Mariella Nava e Daniela Poggi: l’arte che parla al cuore.

Figlio, non sei più giglio” è lo spettacolo teatrale di Stefania Porrino, con Daniela Poggi e Mariella Nava, premiato alla Camera dei Deputati e all’Università La Sapienza di Roma.

Un’opera che fonde recitazione e musica, trasmettendo un potente messaggio sociale e culturale. Incontro con l’autore Gae Capitano per parlare di anime, musica e arte, insieme alle protagoniste.

Il pensiero di Gae Capitano

Il teatro che ospiterà lo spettacolo emana un’eleganza antica.
Con la sua pianta a ferro di cavallo e una galleria che disegna geometrie di archi per cinque livelli in altezza, l’edificio trasmette una maestosità imponente. Il soffitto, ricco di dettagli dorati, sovrasta l’ambiente, mentre il lampadario centrale diffonde una luce calda che esalta il rosso porpora delle poltrone e del sipario. La sala, gremita e immersa in un mormorio di attesa, appare la cornice ideale per l’opera che ho deciso di scoprire.

Lo spettacolo sta per iniziare. Le luci si affievoliscono lentamente, lasciando il palco avvolto in una penombra che sembra sospendere il tempo. In pochi istanti, il teatro è immerso in un silenzio che pesa, denso, quasi tangibile, mentre Mariella Nava si siede al pianoforte. Un attimo di concentrazione – che rende eterno un battito di ciglia- e le sue mani iniziano a sfiorare i tasti con grazia, ricamando melodie conosciute, mentre accanto a lei, avvolta da un improvviso cerchio di luce, circondata da pochi oggetti, Daniela Poggi prende la parola.

La sua figura vestita di nero si muove fendendo l’aria con gesti nervosi, rallenta, rapita dai ricordi, tesse storie che toccano corde segrete. Delinea, con la leggerezza di una traccia a matita, o – cambiando registro – con la precisione di una lama di bisturi, i contorni di una storia terribile. Nelle sue parole, come evocate da antiche formule magiche, fragilità e forza, dolore e speranza, normalità e inconcepibile, si incontrano. Mentre il suo volto – cui il tempo non è riuscito a rubare la bellezza – mutato dalle emozioni, racconta più di quanto le parole possano mai dire.

Come un’ombra che si allunga, minuto dopo minuto, permea l’aria una sensazione di ignoto, che getta una luce inedita sulla nostra percezione del mondo. Si viene trasportati in nuovo terreno emozionale dove, attraverso il racconto tormentato della protagonista – a tratti tenero, a tratti disperato – perdono e condanna si intrecciano in un gioco di specchi e piani inclinati. L’opera portata in scena diventa un grido silenzioso.

Il pubblico resta in silenzio, quasi senza fiato, incatenato dalla forza di un dramma che si svela davanti ai loro occhi. La narrazione prende forma, si fa carne e sangue, trascina ogni spettatore nel vortice di una tragedia così difficile da immaginare, perché più vicina a noi di quanto osiamo riconoscere. Lasciandoci con nuove riflessioni sul nostro stesso vissuto, su una società che sembra essersi smarrita, senza trovare più la strada.

La musica e le parole di Mariella Nava si alternano ai racconti, sotto gli sguardi attenti e incantati della sua partner sul palcoscenico e del pubblico in sala, armonizzando e impreziosendo la trama dell’opera con canzoni che sembrano scritte – per una sorta di lontana e misteriosa premonizione – esclusivamente per raccontare questa storia. Una storia di anime dannate, perdute e ritrovate, vittime e carnefici. Che acquisisce una dimensione universale grazie all’eccezionale talento di queste due artiste.

Con ricordi e déjà-vu, dialoghi di lettere e domande senza risposta, Daniela Poggi scolpisce nelle nostre anime silenziose la complessa architettura del doloroso rapporto tra una madre persa nel dolore e un figlio colpevole di un crimine orrendo. Pone quesiti profondi su una quotidianità che non lasciava presagire in alcun modo che nelle ombre di possibili inconsapevoli errori si sarebbero nascosti demoni senza nome. Ci ricorda che dietro l’apparente naiveté delle nostre scelte – o non scelte – la nebbia dell’inimmaginabile può celare l’ultimo passo verso dirupi senza fine.

