Overload informativo, clickbait e fake news: esiste ancora il giornalismo?

Viviamo in un overload informativo tra clickbait e fake news: come distinguere il vero dal falso? E si può ancora parlare di “giornalismo”? Editoriale di Tina Rossi.

L’era digitale ha trasformato radicalmente il modo in cui riceviamo, elaboriamo e comprendiamo le notizie. Oggi viviamo in un mondo saturo di informazioni, dove ogni giorno, ogni minuto, vengono pubblicati migliaia di articoli e contenuti nuovi. In questo contesto, il termine “overload informativo” non è più solo un concetto accademico: è una realtà quotidiana che incide profondamente sulla nostra capacità di orientare il pensiero critico, la nostra percezione della realtà e la qualità stessa dell’informazione che consumiamo.

Ma qual è l’impatto reale dell’overload informativo? Dai rischi della ridondanza delle notizie alla tendenza verso cronaca nera e gossip, fino al problema delle fake news e alla difficoltà di un articolo di mantenere rilevanza nel tempo, il sovraccarico di informazioni non è solo una sfida per i lettori: è una prova ardua anche per chi scrive, in un mondo fatto di notifiche, social media e connessione continua.

L’esplosione di contenuti: una valanga di articoli ogni giorno

Ogni giorno, migliaia di articoli vengono pubblicati su testate giornalistiche, blog, social media e altre piattaforme. La quantità di contenuti è diventata così massiccia che i lettori si trovano sommersi da informazioni, senza avere la possibilità di distinguere sempre il valore o la qualità di ciò che leggono.

Questa mole di notizie è dovuta non solo all’abbondanza di piattaforme e fonti di informazione, ma anche alla velocità con cui gli eventi vengono riportati. Il giornalismo tradizionale, con i suoi ritmi più lenti e approfonditi, è stato gradualmente sostituito dalla corsa al tempo reale. La cronaca deve essere immediata, le news devono arrivare subito, e spesso l’approfondimento lascia spazio a titoli sensazionalistici o a notizie riprese da altre fonti senza verifiche accurate.

Questa pressione ha un effetto diretto sia sui lettori, che faticano a gestire la quantità di notizie, sia sui giornalisti stessi, che devono competere con un flusso continuo di contenuti. È evidente che ci troviamo in un contesto di overload informativo che rende difficile per chiunque tenere il passo e trovare ciò che veramente conta.

La ridondanza delle notizie: quando ogni articolo dice la stessa cosa

Uno dei problemi più evidenti dell’overload informativo è la ridondanza. Basta che una notizia rilevante emerga – come un evento catastrofico, un annuncio politico o un fatto di cronaca nera – e subito le piattaforme giornalistiche si riempiono di articoli che riportano sostanzialmente le stesse informazioni.

Questo fenomeno si verifica per vari motivi. In primo luogo, i lettori tendono a seguire più fonti contemporaneamente, e ogni fonte cerca di garantire che la propria versione della notizia sia presente nel flusso d’informazioni del lettore. In secondo luogo, la pressione sulle redazioni è altissima: ogni testata vuole mantenere la propria visibilità e non può permettersi di rimanere indietro rispetto alla concorrenza.

Il risultato è una ripetizione continua di contenuti simili, che crea un effetto di saturazione. Gli utenti finiscono per trovarsi di fronte a un’infinità di articoli che raccontano, spesso con poche varianti, le stesse cose. Questo non solo riduce l’efficacia della comunicazione, ma impoverisce il giornalismo, che perde l’occasione di approfondire e diversificare la propria offerta.

Il fascino della cronaca nera e del gossip: l’informazione che diventa intrattenimento

In un mare di notizie, molti lettori si orientano istintivamente verso temi che suscitano forti emozioni: la cronaca nera e il gossip. Questi argomenti attirano per la loro capacità di generare coinvolgimento immediato, curiosità e, spesso, uno stato di allarme o indignazione. La cronaca nera, che parla di crimini, violenze e incidenti, così come il gossip su celebrità e personaggi pubblici, diventa spesso la scelta più cliccata.

Questa tendenza ha diverse spiegazioni. Da un lato, la natura umana è attratta da ciò che percepisce come pericoloso o straordinario; dall’altro, l’algoritmo dei social media premia i contenuti più “virali”, e quindi emozionali, rendendo la cronaca nera e il gossip altamente visibili e diffusi.

Il rischio, tuttavia, è che questa focalizzazione distolga l’attenzione da questioni di maggiore importanza sociale o politica. La continua esposizione a questo tipo di notizie può anche distorcere la percezione della realtà, facendo sembrare più comune ciò che è eccezionale o più rilevante ciò che, in fondo, è marginale. La qualità dell’informazione ne risente, e con essa la capacità del pubblico di informarsi in modo equilibrato.

Un articolo sul riscaldamento globale non fa certo, in termini di visualizzazioni, i numeri di un articolo sul nuovo litigio successo a Temptetion Island, e meno che mai importa al lettore di sapere che non c’è internet sulle montagne italiane e che, a causa di ciò stanno scomparendo i comuni. Ma se in uno di questi comuni sperduti delle Alpi o degli Appennini, ci scappa l’omicidio, ecco che diventa il luogo più cliccato su Google.

clickbait

Fake news e verifica delle fonti: una sfida continua

L’overload informativo non solo complica la gestione del flusso di informazioni, ma introduce anche il rischio di imbattersi in fake news. In un ambiente dove le notizie escono in continuazione e le fonti si moltiplicano all’infinito, distinguere il vero dal falso diventa una sfida complessa.

