“Vai Rrouge”: Enrico Ruggeri tra palco e vita

1987

Italia: mandato di cattura per concorso in bancarotta fraudolenta contro Paul Marcinkus, presidente dello IOR, nell’ambito delle indagini sul crack del Banco Ambrosiano. 

USA: sulla rete televisiva CBS va in onda la prima puntata della soap opera Beautiful (il programma in Italia sarà trasmesso a partire dal 1990).

Torino, 11 aprile: muore suicida Primo Levi, scrittore, chimico, partigiano e superstite dell’Olocausto.

USA, 21 novembre: viene inaugurato il sistema operativo Windows 2.03.

Palermo, 16 dicembre: dopo 22 mesi di dibattimento si chiude il Maxiprocesso di Palermo contro la mafia: ergastolo per 19 boss, 342 condanne a pene detentive e 114 assoluzioni per insufficienza di prove.

Las Vegas (Nevada, USA), 1° agosto: Mike Tyson sconfigge Tony Tucker unificando la corona mondiale dei pesi massimi.  

Il Porto conquista la sua prima Coppa dei Campioni vincendo 2-1 la finale contro il Bayern Monaco.  

Il Napoli vince il primo scudetto della sua storia. Capocannoniere del torneo Pietro Paolo Virdis (Milan) con 17 reti.

Gianni Morandi, Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi vincono la trentasettesima edizione del Festival di Sanremo con “Si può dare di più”.

Enrico Ruggeri

Non crediate sia facile parlare del proprio artista preferito e non crediate sia facile scindere il “critico” dal “fan”. Il rischio, assolutamente dietro l’angolo, è quello di enfatizzare troppo i concetti, gli aggettivi e la narrazione.

La mia passione per Enrico Ruggeri può essere tuttavia la guida perfetta per raccontare l’evoluzione della sua musica, la potenza di questo album dal vivo e il posto speciale che occupa nel cuore dei fan, e nel mio.

Per quanto mi riguarda tutto nasce in radio, agli inizi degli anni ’80 dove prima i Decibel poi Enrico da solista erano ospiti fissi nelle mie trasmissioni. “Señorita”, “Polvere”, “Contessa”: i solchi di quei 45 giri sono stati consumati dalle puntine, altrettanto consumate, di quei giradischi ormai obsoleti, già all’epoca, in quella cantina di via Santa Teresa a Torino.

E poi “Presente” consumato in camera mia, nonostante lo stereo un pochino più “professionale”, e poi quel concerto allo Stadio Comunale di Moncalieri, nell’estate torrida del 1985, tra polvere e sudore, insieme all’amore della mia vita, dove sono riuscito, grazie a una Marlboro offerta (e accettata), a fine concerto, ad incontrarlo per la prima volta.

Da quella sera in poi ci siamo incontrati parecchie volte, in giro per l’Italia, e la sensazione è sempre stata quella di parlare con un fratello maggiore, il fratello con cui non hai segreti.

Ho seguito passo passo la carriera di Enrico, e ancora oggi, ogni nuovo album, ogni concerto, è atteso con la stessa curiosità, la stessa impazienza e lo stesso entusiasmo del ragazzo di allora diventato uomo (forse).

La colonna sonora della mia vita. L’unico che è davvero riuscito a raccontare con le sue canzoni, la mia inquietudine e le mie passioni.

Si può dare di più

Quando arriva il 1987, Enrico Ruggeri ha già conquistato il pubblico con un repertorio vasto e variegato. L’anno precedente ha partecipato per la terza volta al Festival di Sanremo con “Rien ne va plus”, secondo me una delle canzoni più belle del suo repertorio, classificandosi al 17° posto (su 22 partecipanti), vincendo però il Premio della Critica.

L’anno seguente vince la kermesse sanremese con “Si può dare di più”, insieme a Gianni Morandi e Umberto Tozzi. Tre cantanti con stili musicali molto diversi ma con in comune la grande passione per il calcio.

La canzone nacque proprio dall’esperienza dei tre artisti nella Nazionale Cantanti, di cui “Si può dare di più divenne l’inno ufficiale”.

A seguito del Festival, Enrico intraprende un tour teatrale, documentato nel doppio live “Vai Rrouge”. L’album è presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo la rivista Rolling Stone Italia alla posizione numero 54.

Di questo tour esiste testimonianza anche in una videocassetta “Enrico VIII tour”, pubblicata nello stesso anno.

È un Ruggeri in grande spolvero dopo il successo a Sanremo, accompagnato da una band da paura (mi perdonino i musicisti ingaggiati prima e dopo), la migliore che abbia mai supportato il cantautore milanese. Una band che comprendeva: Luigi Schiavone, chitarre, Alberto Rocchetti, tastiere, Renato Meli, basso, Luigi Fiore, batteria, e Stefania Schiavone, pianoforte. Ad accompagnare la band, l’orchestra Filarmonica di Alessandria, diretta dal Maestro Fred Ferrari.

Vai Rrouge

Un doppio album dal vivo che rappresenta non solo una sintesi del suo percorso musicale fino a quel momento, ma anche una dichiarazione artistica e personale.