Quando le luci sulla scena si spengono, all’apice della tensione narrativa, una strana magia rimane cristallizzata nell’aria. Sul palco, tra i lunghi applausi, resta la bravura delle protagoniste. Che ritornano per mano per salutare e regalare –finalmente- un sorriso al pubblico.

La forza del racconto diretto da Stefania Porrino, le toccanti musiche di una straordinaria Mariella Nava, la forza interpretativa di Daniela Poggi, emozionante, profonda e senza tempo, rimangono impresse sulla pelle. Come cicatrici.

mariella nava daniela poggi e Stefania Porrino

Figlio non sei più Giglio

Lo spettacolo è scritto e diretto da Stefania Porrino, con Daniela Poggi e Mariella Nava, e realizzato con il supporto di Global Thinking Foundation, con la produzione di Bottega Poggi.

In scena il dramma interiore di una madre, il cui figlio si è reso colpevole di un femminicidio.

Il cuore della storia è affidata alla figura di Maria, costretta ad affrontare la sua impotenza di fronte alla violenza perpetrata dal figlio. I monologhi si snodano come lettere tra i protagonisti. “Figlio non sei più giglio” è un’opera drammatica e moderna, le autrici fanno riferimento come motivo ispiratore al famoso Pianto della Madonna di Jacopone da Todi.

Lo spettacolo, presentato per la prima volta nel 2022, è stato ospite in numerosi i teatri italiani, tra cui il Teatro Verdi di Firenze e il Teatro della Pergola, dove ha ricevuto critiche entusiaste per la sua capacità di unire la parola recitata con l’intensità evocativa della musica dal vivo.

Teatro e Musica

La fusione di questi due mondi – il teatro e la musica – è stata acclamata come uno degli aspetti più affascinanti dell’opera, che riesce a toccare ogni spettatore, indipendentemente dalla propria esperienza personale.

L’esperienza teatrale di “Figlio non sei più un giglio” non è solo un racconto sulla separazione e sul dolore del distacco, ma un viaggio attraverso le pieghe più intime dell’esistenza umana, sotto l’ombra funesta di un dramma inconcepibile come il femminicidio. Un dramma in cui ogni gesto e ogni parola suonano come una sconfitta, perché non è il figlio ad essere vittima della malvagità del mondo, ma assume lui stesso il ruolo di carnefice.

La regista Stefania Porrino ha saputo donare a questo testo un respiro profondo, guidando la prova delle protagoniste, Daniela Poggi e Mariella Nava, che non è solo interpretativa, ma anche emotiva, psicologica, fisica.

Il riconoscimento che questo spettacolo ha ricevuto- con la scelta della Presidente della Commissione Femminicidi, l’onorevole Martina Semenzato di portarlo alla Camera dei deputati il 30 ottobre 2024 – è solo una delle testimonianze della sua straordinaria forza comunicativa e del suo valore civile.

La Poggi e la Nava hanno ricevuto inoltre la medaglia d’oro per questo progetto a La Sapienza di Roma, riconoscimento che celebra non solo la qualità artistica, ma anche l’importante valore sociale e culturale che lo spettacolo incarna.

Le protagoniste

stefania porrino

Stefania Porrino – Regista

Stefania Porrino è una regista teatrale che ha saputo imporsi nel panorama culturale italiano per la sua capacità di trattare temi complessi e di grande impatto emotivo. La sua carriera è una prestigiosa sequenza di opere che spaziano dal dramma alla commedia, tutte accomunate da una straordinaria attenzione alla psicologia dei personaggi e alla potenza evocativa del linguaggio scenico.

Tra le sue produzioni più conosciute si annoverano spettacoli che hanno ricevuto riconoscimenti dalla critica e dal pubblico, rivelando una regista in grado di dare nuova vita a testi classici e contemporanei, e di farli risuonare in modo profondo e attuale. I suoi lavori sono stati premiati in numerosi festival teatrali, “Figlio non sei più un giglio” è uno degli esempi più recenti della sua visione artistica, dove riesce a mescolare il teatro con la musica.

daniela poggi

Daniela Poggi – Attrice e Autrice

Daniela Poggi è una delle attrici italiane più apprezzate per la sua poliedricità e profondità interpretativa. Con una carriera che abbraccia teatro, cinema e televisione, ha saputo incarnare una vasta gamma di personaggi, dal dramma alla commedia. Ha collaborato con registi di fama come Steno, Sergio Corbucci, Pier Francesco Pingitore e Giovanni Veronesi, e affiancato attori leggendari come Chiari, Dorelli, Pozzetto, Celentano, Montesano, Buzzanca e Belmondo.

