Incidente petroliere russe nel mar nero: si stima la fuoriuscita di 3.000 tonnellate di combustibile. Greenpeace Ucraina: «in pericolo l’ecosistema locale»
Domenica scorsa, due petroliere russe, la Volgoneft-212 e la Volgoneft-239, sono state travolte da una violenta tempesta nello Stretto di Kerch, un passaggio cruciale che collega il Mar Nero al Mar d’Azov. Entrambe le navi, costruite oltre 50 anni fa, trasportavano tra le 8.000 e le 9.000 tonnellate di olio combustibile pesante, noto come mazut. A causa dell’età avanzata delle strutture, la Volgoneft-212 si è spezzata in due, rilasciando in mare una quantità stimata di 3.000 tonnellate di combustibile.
Le conseguenze sono state immediate. Macchie di petrolio sono apparse lungo il litorale vicino ad Anapa, mentre decine di video pubblicati dai residenti mostrano uccelli intrappolati nel mazut e coste visibilmente contaminate. Attualmente, l’estensione della fuoriuscita copre oltre 60 chilometri, dal ponte di Crimea fino alla regione di Krasnodar. Diverse città hanno dichiarato lo stato di emergenza, e gli esperti temono che l’impatto ambientale possa peggiorare con il passare dei giorni.
“Gli incidenti che hanno coinvolto le due petroliere nello Stretto di Kerch, che secondo diversi rapporti hanno entrambe oltre 50 anni di servizio, costituiscono una grave minaccia ambientale”, ha dichiarato Natalia Gozak, direttrice dell’ufficio di Greenpeace Ucraina. “Il combustibile fuoriuscito sta già compromettendo l’ecosistema locale”.
Un disastro ambientale di proporzioni enormi
L’olio combustibile fuoriuscito, il mazut, è un prodotto estremamente viscoso e difficile da rimuovere, in grado di persistere nell’ambiente per anni. Questo materiale, una volta entrato in contatto con l’acqua, forma chiazze dense che si depositano su spiagge, rocce e fauna marina. Gli uccelli marini sono tra le prime vittime di queste fuoriuscite: le loro piume, ricoperte di petrolio, perdono le proprietà isolanti e impermeabili, causando ipotermia e morte.
Inoltre, il mazut può penetrare negli strati di sabbia e nei fondali, contaminando le zone di riproduzione di pesci e molluschi. Le autorità russe stanno tentando di contenere i danni con barriere galleggianti e operazioni di bonifica, ma l’estensione della contaminazione complica ogni intervento. Secondo gli ambientalisti, sarà necessario monitorare l’area per anni prima di poter valutare pienamente l’impatto.
L’allarme di Greenpeace: il rischio della “flotta ombra”
Greenpeace ha puntato il dito contro le pratiche russe, evidenziando come molte petroliere utilizzate nel paese facciano parte della cosiddetta “flotta ombra”. Questo termine si riferisce a navi obsolete, scarsamente assicurate e spesso già segnalate per gravi difetti tecnici.
“Questo episodio evidenzia un problema ben più ampio: le attività della flotta ombra russa. La Russia impiega petroliere obsolete per esportare petrolio greggio e finanziare la guerra in Ucraina”, ha aggiunto Natalia Gozak. “È indispensabile che queste navi vengano aggiunte alla lista delle sanzioni dell’Unione Europea”.
Un rapporto pubblicato da Greenpeace Germania aveva già identificato 192 petroliere particolarmente pericolose. Tra i problemi più frequenti segnalati ci sono il rischio di incidenti tecnici, la difficoltà di manovra in condizioni meteorologiche avverse e la mancanza di garanzie assicurative adeguate.
Riflessioni sull’impatto ecologico e sulla prevenzione
Gli eventi nello Stretto di Kerch rappresentano solo l’ultimo di una lunga serie di incidenti che dimostrano la fragilità degli ecosistemi marini di fronte alle attività umane. Un elemento cruciale di questa crisi è l’utilizzo di navi obsolete per il trasporto di materiali altamente pericolosi. Petroliere con oltre 50 anni di servizio non dovrebbero essere operative, specialmente in aree soggette a condizioni climatiche avverse come il Mar Nero.
È necessario un cambio di paradigma nella gestione dei trasporti marittimi. Questo incidente sottolinea l’urgenza di regolamenti internazionali più stringenti per il controllo delle petroliere, con ispezioni regolari e l’obbligo di rispettare standard di sicurezza moderni. In parallelo, è fondamentale potenziare le sanzioni europee contro la flotta ombra russa, con un maggiore monitoraggio delle navi coinvolte nel commercio di petrolio. Infine, la collaborazione internazionale per la tutela ambientale è imprescindibile: il Mar Nero è un bacino condiviso da più nazioni, e la protezione del suo ecosistema richiede sforzi collettivi.
Le simulazioni effettuate dall’Associazione Greenpeace, che hanno mostrato come una fuoriuscita di petrolio potrebbe propagarsi rapidamente lungo le coste, evidenziano il potenziale devastante di simili incidenti. “Una chiazza di petrolio come quella del Mar Nero potrebbe avere conseguenze catastrofiche se si verificasse al largo delle coste tedesche o di altri paesi europei”, si legge nel rapporto.
La morte nera
Le conseguenze dell’incidente nel Mar Nero vanno oltre il disastro immediato. Questo episodio è un campanello d’allarme per la comunità internazionale, che deve intervenire con urgenza per regolamentare e monitorare il traffico marittimo, in particolare quello legato al trasporto di combustibili fossili.
Il caso delle petroliere russe dimostra come l’inerzia e la mancanza di controlli adeguati possano trasformare un singolo incidente in una crisi ecologica di vasta portata. È imperativo prevenire nuovi episodi di questo tipo e proteggere gli ecosistemi marini, che rimangono fondamentali per il benessere del pianeta e delle comunità che ne dipendono.
Foto copertina di Boris Kjaev da Pixabay
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