Com’è fatto un cavalluccio marino? Dove vive, cosa mangia, come cresce e quanto può vivere? Perché è considerato un simbolo di fortuna? Cosa rappresenta, che storie lo circondano, e perché oggi rischia di scomparire?
Questo piccolo animale affascina da sempre chiunque lo incontri, ma dietro il suo aspetto curioso si nasconde una creatura davvero speciale, con una vita sorprendente e, purtroppo, anche piena di difficoltà. Siamo andati all’Acquario di Genova per vederlo da vicino e conoscerlo meglio.
Indice
- Un pesce che sembra uscito da un libro di fiabe
- Dove vive?
- Quanto vive?
- Che aspetto ha?
- Cosa mangia?
- Il papà incinto: una rivoluzione in miniatura
- Particolarità del cavalluccio marino
- Perché si dice che porti fortuna?
- Cosa simboleggia?
- Tra draghi e imperatori e medicina
- Proteggere il cavalluccio marino: sfide e soluzioni
- L’importante lavoro dell’Acquario di Genova
Un pesce che sembra uscito da un libro di fiabe
È piccolo, timido, quasi immobile. Galleggia tra le alghe come una creatura distratta, eppure ha qualcosa che ipnotizza. Il cavalluccio marino sembra tutto tranne che un pesce: ha la testa di un puledro, la coda prensile di una scimmia, il corpo corazzato di un insetto e si muove come un minuscolo elicottero. Eppure è un pesce a tutti gli effetti, solo molto, molto eccentrico. Lo si incontra più facilmente nei racconti per bambini che in mare aperto, ma chi ha la fortuna di scorgerne uno lo ricorda per sempre. È una creatura che unisce biologia, magia e una buona dose di mistero.
Dove vive?
Il cavalluccio marino, il cui nome scientifico è Hippocampus, appartiene alla famiglia dei Syngnathidae, la stessa dei pesci ago. È una famiglia un po’ speciale, fatta di creature sottili, eleganti, spesso mimetiche, tutte legate da un dettaglio inconfondibile: una bocca a tubo, senza denti né mascelle mobili, perfetta per aspirare piccoli crostacei e plancton.
I cavallucci marini si trovano in quasi tutti i mari del mondo, ma preferiscono le acque calde e poco profonde, quelle ricche di vegetazione dove possono mimetizzarsi facilmente. Le barriere coralline, le praterie di posidonia e le lagune costiere sono i loro ambienti ideali. In Europa, li si può incontrare lungo le coste del Mediterraneo, dall’Adriatico alla Spagna, e in alcuni tratti dell’Atlantico orientale. In Asia, ne esistono specie che popolano i fondali dell’Indonesia, delle Filippine e della Cina meridionale. Alcuni vivono persino nelle acque salmastre degli estuari, dove il mare incontra i fiumi.
Hanno bisogno di fondali ricchi di appigli: alghe, coralli, spugne, rami sommersi. La loro coda prensile funziona come una mano: si arrotola stretta intorno a un supporto e lo tiene saldo, anche quando le correnti diventano forti. In questo modo riescono a restare fermi, nascosti tra i colori e le ombre del mare.


Quanto vive?
Il cavalluccio marino non è certo uno degli animali più longevi del mare, ma la sua vita è interessante e un po’ sorprendente. In natura, la maggior parte delle specie vive in media tra 1 e 5 anni, anche se alcune possono arrivare fino a 7 anni se le condizioni sono favorevoli. Questa durata, tutto sommato breve, è legata al loro stile di vita: sono animali piccoli, con una crescita abbastanza rapida e un ciclo riproduttivo intenso, ma devono anche affrontare molte minacce, come predatori, inquinamento e, purtroppo, l’intervento umano.
In cattività, con acqua pulita, cibo costante e nessun pericolo, possono vivere anche più a lungo, ma restano comunque creature delicate, che non sopportano bene lo stress e i cambiamenti improvvisi. Per questo motivo, la loro vita nei mari è un equilibrio delicato tra la capacità di adattarsi e le difficoltà che incontrano.
Che aspetto ha?
A differenza di tanti altri pesci, non ha pinne potenti né un corpo idrodinamico. È un pessimo nuotatore. Le sue minuscole pinne dorsali vibrano fino a 70 volte al secondo per mantenerlo in equilibrio, mentre quelle pettorali, posizionate vicino alla testa, lo aiutano a manovrare con piccoli spostamenti. Ma se arriva una corrente forte, non può fare molto: si lascia trasportare oppure si aggrappa a qualcosa con la coda. È uno di quei rari animali che sembrano costruiti più per rimanere che per andare.
Il suo corpo è rigido, avvolto da una specie di armatura composta da anelli ossei, che lo protegge ma gli impedisce di piegarsi come un pesce qualunque. Ha una testa ad angolo retto, simile a quella di un cavallo, con un muso allungato a forma di imbuto. Non ha denti né lingua: aspira le prede come con una cannuccia, con uno scatto silenzioso e rapidissimo. Anche gli occhi sono speciali: possono muoversi indipendentemente l’uno dall’altro, proprio come quelli dei camaleonti, permettendogli di scrutare l’ambiente senza esporsi troppo.
