Tintoretto, il pittore di Venezia, tra furore, genio e ribellione

Jacopo Tintoretto (1518- 1594), al secolo Jacopo Robusti, anzi Jacopo Comin. Perché, se per più di 500 anni si è pensato che Robusti fosse il suo vero cognome, è solo nel 2007 che si scopre il cognome Comin, per mano di Miguel Falomir, curatore del museo del Prado di Madrid. In realtà anche qui c’è confusione poiché qualche storico dell’arte ha avanzato ipotesi che il cognome Comin sia stato attribuito, con probabile intento fraudolento, da Sebastiano Casser, ultimo erede del pittore.

Ma il mistero del cognome continua. Se è certo che Tintoretto sia stato soprannominato così per la professione di “tintor” del padre, incerto è lo stesso cognome Robusti. Questo pare, infatti, sia un soprannome ereditato durante la guerra della Lega di Cambrai, quando il padre aveva difeso energicamente ( cioè in modo molto robusto) le porte di Padova contro le truppe imperiali.

ritratto di Tintoretto anziano con fondo nero e vestito nero conservato a l museo del Louvre
itratto conservato al Louvre licenzaa CC

L’invidia di Tiziano

Vicissitudini del cognome a pare, Tintoretto è vittima dell’ardore di un fuoco che non si estinguerà mai: quello della pittura. Protagonista di un’epoca abitata da giganti come Tiziano e Veronese. E proprio con Tiziano ha il primo scontro. Portato dal padre, che vuole assecondare la passione del figlioletto per la pittura, a “bottega” dal grande Tiziano, Tintoretto ne è cacciato dopo poco. Il Ridolfi infatti racconta che il maestro, dopo aver visto il primo disegno del ragazzo, tracciato di getto e pieno di energia, lo fa allontanare con un pretesto da uno dei suoi collaboratori. Aveva tutti i numeri per diventate un suo pericoloso rivale.

E tanto per dire che Tiziano forse non aveva poi tutti i torti a temerlo, le cronache dell’epoca narrano che il Tintoretto avesse scritto su una parete del suo studio il motto “il disegno di Michelangelo e il colore di Tiziano”. In realtà il suo stile sarà poi molto lontano da entrambi. Tintoretto dipinge e trasmette con una spinta emotiva incredibile. Le esagerazioni di luce e ombre donano ai personaggi un movimento e un alone di energia incontrollabile, quasi mistica. L’esempio più lampante? Il Miracolo dello schiavo liberato eseguito nel 1548 per la Scuola Grande di San Marco e per assurdo rifiutata perché non tradizionale. Lo scalpore derivato da questo episodio procura a Tintoretto la fama di giovane pittore più promettente di Venezia.

il quadro di Tintoretto allegoria biblica il, miracolo dello schiavo liberato
il miracolo dello schiavo liberato – Tintoretto à licenza CC

Tintoretto il gran “furbone” e la cupola con San Rocco

Tintoretto non eccelle solo nella pittura ma anche nella sua grande furbizia che lo rende protagonista di un fatto molto singolare, a dimostrazione della sua grande bramosia di eccellere e farsi notate. Questi i fatti. Nel 1578, trent’anni dopo il rifiuto della sua opera, a Venezia si celebra il centenario della Scuola di San Rocco, e si decide di indire un concorso di pittura per un grande dipinto di “San Rocco in gloria” da installare sul soffitto della scuola.

Al concorso, tra molti altri , partecipano anche Tiziano Vecellio, Paolo Caliari detto il Veronese e Jacopo Tintoretto. La norma vuole che i partecipanti presentino dei bozzetti dell’opera. Il vincitore la dipingerà poi a grandezza naturale sulla cupola. Tintoretto non si fa scrupoli pur di vincere. Realizza, nel suo studio, l’opera completa nelle dimensioni definitive. La notte prima della finale corrompe alcuni custodi e installa l’ opera proprio sul soffitto dove sarebbe poi dovuta essere definitivamente collocata.

La mattina dopo, quindi, Tiziano, Veronese e tutti gli altri si presentano alla giuria con le loro piccole bozze sotto il braccio. Tintoretto invece fa solo alzare gli occhi. Il magnifico “San Rocco in gloria” è già finito e installato. Tintoretto, ovviamente, con questo scolpo di scena da gran furbone ottiene la commessa, ma per evitare ogni polemica regala il San Rocco.

tintoretto il soffitto con san rocco in gloria
Tintoretto San Rocco in gloria – immagine licenza CC

Tintoretto il commerciante: costa meno di Tiziano

San Rocco in gloria inaugura una lunghissima serie di dipinti, eseguiti da Tintoretto, per la Scuola di San Rocco senza doversi più sottoporre ad alcun concorso. Una serie che ancora oggi è il maggior complesso pittorico a livello mondiale. Opere magnifiche che realizza in tempi rapidi e, soprattutto, con compensi più modesti rispetto alle richieste di Tiziano e Veronese.


Tiziano e Veronese lo criticano, le sue opere sembrano incompiute e tutto quel movimento nelle sue tele appare caotico. In realtà questa è la novità dello stile di questo giovane artista. Il suo modo di dipingere è veloce, rapide le pennellate e questo gli consente di creare delle opere in tempi più brevi rispetto agli altri . E così Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, sbaraglia la concorrenza e ottiene, oltre alla miriade di commesse per la sua bottega, anche una fama sempre più grande.

Il primo cineasta della storia

Jean-Paul Sartre definisce Tintoretto il “primo cineasta della storia”. Infatti, e qui attingiamo ancora dai racconti del Ridolfi, si narra che il pittore era solito preparare dei piccoli “teatrini” per studiare la composizione delle opere e l’effetto delle luci. Per studiare gli scorci, appendeva manichini al soffitto dello studio e poi creava incredibili panneggi. Sete e stoffe fluttuanti su modellini di cera, che disponeva in “stanze” illuminate da candele e costruite con cartoni.

susanna e i vecchioni particolare dell'opera
Susanna e i vecchioni particolare dell’opera licenza CC

Tintoretto il Furioso

Tintoretto ama rappresentare scene affollate, arricchite da particolari effetti luminosi che coinvolgono emotivamente: nasce l’interprete del nuovo manierismo e l’anticiparore del barocco. Lavoratore instancabile, è soprannominato “Il furioso“ proprio per i colori violenti e pastosi, per l uso esasperato della prospettiva che utilizza nelle sue opere dandole una profondità mai vista prima.

Il Vasari, lo descrive come un artista stravagante, capriccioso, presto e risoluto: il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura. Ancora Sartre, molti anni dopo scriverà  Tintoretto è Venezia anche se non dipinge Venezia. Un furore di uomo tormentato e artista spregiudicato. Delle sue arti e rivalità private la Serenissima è teatro ancora oggi, conservando oltre i secoli l’impronta indelebile lasciata dall’inarrestabile “Tentor”

la creazione degli animali tintotretto

Non ignorare viandante

Al 3399 di Fondamenta dei Mori in Cannaregio, una lapide posta sulla facciata di un edificio ammonisce il viaggiatore: “Non ignorare, viandante, l’antica casa di Jacopo Robusti detti il Tintoretto. Di qui per ogni dove si diffusero innumerevoli dipinti, mirabili pubblicamente e privatamente, magistralmente realizzati con fine ingegno dal suo pennello”

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".