La betonica e il matricale, le Labiate delle brughiere e delle paludi

Betonica e matricale, piante d’uso assai antico

Betonica e matricale appartengono entrambe alla famiglia delle Labiate e, soprattutto, sono specie assai affini. Lo capiamo dal nome latino, molto simile. La betonica, infatti, è stata classificata come Stachys officinalis L. mentre il matricale corrisponde sia a Stachys sylvatica L. sia a Stachys palustris L. Il fatto che la betonica si fregi dell’aggettivo officinalis la include tra le erbe nobili, già usate nella medicina antica. Ma pure il matricale era impiegato presso i greci per preparare una poltiglia analoga a quella che si ricavava dalla betonica.

Essa si applicava sulle ferite, per frenare l’emorragia, per disinfettare la lesione e per accelerare la cicatrizzazione. Avevano la fama di panacea per tutti i malanni. Non solo, alla betonica erano attribuite persino doti magiche. Plinio era convinto che un gruppo di queste piante, disposte in cerchio, avrebbe impedito ai serpenti di oltrepassarle e di avvicinarsi. Tra i romani, erano comuni due detti: “Vendi il tuo vestito e compra la betonica” e, quale augurio, “Possa tu avere più virtù della betonica”. A dimostrazione che era un’erba davvero apprezzata. Il medico di corte dell’imperatore Augusto, Antonino Musa, era convinto che potesse curare ben 47 diverse patologie. E i soldati la impiegavano per estrarre più facilmente i dardi da cui erano stati trafitti in battaglia.

matricale

L’Aurea Aetas della betonica proseguì nel Medioevo

Quanto la betonica fosse ancora in voga nel Medioevo, ce lo testimonia l’autore del trattato De viribus herbarum (XI secolo), che fu assai probabilmente Odone di Meung. Vi dedica un’ampia trattazione, consigliando per le ferite un cataplasma di foglie tritate e sale, ma anche ritenendola utile in svariate malattie. Fornisce ricette per lenire le fratture della testa, i traumi agli occhi e vincere persino la cecità, i disturbi di fegato, i malanni di petto, l’idropisia e gli stati febbrili.

La sua polvere, se mescolata all’idromele (o al vino passito), induce il vomito, contrasta il prolasso dell’utero, provoca le mestruazioni e migliora il colorito del viso. Ma la più curiosa nota del De viribus herbarum che riguarda la betonica ne fa un antidoto contro i veleni. Pare che mescolata al vino e bevuta regolarmente, annullasse l’effetto di qualsiasi veleno che si fosse ingerito. Siamo piuttosto scettici, in proposito, ma riportiamo comunque quanto scritto in questo celebre trattato medioevale in versi.

betonica singola su un prato montano
betonica

L’erborista John Gerard e il matricale

Vi abbiamo già parlato, nell’articolo sul lamio, dell’erborista e botanico britannico del XVI secolo John Gerard. Come altra labiata, egli aveva caro il matricale. E questo avvenne in seguito a un episodio di cui fu testimone. Mentre passeggiava per la campagna inglese, la sua attenzione fu richiamata dalle grida di un contadino. Si avvicinò subito e s’avvide che il poveretto si era ferito la gamba con la falce, tagliandosi sino all’osso. Perdeva molto sangue. Gerard si offrì di medicarlo ma il contadino rifiutò, perché sapeva come curarsi da solo. Gli indicò un ciuffo di matricale palustre, che svettava lì vicino.

Dimentico della pericolosità della ferita, Gerard gli rise in faccia. Ma il contadino si strappò la camicia, ne ricavò delle bende e si fasciò strette sulla lacerazione alcune piante intere di matricale. Incuriosito, l’erborista tornò a visitarlo ogni giorno, quando il contadino rinnovava l’applicazione. E in una sola settimana la sua profonda ferita risultò completamente guarita. Gerard imparò da lui e, da quel giorno, curò lui stesso le ferite più gravi con il matricale, di cui divenne un convinto assertore.

matricale in primo piano con fiori e foglie

per chi vuole approfondire le virtù del lamio può cliccare sul titolo qui sotto

Il lamio, che rallegra l’animo e che offre il nome a tutta la sua famiglia

La rara “pianta della vita”, in Irlanda

Nell’Isola di Smeraldo, la betonica oggi non è affatto pianta comune ed è protetta. È più frequente nelle contee di Kerry e Wexford. Non per questo è meno stimata. Gli irlandesi le diedero, infatti, il nome gaelico di An Lus beatha, che significa letteralmente “la pianta della vita”. È un’erba da brughiere, da boschi e da siepi. In passato, quando c’erano meno campi coltivati ed era più diffusa nell’ambiente naturale, con il suo decotto si tingeva la lana, donandole sfumature di bruno.

