezzo di informazione senza confini.

Per una politica come quella monarchica, di storiche origini, con antichi cerimoniali e tradizioni ben radicate, non deve essere stato facile cavalcare l’onda, adattarsi mantenendo però lo status e il rigore.

Il Regno Unito ha un legame indissolubile con il Commonwealth che, in pratica, dà da mangiare a tutti i britannici. Un insieme di nazioni di etnie differenti, con usi e costumi lontani dal protocollo di Palazzo e, comunque, malgrado l’indipendenza di alcuni, considerati eterni sudditi di Sua Maestà.

Nasce da qui il lungo fil rouge che lega le vicende raccontate da Harry e Meghan nella docuserie in onda i questi giorni su Netflix.

Guarda il trailer della parte 1 di Harry e Megan in onda su Netflix

Razzismo e stalking: le scomode verità di Harry e Meghan

I want to break free

E’ facile immaginare che non deve essere stato facile prendere la decisione di esporsi in modo così plateale, attraverso un video diario correlato da una lunga intervista. Sbattere su Netflix una storia così delicata, deve essere frutto di una condizione di sopportazione che è andata oltre ogni limite.

Figlio di sua madre, Harry si racconta davanti alle telecamere, proprio come Diana fece in quella lunga intervista a Panorama, rimasta nella storia e nel gozzo della famiglia reale.

Del resto, l’imprinting materno viene fuori in ogni parola, in ogni gesto di questo ragazzo coi capelli rossi, tanto fiero di essere il figlio della donna che sconvolse per prima le dinamiche di Palazzo. E come lei, gioca la carta della verità. Come lei, parla a vocebassa, senza rancore ma con tanta costernazione verso la vicenda.

Come lei, trasuda di quel “could be different if…”. Si, almeno questa volta, poteva andare diversamente.

E invece proprio a lui tocca rivivere le stesse paure, gli stessi dolori. Virtuoso come sua madre, sceglie di proteggere la sua famiglia, la sua privacy e la sua libertà, anche quella di espressione. Quella di amare, se l’è presa da tempo.

Ma cosa impedisce ad un reale di essere libero?

Harry e Meghan - nella foto il cancello di Buckingham Palace con gli stemmi dorati della Famiglia Reale
Razzismo e stalking: le scomode verità di Harry e Meghan

Never complain, never explain

Ciò che è successo a Lady Diana è solo l’inizio di una storia che sembra essere un transfer genetico della Royal Family. Lo spiega bene Harry.

La visibilità mediatica è la linfa vitale della popolarità reale. Un ufficio stampa per ogni nucleo della famiglia e meno di dieci testate autorizzate all’esclusiva sulle loro storie.

Esiste, infatti, una Royal Rota fatta esclusivamente di grandi testate giornalistiche, della quale fanno parte pochi eletti. Quello che non tutti sanno, fuori dai confini britannici, è che ogni tabloid ha uno spazio in prima pagina dedicato alla Royal Family.

Storie che escono dalle rotative edulcrorate, amare o piccanti, quasi mai fedeli alla verità, troppo spesso, addirittura, inventate.

Never complain, never explain” è il motto imposto dalla Regina, anche ora che non c’è più. Il “No comment” è la soluzione migliore per evitare ulteriori chiacchiere, spiegazioni, considerazioni. E così i tabloid fanno una vera e propria fortuna sulle vicende di Buckingham Palace.

A farne le spese sono però gli anelli deboli di questa dinastia: gli “assimilati”, quei soprammobili che i reali si portano in giro a braccetto sussurrando all’orecchio “sorridi e saluta”. Perchè l’immagine è ciò che conta. Davanti ai flash tutto deve sempre apparire solido, statico e irremovibile.

Raise the dragon

Il primo a scontrarsi con questa dura realtà fu proprio Filippo, il consorte reale che una volta entrato a far parte della Royal Family ha visto sfumare tutte le sue ambizioni e sogni di gloria. Neanche la soddisfazione di poter dare il proprio nome ai suoi figli, soddisfazione che verrà riconosciuta molto dopo, anche se Windsor verrà sempre prima del cognome Mountbatten.

Poi fu la volta di Lady Diana. Massacrata per il suo stile, per il suo portamento, per i suoi ideali. Troppo moderna, troppo empatica, troppo amata.

I tabloid che prima la inneggiavano cominciano a prenderla seriamente di mira dopo la separazione. Vivere con un vero e proprio esercito di paparazzi appostati ovunque, non deve essere davvero facile e lo status di V.I.P. non giustifica comunque un’invasione della privacy così martellante e violenta.

Ed ora è toccato a Meghan, una sorte che giocoforza si abbatte anche su Harry che, a differenza del padre Charles e memore di quanto accadde a sua madre Diana, ha deciso di difendere la sua famiglia. Ad ogni costo.

Il drago sputa fuoco dalle colonne delle innumerevoli pagine di giornali che criticano, condannano e giudicano. Una spietata guerra che si combatte in edicola, a colpi di titoloni e immagini rubate all’intimità della coppia. Un vero e proprio stalking mediatico che si trasferisce sui social e va fuori controllo nel momento in cui i commenti escono dalle sale da tè e si spandono come coriandoli fastidiosi sulle bacheche del mondo, fino ad arrivare agli insulti e alle minacce di morte.

…E vissero felici e contenti (forse)

Stalking mediatico, razzismo e infine, gelosia e invidia. Parenti serpenti.

E non solo quelli da parte di Harry che, con la sua presa di posizione in favore della moglie, si è definitivamente attirato le ire del padre e del fratello (forse pungolati per bene dalle rispettive consorti), ma anche la famiglia di Meghan diventa una serpe in seno alla coppia.

E qui, la storia diventa una vera e propria trama da favola.

Una sorellastra con cui non ha mai avuto nulla a che fare, figlia del precedente matrimonio del padre. Già il fatto che fosse un’attrice bella e famosa, doveva essere difficile da digerire, ma che poi la bella Meghan diventasse anche la moglie di un Principe (e che principe), non si poteva proprio sopportare.

Samantha non ce la fa in qualche modo deve godere di questa fortuna capitata all’anonima famiglia Markle. Ed è così che anche lei attacca Meghan, rilascia interviste, si fa fotografare e scrivendo addirittura un libro al vetriolo sull’ingrata sorella, diventata duchessa di Windsor.

Ora ogni ingrediente è al suo posto, manca solo il finale.

Riusciranno i nostri eroi a vivere felici e contenti?

Dopo questa docuserie, c’è da pensare che il finale sia molto travagliato e lontano.

Guarda il traile della parte 2 della serie in onda su Netflix

Razzismo e stalking: le scomode verità di Harry e Meghan
Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”