Mortalità neonatale, Dube (Oms): “Nel mondo calo del 44%, ma solo -26% in Africa”

(Adnkronos) – "Negli ultimi vent'anni abbiamo assistito a un enorme miglioramento nell'abbassamento della mortalità neonatale. A livello globale, si è registrata una riduzione del 44%, ma nella regione africana il tasso di riduzione è stato del 26%, molto più basso rispetto alla media mondiale. Eppure l'80% delle morti neonatali si possono prevenire", ma serve un approccio corale, tra "enti filantropici e governi nazionali". Così Queen Dube, responsabile del Newborn Health Program presso l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), intervenendo all'evento 'Accelerare il cambiamento: un dialogo sul futuro dell'assistenza sanitaria nel Sud Globale', che si è svolto il 25 settembre nell'Auditorium dell'headquarters di Chiesi Farmaceutici a Parma, per la celebrazione dei 20 anni della Paolo Chiesi Foundation. "Oggi stiamo vivendo un momento molto importante, soprattutto in Africa, dove numerose fondazioni stanno intervenendo con ingenti risorse per affrontare le sfide legate alla salute materna e neonatale – continua Dube – Le organizzazioni filantropiche possono dare un grande contributo sostenendo la formazione del personale sanitario, l'approvvigionamento di servizi e farmaci essenziali e aiutando lo sviluppo di sistemi di raccordo ospedaliero. La vera questione è: come possono lavorare in sinergia con i governi? Oggi il contesto politico è favorevole: molti leader africani stanno dando priorità alla salute materna e neonatale – evidenzia l'esperta – Ciò che manca sono gli investimenti, partner in grado di sostenere e accelerare le loro agende. Qui entra in gioco la filantropia, che può fornire quell'investimento necessario per fare lo scatto in avanti, accelerare il percorso. Ci auguriamo che sempre più le fondazioni entrino in questo ecosistema: solo insieme – rimarca – potremo davvero fare la differenza". Nella riduzione della mortalità infantile è fondamentale tenere conto di alcuni fattori modificabili. Il primo si riferisce al fatto che la salute del nascituro "non può essere separata da quella della madre – spiega Dube – Tutto ciò che accade a una donna in gravidanza ha un impatto diretto sugli esiti per il bambino. Sono stati fatti molti investimenti per rafforzare l'assistenza prenatale, migliorandone la qualità. Un esempio molto semplice riguarda la sifilide: se una donna in gravidanza viene sottoposta a screening per sifilide e il test risulta positivo, trattarla aumenta enormemente le possibilità di sopravvivenza del bambino. Se non viene diagnosticata, il bambino rischia di morire nel grembo materno o nelle prime settimane di vita". Il secondo grande investimento riguarda l'assistenza al parto. "Il monitoraggio del travaglio e del parto – evidenzia l'esperta Oms – ha un impatto diretto sulla sopravvivenza del neonato, e anche in quest'area sono stati fatti progressi significativi. Un terzo aspetto da tenere presente è l'assistenza postnatale: le visite nelle prime 24 ore e nei giorni successivi alla nascita hanno, da sole, migliorato gli esiti di salute dei bambini. Infine, un ruolo cruciale è stato svolto dall'ampliamento delle cure di secondo livello per i neonati piccoli e malati. Si tratta di interventi come la Cpap", la ventilazione "per i neonati con difficoltà respiratorie o la gestione più efficace delle infezioni. Investire su questo tipo di cure ha contribuito alla riduzione della mortalità neonatale". Nonostante il progresso fatto, "con quasi il dimezzamento dei decessi neonatali a livello globale – riflette Dube – la verità è che la maggior parte delle morti avviene ancora in Africa, in particolare nell'Africa sub-sahariana, che da sola rappresenta circa la metà dei decessi. C’è ancora molto da fare. In Africa sub-sahariana siamo ancora indietro su più fronti: la diffusione delle cure di secondo livello è limitata, molte donne partoriscono ancora a casa, e nelle strutture sanitarie la qualità dell'assistenza intrapartum non è sempre adeguata. Anche il pacchetto di cure prenatali richiede ancora molti miglioramenti". Da dove partire? "Concentrare gli sforzi laddove il peso della mortalità è maggiore: in Africa e nei contesti fragili e colpiti da conflitti, che rappresentano i luoghi con il più alto carico di decessi – indica Dube – Rafforzare le cure neonatali essenziali, cioè garantire che le donne abbiano accesso a strutture sanitarie meglio attrezzate, dove possano partorire in sicurezza. Gli investimenti nelle cure di secondo livello richiedono dispositivi medici, personale sanitario formato, farmaci, sistemi di follow-up adeguati, oltre a trasporti e meccanismi di riferimento efficienti. E' proprio qui, dove il bisogno è più grande – conclude – che dobbiamo concentrare le risorse". —salutewebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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