Intervista con Fabio Ceraulo, autore del libro “El Diablo”, un romanzo storico/thriller pieno di suspence, tra antiche e misteriose leggende popolari
Fabio Ceraulo è uno scrittore palermitano con un curriculum letterario maturato in poco più di dieci anni. Tra i suoi scritti, un paio di antologie di racconti inerenti alla sua città (“Palermo nascosta” e “Palermitando”), un romanzo breve, tre romanzi storici (“Il tredicesimo giorno”, “Anima di polvere” e l’ultimo, “El Diablo”, un thriller ma inerente a fatti storici) e diverse collaborazioni a raccolte di autori vari, alcune della quali legate a progetti di beneficenza.
Fabio Ceraulo: un curriculum molto ricco in uno spazio di tempo non lunghissimo. Come mai?
Perché nel mio caso, l’appetito è venuto mangiando. Quando ho concluso e consegnato la stesura del mio primo libro, “Palermo nascosta”, una raccolta di racconti, in realtà avevo tanti altri aneddoti e storie conservate nel cassetto. Subito iniziai a scrivere una seconda antologia che fu pubblicata sulla scia del successo del primo libro. Quest’opera, nella mia città, tra il 2012 e il 2013, fu un piccolo “caso” letterario, condito, con mia grande sorpresa, da interviste per quotidiani, radio, siti web e “ospitate” in tv locali. Stordito ma felice, decisi di continuare l’attività letteraria a testa bassa, motivato e sostenuto dalle buone recensioni. Il resto è venuto da se, soprattutto per i romanzi. Idee, storie e creatività non mancarono affatto.
Sei partito da due antologie di racconti relativi alla tua città, Palermo, scenario anche dei tre romanzi pubblicati. Quanto è forte il legame di un autore con il luogo dove è nato e ha vissuto?
Nel mio caso il legame con Palermo è stato, ed è, fondamentale. La città è una fonte di ispirazione continua, per la sua storia, la cultura, le contraddizioni e la gente. Mi ritrovo sempre nella mia Palermo, nonostante il rapporto, da qualche tempo a questa parte, si stia un po’ incrinando per il modo in cui i miei concittadini vivono il luogo che li circonda, cosa che spesso mi trova in disaccordo. In linea di massima è come un rapporto sentimentale, fatto di esaltazione e momenti di crisi. Forse è giunto il momento di spostare geograficamente i miei interessi anche altrove. Vedremo…
Nel tuo ultimo romanzo, El Diablo, parli di leggende popolari della tua terra e una, in particolare, sembra essere legata all’origine della criminalità organizzata. Qual è oggi la sensazione di un abitante della tua città riguardo a questo fenomeno?
Molto è cambiato. La criminalità ha spostato i suoi interessi dove può attingere denaro, anche se, considerato il periodo che stiamo vivendo, più che altro raschia il fondo del barile. La consapevolezza riguardo al fenomeno criminale è mutata. La gente, fatte delle eccezioni, ha alzato la testa e ha reagito, soprattutto dopo gli attentati a Falcone e Borsellino. Da lì è come se fosse suonata una sveglia nella mente dei siciliani, stufi di essere sempre definiti “mafiosi” dovunque andassero. Il fenomeno comunque va sempre combattuto, sul campo e a livello culturale, dalle famiglie alla scuola.
Hai presentato proprio quest’ultimo romanzo al Salone del libro di Torino. Com’è stata quell’esperienza?
Un momento indimenticabile. Ovviamente, la mia presentazione non è stata come quelle altisonanti di autori famosi o vip, ma l’atmosfera che si respira in quel contesto di sicuro esalta. Sentire la propria voce rimbombare al microfono e attirare tanti curiosi che si fermano ad ascoltare è un’esperienza che auguro a tutti coloro che scrivono. Non so quante volte ho rivisto il video, trasmesso in diretta e diffuso in tutta Italia, con i commenti degli amici che facevano il tifo per me. Per questo sono grato alla casa editrice Le Mezzelane, organizzatrice dell’incontro.
Se dovessi consigliare un romanzo o un film, cosa suggeriresti?
A parte qualsiasi romanzo del mio mito letterario Emilio Salgari, consiglierei una storia d’amore che mi ha entusiasmato, “Avventure della ragazza cattiva” di Mario Vargas Llosa o il drammatico “Mapocho” della cilena Nona Fernandez. Per i romanzi storici, sicuramente “Il Gattopardo”, affascinante e ricco di spunti sociali. Per i film, direi “Pomodori verdi fritti alla fermata del treno”, “Una vita difficile” di Alberto Sordi e “La ragazza del mondo” con la giovane attrice Sara Serraiocco, secondo me prossima numero uno del cinema italiano.