Oltre alla recitazione, è anche autrice e produttrice, affrontando temi sociali rilevanti come la condizione della donna e le ingiustizie sociali. Il suo impegno artistico è sempre stato accompagnato da una forte sensibilità verso le tematiche civili. Grazie ai suoi numerosi premi e riconoscimenti, Daniela Poggi si è consolidata come una delle figure più eclettiche e rispettate del panorama artistico italiano.

mariella nava

Mariella Nava – Musicista e Compositrice

Mariella Nava è una delle voci più riconoscibili della musica italiana contemporanea. Debutta nel 1983 con il suo primo album, consolidando una carriera che abbraccia più generazioni. Famosa per il suo stile che mescola la canzone d’autore italiana alla capacità di indagare i dettagli più intimi dell’esistenza, è amata per la sua capacità di comunicare emozioni universali con rara eleganza. Ha scritto brani indimenticabili per sé e per grandi artisti come Mina, Morandi, Syria, Bocelli, Tosca, Zanicchi, Bertè, D’Alessio, Ramazzotti.

Storica e ormai trentennale la sua collaborazione con Renato Zero, per cui ha firmato anche il capolavoro “Spalle al muro”. La sua musica spazia tra contaminazioni stilistiche diverse e testi letterari di grande profondità. Mariella Nava è stata premiata con decine di riconoscimenti prestigiosi, tra cui il Premio Tenco e il Premio Lunezia, Premio Mia Martini e Premio Gondola D’oro alla carriera.

Masterclass – L’intervista a Daniela Poggi & Mariella Nava

Essere al cospetto di due personalità di straordinario carisma come Mariella Nava e Daniela Poggi, per parlare del loro ultimo spettacolo, è un’esperienza che trascende il semplice incontro professionale.

Daniela Poggi, con il fascino intatto del suo talento e della sua bellezza, è vulcanica e ipnotica: ogni sua parola cela riflessioni più profonde – che si svelano una dentro l’altra come un gioco di matrioske – e, a tratti, ha gli occhi e il viso che si illuminano: sembra stia recitando sul palco, per l’entusiasmo e la purezza con cui esprime ogni concetto. La sua presenza è così coinvolgente che, mentre la ascolti, ti sembra di essere immerso nello spettacolo stesso, perdendo completamente la percezione del tempo.

Mariella Nava, è un esempio di bravura e profondità che ammiro sinceramente. Una voce capace di emozionare e una scrittura raffinata, che ne fanno un punto di riferimento raro e irraggiungibile per chi, come me, ha sempre inseguito l’arte della scrittura di canzoni. Quelle vere. Ha firmato nella sua carriera, per sé e per altri, capolavori che hanno portato l’arte del songwriting italiano, d’élite, ai massimi livelli. Ciò che colpisce ancora di più è la sua splendida umiltà, quella gentilezza delicata che perdona l’imbarazzo di trovarmi di fronte a un mio mito, arricchendo ulteriormente il suo già straordinario talento.

Non solo un’intervista, ma un incontro che svela la profondità di due grandi artiste.

dniela poggi in un mix di immagini

«Lavorare con Mariella Nava era un mio desiderio da tempo. Quando ho deciso di portare in scena questo dramma, sapevo di non volerlo fare da sola. Una storia così potente avrebbe richiesto una colonna sonora in grado di amplificarne le emozioni, infondendo la bellezza della musica nel pathos. Non una sonorizzazione qualsiasi, ma una voce credibile e pura, capace di suscitare sensazioni profonde. Ho parlato con Chiara Giuria Cortese, nostra responsabile della distribuzione e ufficio stampa, e le ho chiesto di metterci in contatto. Conoscendo il percorso artistico di Mariella, ero certa che il suo pensiero fosse molto vicino a quello delle donne. Durante il nostro incontro, a cui partecipò anche Stefania Porrino, chiedemmo a Mariella quali sue canzoni avrebbero potuto accompagnare e integrare la storia, diventarne parte.