Vai Rrouge” è più di un semplice album dal vivo: è uno spaccato della sua carriera e della sua evoluzione artistica. Un disco che riflette tanto l’anima ribelle degli esordi quanto l’approccio più maturo e riflessivo che Ruggeri sta abbracciando in quegli anni.

Il disco include interpretazioni potenti di pezzi come “Polvere”, “Il mare d’inverno”, “Poco più di niente”, e “Non finirà”, con arrangiamenti live che donano alle canzoni nuove sfumature e una forza emotiva travolgente.

Uno degli aspetti più notevoli di “Vai Rrouge” è la capacità di Enrico di creare un’atmosfera intima anche in contesti live, dove spesso la connessione con il pubblico è diretta e palpabile. Le sue interpretazioni sembrano invitare ciascun ascoltatore a riflettere sui temi delle canzoni, che spaziano dalle inquietudini personali ai temi sociali. Ruggeri non si limita a cantare, ma vive ogni parola e ogni nota, trasmettendo un’intensità che è diventata il suo tratto distintivo. In questo doppio album, la sua voce graffiante e unica riesce a raggiungere picchi emotivi che rendono ogni brano un’esperienza unica.

Confusi in un playback

Per chi, come me, ha sempre considerato Enrico Ruggeri la propria colonna sonora, “Vai Rouge “, è un disco che incarna una serie di emozioni e ricordi difficili da esprimere a parole. Questo album riesce a mettere in musica quella tensione tra ribellione e introspezione che Ruggeri ha sempre rappresentato. La sua capacità di raccontare storie di vita, fatte di scelte difficili, di sogni infranti, ma anche di speranza e di resilienza, trova nel disco una delle sue espressioni più potenti.

Ascoltando brani come “Confusi in un playback” (canzone alla quale sono molto legato per motivi personali), o “Il portiere di notte” (secondo me, capolavoro assoluto), mi rendo conto di come Ruggeri sia stato capace di dare voce alle complessità della vita, rendendo ogni canzone una specie di specchio in cui è possibile ritrovarsi.

Vai Rrouge “riesce ancora a unire generazioni di ascoltatori attraverso parole e suoni che sembrano raccontare una storia comune, una storia fatta di lotte quotidiane e di passione per la musica. Un punto fermo, un artista che ha sempre saputo trovare il modo di parlare al cuore delle persone.

La parola ai testimoni

Dopo questo album, Ruggeri continua a evolvere come artista, sperimentando con nuovi stili e temi. Gli anni successivi lo vedono esplorare sonorità più pop e melodiche, con album come “La parola ai testimoni” (1988), “Il falco e il gabbiano” (1990), “Gli occhi del musicista” (2003), giusto per citane qualcuno, che consolidano la sua fama di autore capace di raccontare la vita e le sue contraddizioni con acutezza e poesia.

Enrico si distingue per una capacità rara di rinnovarsi senza mai perdere la propria autenticità, abbracciando il cambiamento e adattandosi ai gusti e alle tendenze del pubblico senza tradire le sue radici. “Vai Rrouge”, in questo contesto, resta un momento iconico, una testimonianza di un’epoca e un disco che funge da collegamento tra la sua fase rock degli anni Ottanta e le nuove sperimentazioni che lo porteranno a esplorare generi diversi negli anni Novanta e Duemila.

Un viaggio incredibile

“Vai Rrouge” non è solo un album live, ma un vero e proprio manifesto artistico. Con la sua intensità e la sua schiettezza, Ruggeri riesce a toccare corde profonde, mettendo a nudo le emozioni e le storie che fanno parte della vita di ognuno di noi.

Ancora oggi, continua a essere un disco fondamentale per chiunque voglia comprendere l’essenza della musica di Enrico Ruggeri e il suo contributo alla canzone italiana.

Ascoltandolo ci si rende conto di come Enrico riesca a raccontare la realtà con un’onestà rara, mettendo in evidenza i lati più oscuri e complessi dell’essere umano, ma senza mai dimenticare la speranza e la possibilità di riscatto. Questo album è un esempio perfetto della sua arte: un’arte che non cerca di compiacere, ma di raccontare la verità, anche quando è scomoda.

È una finestra aperta sull’anima di Enrico Ruggeri, un artista che ha saputo parlare con autenticità e passione a generazioni di ascoltatori. La sua musica è un invito a riflettere, a confrontarsi con sé stessi, e a cercare sempre un senso più profondo nelle cose. Per chi, come me, ha vissuto accompagnato dalle sue parole e dalle sue melodie, “Vai Rrouge” rimane una pietra miliare, un disco che non smette mai di emozionare e di raccontare la complessità della vita.

Un album che trasforma ogni ascolto in un momento di introspezione, ricordandoci perché la musica di Ruggeri è tanto importante: perché riesce a farci sentire meno soli, facendoci capire che le nostre esperienze, le nostre gioie e i nostri dolori fanno parte di una storia universale.

E ogni volta che ascolto questo disco, sento ancora quella connessione speciale, quella voce che mi ha accompagnato e che ha dato un suono ai miei pensieri.

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.