Il problema delle fake news è amplificato dai social media, dove le informazioni si diffondono rapidamente e dove il sensazionalismo premia. Una notizia falsa o manipolata può avere conseguenze enormi, sia perché incide sulle percezioni pubbliche, sia perché una volta diffusa diventa difficile da smentire. La velocità di diffusione e la superficialità con cui spesso si leggono le notizie rende i lettori più vulnerabili alle manipolazioni.

Per combattere le fake news, diverse piattaforme hanno implementato sistemi di fact-checking e collaborazioni con esperti per la verifica delle notizie. Tuttavia, la soluzione non è semplice: molte fake news si diffondono grazie a bot automatici o a utenti disinformati, e spesso le smentite arrivano troppo tardi. Per un lettore sommerso dalle informazioni, distinguere ciò che è vero da ciò che è falso è diventato un compito arduo, che richiede tempo e competenze.

La cultura del “scrolling”: un’attenzione fugace

Un altro aspetto preoccupante dell’overload informativo è la tendenza dei lettori a dedicare sempre meno tempo alla lettura degli articoli. Studi recenti mostrano che la maggior parte delle persone trascorre meno di un minuto su un contenuto online, spesso limitandosi a scorrere le informazioni senza approfondire. Questa cultura del “scrolling” ha profondamente influenzato il modo in cui ci approcciamo all’informazione.

Addirittura, molti utenti, invece di leggere gli articoli, si formano un’opinione basata esclusivamente sui titoli, giudicando il contenuto senza conoscerne i dettagli. Questo comportamento non solo impoverisce il dibattito pubblico, ma alimenta anche la diffusione di idee errate e pregiudizi. La superficialità con cui si consumano le notizie porta a una comprensione distorta degli eventi, con conseguenze dirette sulla qualità della discussione sociale. La vera informazione richiede tempo e impegno, e rinunciare a questo approccio critico significa accettare un’informazione scarsa e poco approfondita.

La trappola del clickbait: quando il titolo diventa l’unico contenuto

Nel panorama attuale dell’overload informativo, il clickbait è diventato uno strumento sempre più comune per catturare l’attenzione dei lettori. Il termine “clickbait” si riferisce a quei titoli sensazionalistici e accattivanti progettati per incuriosire il lettore e spingerlo a cliccare su un articolo. Tuttavia, questa pratica sacrifica spesso la qualità e la rilevanza del contenuto: il titolo promette qualcosa di straordinario, ma l’articolo delude le aspettative, offrendo poche informazioni reali o contenuti irrilevanti.

Il clickbait sfrutta il desiderio umano di sapere “cosa succede dopo…” o di accedere a informazioni che sembrano esclusive e misteriose. Di fronte a un titolo come “Non crederai a cosa è successo a…” oppure “Scopri il segreto che tutti nascondono…”, l’utente prova una curiosità irrefrenabile e tende a cliccare, solo per ritrovarsi, spesso, con un contenuto insoddisfacente.

Quando il giornalismo diventa una parodia di sé stesso

Il clickbait non solo riduce la credibilità della testata, ma aumenta anche il sovraccarico informativo e la frustrazione dei lettori, che si ritrovano ad aprire numerosi articoli senza ottenere il valore promesso. Inoltre, il clickbait non rispecchia certo la serietà del giornalismo: tradisce l’obiettivo fondamentale dell’informazione, che dovrebbe basarsi sull’accuratezza e sulla rilevanza, e non sul puro calcolo dei clic.

Chi si affida al clickbait non è un giornalista, è qualcuno che svende la propria credibilità e il valore della propria firma per un pugno di visualizzazioni. Con queste pratiche, il livello dell’informazione si abbassa e si diffonde un pericoloso disinteresse per la qualità e l’affidabilità delle notizie. Il pubblico, già sommerso di informazioni, finisce per essere ingannato e disilluso, incapace di distinguere chi fa informazione seria da chi si limita a creare rumore.

Il clickbait fa male al giornalismo, perché rende inutile l’impegno di chi si sforza ogni giorno di raccontare i fatti con obiettività e serietà. Mentre i veri giornalisti cercano di informare e costruire fiducia, chi punta sul clickbait mina quella fiducia, creando una cultura dell’informazione usa e getta. Se il giornalismo è una missione – e lo è – allora il clickbait ne rappresenta l’antitesi: è il fallimento, la scorciatoia che rinuncia all’etica, al rigore e alla responsabilità.

In buona sostanza, tra fake news e clickbait, siamo in un mondo dove l’informazione abbonda e la responsabilità di una scelta informata ricade sia sui giornalisti, chiamati a mantenere alta la qualità, sia sui lettori, che devono saper discernere e valorizzare ciò che conta.

Il giornalismo può ancora essere un baluardo contro l’overload informativo, purché continui a cercare la verità, a offrire contenuti di valore e a educare alla consapevolezza informativa.

Ma tutto questo, è solo il mio amaro e modesto parere.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”