La cosa incredibile è che, per ogni tema che volevamo trattare, nel mondo sonoro di Mariella c’era una canzone che sembrava scritta appositamente. I brani che ci propose sono davvero straordinari! Perfettamente in sintonia con il messaggio che volevamo trasmettere in questa rappresentazione. L’unica canzone che non era già nel suo repertorio è quella sulla maternità, che ha poi scritto per lo spettacolo. Al primo incontro, fui subito certa che l’alchimia tra le nostre arti avrebbe dato vita alla magia che cercavamo. Nonostante le nostre differenze artistiche, io e Mariella siamo due anime perfettamente in sintonia a livello emotivo e spirituale, e sul palco ci completiamo a vicenda».

«Quando Chiara Giuria Cortese mi parlò del progetto, il primo pensiero fu se davvero potevo far parte dello spettacolo con la giusta credibilità. Ma quando ci siamo incontrate, con Daniela e Stefania, tutto è diventato naturale. Abbiamo capito di parlare lo stesso linguaggio. Stefania e Daniela mi chiesero quali delle mie canzoni avrebbero potuto fare parte della storia, integrarsi con la narrazione. Ed è bastato guardarsi dentro: praticamente ogni donna ha avuto a che fare, anche indirettamente, con forme di violenza, sia con i propri occhi che con il proprio corpo.

E io come autrice nella mia vita le emozioni, anche quelle forti, le ho sempre raccontate, senza risparmiarmi, senza nascondermi. Nelle mie canzoni ho affrontato temi difficili come l’HIV, in “Piano inclinato”, o l’amore senza filtri in “Dentro di me”, fino ai pensieri scomodi di “Povero Dio” o la stessa “Spalle al muro”, che ha affrontato il tema tabù della condizione degli anziani, mettendo in luce la solitudine, l’abbandono e il senso di marginalizzazione.

Quindi è stato più facile del previsto, è bastato scavare a fondo in quello che avevo già scritto. Il segreto? Credo di essere una attenta cronista della vita: cerco di raccontare ciò che ci accade, e prima di farlo devo esserne in qualche modo parte. Devo vivere quella situazione, entrare nei panni del personaggio per poter descrivere la sua storia autenticamente. In questo spettacolo, con le mie canzoni, ho semplicemente portato in scena me stessa. La mia storia, che è la storia di tutte le donne. E ho vissuto anche una Mariella inedita, perché grazie al talento di Daniela, e le intuizioni di Stefania, mi sono sentita, a mia volta attrice. Parte integrante della magia teatrale.

mariella nava in un mix di immagini

Quando il pubblico assiste a una rappresentazione tanto intensa, cosa porta con sé alla fine dello spettacolo?

«Una serie di domande innanzi tutto. Il punto di partenza, per me, è sempre porsi domande difficili. Solo così possiamo avvicinarci a un tema complesso come il femminicidio. Sì, le istituzioni, le manifestazioni, i braccialetti, i gesti di solidarietà hanno un loro valore, ma rischiano di restare lontani dalla realtà se non affrontiamo le motivazioni profonde. Qual è il percorso affettivo, educativo, familiare che porta a questi atti estremi? Nessuno ha la verità assoluta, ma occorre interrogarsi. È fondamentale continuare a proporre pensieri di crescita, di luce. Dobbiamo lavorare per abbattere quelle convinzioni radicate che alterano il senso comune, che hanno permesso, ad esempio, che il delitto d’onore fosse un tempo accettato.

Nel mio monologo invito a guardare negli occhi le persone che amiamo: gli occhi non mentono mai, rivelano l’anima. Ti permettono di riconoscere chi hai di fronte. Se sul palco il corpo e l’espressione vocale sono i principali veicoli della comunicazione, nella vita reale, come nel cinema, sono gli occhi a farci innamorare, a farci credere nei protagonisti, senza bisogno di parole. Io e Mariella lasciamo a chi ci ascolta principalmente pensieri su cui riflettere, al di là della storia narrata. Chi ha assistito a questo spettacolo ha ritrovato con sé, quando le luci si spengono, dubbi, riflessioni, emozioni. Accompagnate da quel leggero senso di inquietudine e ingenuità che lasciano le domande scomode. Perché l’ignoto si nasconde spesso dietro gli angoli della normalità».

