Diciamolo, l’edizione del 2024 della Biennale di Venezia è all’insegna di tutto ciò che nell’arte non dovrebbe esserci: censura, politica, polemiche ed esclusioni. Non tutte necessariamente in questo ordine.


I grandi o “le grandi “escluse della Biennale: Palestina e Israele
Andiamo per ordine, per primo è arrivato il rifiuto del progetto presentato dal Palestine Museum. Peccato che sia arrivato il 20 ottobre, due settimane prima dei fatti che hanno acceso il conflitto. Motivazione: la Palestina non è uno stato riconosciuto dalla Repubblica Italiana. E l’arte? Soccombe alla politica dei confini e dei riconoscimenti?
A ruota, contro Israele parte una campagna promossa dall’ ANGA, Art Not Genocide Alliance, che raccoglie in breve tempo più di 24.000 firme per rifiutare la presenza di uno stato di apartheid genocida sulla scena culturale mondiale della 60a Biennale di Venezia. Chi ci sia veramente dietro ANGA non è dato sapere. Sul sito si descrivono come “un gruppo internazionale di artisti, curatori, scrittori e operatori culturali che si sono uniti per chiedere l’esclusione di Israele dalla Biennale di Venezia”. Il Palestine Museum , per ovvie ragioni risulta firmatario della petizione di ANGA.


Israele ha diritto di esprimere la propria arte, la risposta di Sangiuliano
Durissima la risposta del Ministro della Cultura Sangiuliano .“Inaccettabile, oltre che vergognoso, il diktat di chi ritiene di essere il depositario della verità e con arroganza e odio pensa di minacciare la libertà di pensiero e di espressione creativa in una Nazione democratica e libera come l’Italia. Israele non solo ha il diritto di esprimere la sua arte ma ha il dovere di dare testimonianza al suo popolo proprio in un momento come questo in cui è stato duramente colpito a freddo da terroristi senza pietà”.
Risultato. Il team artistico del Padiglione Israeliano, pur con un progetto presentato a settembre 2023 a cura di Mira Lapidot e Tamar Margalit, rappresentato dall’artista e regista Ruth Patir, si è ritirato come diretta conseguenza della pressione diffusa, ma il padiglione non è stato chiuso definitivamente. “Ci aggrappiamo alla convinzione che debba esserci uno spazio per l’arte, per la libera espressione e creazione, in mezzo a tutto ciò che sta accadendo”, dichiarano Lapidot, Margalit e Patir.
E l’arte? Soccombe alla pressione politica internazionale, ai media, all’opinione pubblica che mette artisti, integralisti e guerrafondai tutti sullo stesso piano? Insomma di tutta un’ erba fascio? Come dire che tutti gli italiani sono mafiosi. Brutto eh? Però pare che lo stereotipo sia quello. Italia= mafia, Israele = genocidio. Non fa una piega.


‘Palestinian Art in the Streets’ , a Venezia , ma non in Biennale
Sempre da parte di ANGA, in linea con la difesa della Palestina, è promossa, non in Biennale, ma tra le strade di Venezia, la mostra ‘Palestinian Art in the Streets’. La mostra celebra e presenta 40 opere di 13 artisti palestinesi tra cui Bayan Abu Nahla. Bayan Abu Nahla lavora principalmente con acquerello e penna e inchiostro su carta, catturando le difficoltà della vita quotidiana in una terra segnata da un’occupazione brutale.


La Russia come già nel 2022, grande assente alla Biennale, Ucraina Presente
Anche nella Sessantesima edizione del 2024, la Russia, come già nel 2022 non parteciperà alla Biennale. Brilla l’assenza di dichiarazioni ufficiali da parte del Ministero della Cultura russo e della Biennale stessa. Insomma, meglio un dignitoso silenzio che un oltraggioso rifiuto. Pensandola come un russo è perfetta.
Da ricordare che nel 2022 la Russia, per decisione autonoma, in accordo con gli artisti Alexandra Sukhareva, Kirill Savchenkov e il loro curatore si ritirò lasciando chiuso il padiglione. E l’arte? Soccombe alla politica mondiale?
Presente, alla Biennale 2024 invece, l’Ucraina, con opere e lavori sul tema guerra ed emigrazione negli spazi dell’Arsenale.
Politically perfect.


