Sanremo è a Sanremo: cronaca di una bufala annunciata

Alla fine, ci siamo. Il Comune di Sanremo e la Rai hanno trovato l’accordo. Due giorni di trattative serrate, qualche nottata insonne e, finalmente, è tutto nero su bianco: il Festival della Canzone Italiana resta nella sua città. Ovvero dove lo sapevamo tutti che sarebbe rimasto fin dall’inizio. Eppure, per settimane, la notizia più ovvia del secolo ha riempito pagine e pagine scritte da un esercito di cronisti improvvisati con teorie da bar dello sport: il Festival a Carmagnola (TO), a Taormina (ME), su Marte, magari in diretta dalla spiaggia di Forte dei Marmi (LU).

Perfino il sindaco di Torino, tra una seduta in consiglio, un impegno istituzionale e la stesura del suo primo romanzo, era pronto a ospitare il Festival.

Roba che neppure la fantascienza degli anni ’60 avrebbe osato. Mentre i veri attori di questa vicenda discutevano contratti e spazi, il resto del mondo mediatico ci regalava pettegolezzi da bar travestiti da retroscena. E così, tra titoli sensazionalistici e congetture improbabili, abbiamo assistito a un paradosso: più il Festival era prevedibile, più la cronaca lo trasformava in un evento epico e inatteso.

Poi ci si chiede perché la gente non si fida più dei giornali e dei giornalisti.

La verità, quella vera

La realtà è semplice: il Festival è un affare serio. Muove soldi, turismo e immagine, non si organizza a colpi di tweet, di post virali o chiacchiere da redazione sonnolenta. Il Comune e la Rai hanno fatto quello che dovevano: sedersi a un tavolo, parlare, trattare, arrivare a un accordo. Punto. Due giorni di trattative reali hanno sostituito due mesi di supposizioni mediatiche campate in aria.

E adesso? I titoloni sensazionali dei giorni scorsi fammi sorridere: “Sanremo rischia di perdere il Festival”, “Si pensa a spostarlo altrove”, “Fonti vicine parlano di rottura”.

Le famose “fonti vicine”, probabilmente sempre quelle del bar sotto la redazione tra un caffè e uno spritz, hanno tenuto milioni di lettori col fiato sospeso per niente. La realtà, quella vera, quella ovvia, è che il Festival di Sanremo resta a Sanremo, e chi sperava in rivoluzioni clamorose dovrà farsene una ragione.

Il Festival resta a Sanremo: notizia scomoda per qualcuno?

Ebbene si, il Festival resta a Sanremo. Notizia sconvolgente per chi sperava nell’imprevedibile. Adesso i professionisti del clickbait dovranno trovare un’altra gallina da spennare. Perché la verità, quella vera, fa male: niente rivoluzioni, niente Festival itinerante, niente titoloni da clic facile.

Sanremo è al suo posto, esattamente dove è sempre stato, e non c’è decreto, tweet o live su Instagram che possa cambiare questa ovvietà. Sarà dura per chi campa di “indiscrezioni” e sogni di gloria mai confermati.

Per noi, invece, resta la soddisfazione di vedere smontate, una volta per tutte, le impalcature del teatrino mediatico. Guardare i titoli sensazionalistici trasformarsi in un nulla di fatto, ha il sapore dolce della rivincita del giornalismo serio, quello che si affida a fonti reali e comunicati ufficiali, e che disdegna l’arte dell’iperbole e del click facile. E mentre qualcuno rimugina sulla perdita di una fallita credibilità , noi possiamo semplicemente sorridere: Sanremo resta a Sanremo, e la verità, alla fine, è più elegante di qualunque scandalo inventato.

Impara l’arte e mettila…online!

Se c’è qualcosa che l’ultima vicenda del Festival ci insegna, è che il giornalismo italiano ha sviluppato una straordinaria capacità: trasformare l’ovvio in dramma. Non importa quanto chiaro fosse fin dall’inizio che Sanremo sarebbe rimasto a Sanremo, le redazioni hanno messo in scena un autentico thriller mediatico: tutto serviva a gonfiare l’ansia del lettore come un soufflé mal riuscito.

E la magia di questa “arte” sta nel fatto che, grazie ai social e a internet, chiunque può partecipare: basta avere una tastiera, un account social e la voglia di scrivere che “qualcosa potrebbe succedere”. Ogni congettura diventa più fantasiosa della precedente, ogni indiscrezione più autorevole… fino a quando, ironia della sorte, la realtà decide di riprendersi il palcoscenico.

I coiffeur del giornalismo e le loro verità fai-da-te

E ora un pensiero affettuoso, si fa per dire, va a loro: gli imbianchini del giornalismo, i panettieri della notizia, i coiffeur della verità. Gente che la mattina ti passa due mani di bianco in salotto, ti sforna la ciabatta fragrante o ti fa la permanente e la piega, e il pomeriggio, tra un post su Facebook e un reel su Instagram, diventa improvvisamente esperta di contratti, trattative, diritti televisivi. Tutti con la bava alla bocca a sparare “notizie” mai confermate, magari pubblicate su pagine social o siti che si spacciano per giornali ma sono meri blog per leoni da tastiera e che non hanno visto una redazione o una sala stampa neanche a distanza di sicurezza.

Nel frattempo, i giornalisti veri, quelli con un tesserino, una redazione e una deontologia, aspettavano i comunicati ufficiali prima di scrivere una riga. Ma si sa, la pazienza non porta click, e la verità fa meno rumore di una bufala ben condita. Adesso, con l’accordo firmato, resta il silenzio imbarazzato di chi fino a ieri gridava alla rivoluzione e oggi deve ammettere che era tutta fuffa.

Perché Sanremo è a Sanremo (e dispiace per i profeti del nulla).

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.
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