«Mi sorprende sempre quando, al termine dello spettacolo, le persone che ci fanno i complimenti e ci esprimono il loro affetto ci dicono: “Devo tornare a casa e guardare negli occhi mio figlio, devo fare più attenzione ai dettagli, conoscerlo di più”. Questi momenti di condivisione sono davvero potenti. Attraverso le canzoni e i dialoghi di Daniela riusciamo a creare un filo invisibile, suscitare emozioni profonde. Ed è il nostro risultato più grande. La trama dello spettacolo tocca qualcosa di universale. Ci sono elementi come i ricordi, le foto, i dialoghi, in cui tutti possiamo riconoscerci. Gesti che evocano situazioni vissute. La gente si specchia nella storia e si chiede se tutto nella propria vita sta davvero funzionando.

Perché l’amore, i valori che cerchiamo di trasmettere, non hanno istruzioni per l’uso. Ognuno si muove come può, e tutti possiamo fare degli errori. Inutile giudicare. Molti nella loro vita non hanno avuto riferimenti da seguire. Io ho avuto il privilegio di averli: la mia famiglia, mio padre e mia madre. Il rispetto che mettevano in campo in ogni situazione ha plasmato il mio pensiero. Questo è sempre stato un punto cardinale della mia vita. La loro foto è appesa lì, in un angolo del mio studio, per ricordarmelo ogni istante. Una stella guida che molti non hanno avuto la fortuna di ricevere».

la locandina dello spettacolo teatrale figlio non sei più un giglio

Quali sono i vostri fantasmi personali evocati nel dare vita a questo spettacolo?

«Affrontare un tema così delicato ti costringe a confrontarti con le tue riflessioni più intime e profonde. Mi chiedo spesso come sia possibile che esistano uomini capaci di compiere atti così crudeli, e quali siano le reazioni che tali tragedie suscitano in altri uomini. Ogni volta che una donna vive queste esperienze, una parte di lei viene violata, subendo quella che potremmo chiamare una “piccola morte”, una ferita che non riguarda solo la vittima, ma tutte noi. È un dolore che ci accomuna, che ci unisce in un legame invisibile ma potente. Con Daniela e Stefania ci siamo aperte, abbiamo condiviso le nostre esperienze, ci siamo confessate le une alle altre, rivelando anche le piccole forme di violenza che, in modi diversi, abbiamo vissuto. In teatro, quando portiamo sul palco quelle sensazioni, tutto diventa autentico e tangibile: la mia musica, le parole di Daniela, sono cariche di verità, perché riflettono una realtà che, purtroppo, conosciamo molto bene. Ogni suono, ogni parola, raccontano una storia che è la nostra, e che speriamo possa risuonare anche in chi ci ascolta.

Il nostro spettacolo non è una semplice cronaca dei fatti accaduti. Non si limita a raccontare un femminicidio, ma esplora ciò che c’era prima, gli eventi che lo hanno preceduto. Cerchiamo di svelare le dinamiche invisibili che, spesso inconsapevolmente, portano a un gesto estremo. È il racconto di una madre che cerca di preparare suo figlio a comprendere e rispettare la relazione con una donna. E inevitabilmente è il racconto del fallimento di questi propositi. Ma il dramma che portiamo in scena è anche un invito a chiederci: ‘Cosa posso fare affinché tutto questo non accada più?’ Questo è il luogo preciso in cui vogliamo portare gli spettatori: quell’istante che precede ogni azione e decisione. La forza comunicativa di Daniela e la magia della musica sono strumenti che ci aiutano a raccontare questa storia attraverso sfumature inedite. Non rimanere sulla superficie degli eventi, ma entrare in profondità, della storia e di noi stessi, indagare su una colpa possibile, remota o presunta – della protagonista, del figlio, della società – credo significhi, in fondo, confrontarsi con quei fantasmi personali di cui parli».