Arriva anche l’appello contro l’Iran
Dopo la petizione per la esclusione del padiglione Israele, ecco arrivare anche un appello contro la Repubblica islamica dell’Iran. L’appello vede la promozione di Woman Life Freedom Europe e da Woman Life Freedom Italy. Pietra dello scandalo, l’inserimento dell’Iran con candidatura all’ultimissimo secondo, nell’elenco dei padiglioni nazionali con – serve dirlo? – artista scelto dal regime.
«Nel pieno del terrore, Woman Life Freedom Italy Community e Woman Life Freedom Europe Community, a nome degli artisti dissidenti e degli artisti indipendenti, e del popolo iraniano perseguitato, chiede di dare un segnale forte e chiaro alla comunità internazionale, con una voce autorevole che annulli la partecipazione dell’Iran e degli artisti asserviti al regime alla Biennale arte di Venezia 2024». Vede, tra gli altri, fra i firmatari Nanni Moretti, Marco Bellocchio e Francesca Archibugi. I curatori Luca Massimo Barbero e Chiara Bertola. E’ stata inviata, pare, anche alla presidente Giorgia Meloni.


Lapidaria la risposta della Biennale. «Tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica italiana possono in totale autonomia richiedere di partecipare ufficialmente. La Biennale, di conseguenza, non può prendere in considerazione alcuna petizione o richiesta di escludere la presenza di Israele o Iran». La Biennale si salva, ma l’arte? Soccombe alla strategia politica internazionale con qualche defezione o silenzio?
Il nuovo regime Polacco autocensura il proprio artista Ignacy Czwartos
L’anno scorso, in Polonia, era stato selezionato ed approvato dall’allora ministro della Cultura il progetto del pittore Ignacy Czwartos dal titolo: Esercizi polacchi della tragica natura del mondo. Tra Germania e Russia. Quindici dipinti a olio della storia che riguardano eventi e personaggi, la cui menzione era vietata dal regime comunista negli anni 1945-1989. Oltre a rappresentazioni dei criminali di guerra tedeschi e le attività criminali della Russia di Putin.


Cambio della guardia. Nell’ottobre 2023, il partito conservatore di destra Diritto e Giustizia (PiS) è stato eliminato e la Piattaforma Civica (PO) di centrosinistra di Donald Tusk è salita al potere. Il nuovo ministro entrante della Cultura e del Patrimonio Nazionale Bartłomiej Sienkiewicz ha annunciato nel dicembre 2023 la sua decisione di cancellare la mostra di Czwartos con queste motivazioni. “Dopo aver analizzato le procedure di concorso per la mostra… e dopo aver [raccolto] le opinioni e le voci delle comunità, [gli artisti ]hanno accettato la decisione di non realizzare il progetto”. E l’arte? Soccombe alle politiche nazionali polacche?… ça va sans dire…


Nonostante tutto Czwartos sarà ospitato a Venezia , grazie alla Resistenza, ma fuori Biennale
«Non è stata fornita alcuna motivazione per giustificare la decisione e, per di più, questa decisione è contraria alla normativa in vigore. Lo percepisco come una censura.’ Dichiara l’artista escluso dalla possibilità di partecipare alla Biennale in un articolo su The Art Newspaper.
Le opere di Ignacy Czwartos sono comunque visibili a Venezia grazie al sostegno di Marek Buczkowski, che ha messo a disposizione il proprio spazio in viale IV Novembre 8, per la presentazione delle opere dell’artista polacco. Lì, e non nei locali della Biennale, in nome della libertà di espressione è visibile dal 17 aprile la mostra di Czwartos che ha preso il nome di Polonia uncensored / Polonia senza censura.


Padiglione Bosnia , censura per Šejla Kamerić
Bosnia: ancora la politica fa la parte del leone per la censura dell’opera dell’artista bosniaca Šejla Kamerić, nota per Bosnian Girl. Inizialmente invitata a rappresentare il Padiglione della Bosnia Erzegovina alla 60a Biennale di Venezia, all’ultimo momento, la sua opera è stata censurata. L’opera all’indice, una bandiera bianca sbrindellata a mezz’asta, “Cease”/Cessate il fuoco. Un gesto di rimprovero che va oltre la tregua, il colloquio o la resa. Il governo nazionalista bosniaco sceglie, al suo posto, l’autore di innocui monumenti urbani, molto più consoni a un fair play politico.
Come per Czwartos, anche per l’artista Šejla Kamerić, “Cease”, Cessate, non sarà in biennale ma nel cuore di Venezia, in Campo Santo Stefano, come un’opera folgorante di denuncia alla libertà d’arte. Supportata da Ars Aevi, Museo d’Arte Contemporanea di Sarajevo e curata da Giulia Foscari.


L’arte non è più libera?
Di fronte a tutto questo, è difficile non pensare come la politica, i governi, le opinioni di massa ,le pressioni mediatiche, insomma, tutto ciò che arte non è, invece decida in merito. Forse qualcuno potrebbe dire che anche i più grandi maestri come Caravaggio, Leonardo, Michelangelo, Klimt sono stati al soldo di Re e Governi. Vero, ma con una differenza: allora l’artista era pagato e consapevole. Qui non si può dire altrettanto.
Foreigners Everywhere/ Stranieri ovunque Biennale 2024 , titolo decisamente in tema , anche se l’unica straniera alla biennale pare l’arte.
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