Le sue foglie essiccate venivano fumate dai contadini nella pipa, per far passare il mal di testa. Le loro mogli, invece, le raccoglievano fresche e ci preparavano una marmellata. Era, soprattutto, il rimedio ideale per far passare una sbornia: si faceva macerare nel vino e se ne beveva un bicchierino, dopo aver alzato un po’ troppo il gomito al pub. Era infine coltivata presso le chiese, sia perché è una pianta graziosa sia perché pare tenesse lontani gli spiriti malvagi.

betonica fiorita in cespuglio
betonica

Betonica e matricale a confronto

Le piante del genere Stachys si assomigliano e, per identificarle in natura, occorre utilizzare le cosiddette chiavi botaniche. Si tratta di libri che, partendo dalle caratteristiche del fiore, propongono una mappatura di tutte le peculiarità morfologiche per risalire a ogni singola specie. Queste “chiavi” sono lo strumento principale della botanica sistematica, disciplina cui facciamo riferimento con il nostro piccolo studio sulle famiglie. Tuttavia, è possibile descrivere in modo generale analogie e differenze tra betonica e matricale.

matricale con foglie opposite
matricale

La prima predilige come habitat brughiere, boschi assolati, i prati a terreno siliceo e il ciglio di strade e sentieri. Il matricale, invece, preferisce luoghi più ombrosi e umidi: quello palustre, cresce presso fossi, acquitrini e paludi. La betonica si ferma a un massimo di 80 centimetri d’altezza, mentre il matricale raggiunge anche il metro.

fiori di betonica in primo piano viola

Sono piante erette, con il fusto poco ramificato a sezione  quadrangolare e le foglie opposte, come tutte le Labiate. Il matricale è una pianta pelosa, la betonica lo è molto meno. Essa presenta una rosetta basale di foglie oblunghe e picciolate, che il matricale non ha, dato che tutte le foglie sono caulinari, ossia disposte sul fusto. Le foglie della betonica (solo da uno a tre paia disposti sul fusto) hanno una forma particolare, ovato-lanceolata, con dentelli su tutto il margine. Quelle del matricale sono oblunghe e vagamente cordate, assai più appuntite all’apice.

matricale peluria
peluria di matricale

Fioriscono entrambe tra giugno e settembre e il colore dei fiori varia tra il rosa e il porpora. La corolla è a due labbra, tipica delle Labiate, ma nel matricale il labbro superiore è concavo e l’inferiore trilobato e striato di bianco. Nella betonica, all’opposto, il labbro superiore è appiattito e l’inferiore non è segnato di bianco. L’infiorescenza del matricale è verticillare e si adagia all’ascella delle foglie superiori. Quella della betonica è diversa, essendo una spiga composta da più verticilli che svetta in cima al fusto.

fiori in macro viola
fiori di betonica

Betonica e matricale in fitoterapia

Pur non essendo la panacea universale del passato, queste due erbe sono decisamente interessanti come droghe medicinali. Per la betonica, s’impiega tutta la pianta (ci vuole prudenza con la radice, perché è un emetico), per il matricale le sommità fiorite. I principi attivi della betonica sono rappresentati da due betaine (betonicina, stachidrina), turicina, sostanze amare e tannini. Nel matricale, è stato isolato un olio volatile.

La tisana alimentare che sostituisce il tè si prepara in modo analogo con ambo le droghe. Si pongono due cucchiai rasi in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si lascia in infusione per una decina di minuti, prima di filtrare e dolcificare. Il consiglio è di non berne più di una o due tazze al giorno, soprattutto se si scelgono le radici di betonica. Il matricale giova in caso di mestruazioni dolorose e di amenorrea. È antispasmodico, sedativo e leggero ipnotico, perché concilia il sonno.

La betonica ha un più ampio spettro d’azione: è aperitiva, digestiva, espettorante, diuretica e febbrifuga. Si usa pure nel trattamento di reumatismi, gotta, vertigini ed emicranie di origine nervosa. In uso esterno, è stata confermata come specie vulneraria, che deterge ferite, piaghe e ulcere. La “pianta della vita” degli irlandesi può, quindi, essere un ottimo rimedio anche per i malanni dei giorni nostri.

pianta eretta di matricale
matricale

per approfondire il tema delle Labiate clicca sul titolo qui sotto

Le Labiate o Lamiacee, la nobile famiglia botanica delle piante aromatiche

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.