«Sul palco, inevitabilmente, abbiamo portato noi stesse. Ma attingere alle nostre esperienze personali era essenziale per dare forza e autenticità al messaggio che volevamo trasmettere: che alcuni incontri nella vita sono inevitabili o ricorrenti, e che dobbiamo imparare a gestire le emozioni, a discernere e a scegliere con equilibrio la strada giusta quando ci troviamo di fronte a decisioni cruciali o a eventi inattesi. Questa capacità dipende dal contesto in cui cresciamo, dalla possibilità di sviluppare una centralità interiore. Che viene anche dal lavoro, dal confronto, dalla conoscenza e dal rispetto dell’altro. Dobbiamo iniziare a mettere al centro del nostro pensiero la realtà che non esistono dicotomie precise, luce e oscurità definite. Come ci sono uomini meravigliosi esistono donne che non lo sono, per esempio. Tutti possono essere violenti nel pensiero, verbalmente, o ancor peggio nei gesti. La vita è un continuo tenersi in equilibrio, la reazione di uno può istigare finali inimmaginabili nell’altro. Sono le nostre scelte a definire chi siamo. Noi, come artisti, siamo custodi del compito di portare alla luce queste storie, di rappresentare queste possibilità. Incuranti se il nostro impegno passerà inosservato, abbiamo il dovere di provarci, anche se nessuno ci ascolterà.

Portare in scena l’ira, per esempio. C’è un momento nello spettacolo in cui parlo della gelosia, e attraverso un ricordo dei protagonisti, arrivo a gridare una frase forte, come espressione di una rabbia incontrollata: “Falso, ipocrita, bugiardo, mi avevi giurato che l’avresti lasciata. Io ti ammazzo!” Conosco bene la violenza che può albergare in ciascuno di noi, perché l’abbiamo tutti incontrata, in un modo o nell’altro. Personalmente, ho sempre cercato, per indole, una crescita spirituale attraverso lo studio e l’arte, e un benessere fisico tramite un’alimentazione consapevole e la pratica dello sport, anche a livelli competitivi. Queste scelte mi hanno protetto dalle insidie delle relazioni pericolose. Sono una combattente. Per questo mio essere così, ho sempre evitato istintivamente quei rapporti umani che non mi facevano bene. Come tutti, a volte ho sbagliato nelle valutazioni delle persone, sia chiaro. E se ci sono fantasmi personali evocati da questo spettacolo, forse sono proprio tutti i pianti silenziosi, i fallimenti, le occasioni mancate – mai rimpiante, di fronte ad un ricatto – e le peggiori maschere dell’essere umano che, inevitabilmente, ho incontrato lungo il mio cammino, sia artistico che personale».

“Figlio non sei più giglio” è un incontro di sensibilità e talento che non può lasciare indifferenti. La Poggi, con la sua tecnica raffinata e il suo sguardo acuto, e la Nava, con il suo abile intreccio di parole e melodie, riescono a dare corpo a una realtà che, seppur dolorosa, merita di essere guardata in faccia.

Il 15 febbraio 2025, entrambe parteciperanno a un convegno sulla violenza di genere, a Roma, accanto a importanti personalità delle istituzioni italiane. Il loro spettacolo proseguirà il suo percorso, toccando tre teatri toscani nel mese di marzo: mercoledì 5 marzo 2025 al Teatro dei Rassicurati di Montecarlo, giovedì 6 marzo al Teatro Dante di Sansepolcro e venerdì 7 marzo al Teatro Roma di Castagneto Carducci.

Potrebbero interessarti:

Rumore BIM Festival 2024: la cronaca del weekend

Luigi Mariano: l’eredità dei grandi cantautori

Bianco: un esploratore dei sentimenti umani

Roberta Di Mario: una pianista di straordinario talento, e non solo

Emanuele Dabbono: il songwriter genovese si raccontaPaola Angeli: l’universo sonoro tra genio ed eleganza

Gae Capitano
Gae Capitanohttps://gaecapitano.it/
Paroliere, compositore, arrangiatore e musicista italiano. Disco d’Oro – Disco di Platino – Finalista Premio Tenco – Vincitore Premio Lunezia Autori- Vincitore Premio Panchina, Resto del Carlino – Vincitore Premio Huco- Finalista Premio De Andrè – Valutazione Ottimo Mogol e Docenti Centro Europeo di Toscolano