Il suo aspetto sembra uscito da un disegno fantastico: ci sono cavallucci con protuberanze ramificate che imitano le alghe, altri con corna, creste o piccoli baffi, altri ancora lisci come una foglia. I colori sono spesso brillanti, dal giallo al rosso, dall’arancio al blu-grigio, ma possono anche cambiare nel tempo per mimetizzarsi meglio. Alcune specie, durante il corteggiamento, diventano più accese, quasi fluorescenti, come se la pelle si accendesse di luce propria.
Cosa mangia?
Un menu minuscolo per un appetito continuo
Il cavalluccio marino mangia con la stessa pazienza con cui vive. Non ha denti né stomaco, quindi inghiotte tutto intero, e lo deve fare spesso, perché il cibo attraversa il suo corpo in fretta. La sua dieta è fatta di piccoli crostacei, larve e plancton, che risucchia con il suo muso a tubo come con una cannuccia.
Sta fermo tra le alghe, aspetta che la preda si avvicini e poi… slurp! L’aspira in una frazione di secondo. È un predatore paziente, non aggressivo, e caccia solo ciò che può ingoiare senza masticare. Alcune specie arrivano a mangiare centinaia di piccoli gamberetti al giorno. Un lavoro lento, silenzioso, ma instancabile.
Il papà incinto: una rivoluzione in miniatura
È uno dei dettagli che più affascinano gli scienziati e gli amanti degli animali: nel mondo dei cavallucci marini, è il maschio a restare incinto. Letteralmente. La femmina depone le uova in una speciale tasca incubatrice sul ventre del maschio, dove rimangono al sicuro per due o tre settimane, a seconda della specie. Dentro quella tasca, il papà regola temperatura, salinità e ossigeno, proprio come farebbe un utero. Poi, quando è il momento, “partorisce” centinaia di minuscoli cavallucci già formati.
Questo ruolo invertito ha qualcosa di poetico. Non è solo una curiosità biologica: è un segno di quanto la natura possa essere più fluida, strana e bella di quanto ci aspettiamo. E soprattutto, dimostra che anche i ruoli tradizionali, almeno sotto il mare, sono fatti per essere riscritti.
L’articolo continua dopo questo minivideo, realizzato all’Acquario di Genova
Particolarità del cavalluccio marino
Quando lo si guarda da vicino, è difficile credere che sia un pesce. Eppure, lo è, solo… molto fuori dal comune. Non ha squame, ma un’armatura ossea fatta di placche che lo rendono rigido e quasi robotico. Nuota in verticale, cosa rarissima tra i pesci, grazie a una minuscola pinna dorsale che batte rapidissima, come un motore da colibrì. Non ha coda a ventaglio, ma una coda prensile con cui si avvolge alle alghe e resta ancorato, anche quando il mare si muove.
La sua testa, poi, è posizionata ad angolo retto rispetto al corpo, un tratto anatomico unico tra i pesci. E il modo in cui caccia è quasi da prestigiatore: resta immobile, mimetizzato, e risucchia la preda con uno scatto impercettibile. Non ha stomaco, quindi deve mangiare di continuo, senza pause, come un lavoratore instancabile del plancton.
A livello evolutivo, è un caso straordinario, un pesce che si è fermato nel tempo, scegliendo strategie lente, silenziose, ma efficaci. In un mondo pieno di squali e predatori, il cavalluccio ha scommesso sulla discrezione, e ha vinto.
Perché si dice che porti fortuna?
Non è solo una questione di aspetto curioso: il cavalluccio marino è considerato un portafortuna in molte parti del mondo, e le ragioni sono più profonde di quanto sembri. Fin dall’antichità, questa creatura è stata associata a valori positivi come la protezione, la resistenza e l’equilibrio. I marinai greci e romani portavano piccole raffigurazioni di cavallucci come amuleti durante le traversate, convinti che tenessero lontane le tempeste e guidassero le navi verso casa. Ancora oggi, in alcune culture costiere, si dice che vedere un cavalluccio in mare porti buone notizie, un segnale di armonia con l’ambiente. In Asia, viene spesso regalato sotto forma di ciondolo per augurare salute, fertilità e successo nelle relazioni.
Forse la sua fama di portafortuna deriva proprio dal modo in cui vive, silenzioso, gentile, pacifico ma incredibilmente tenace. È un animale che affronta le difficoltà, correnti forti, habitat fragili, dimensioni ridotte, con grazia e determinazione. Porta fortuna perché ci ricorda che anche i piccoli, anche i lenti, possono sopravvivere e avere un ruolo importante.


Cosa simboleggia?
Il cavalluccio marino racchiude un’incredibile quantità di simboli in un corpo lungo pochi centimetri. È il simbolo della fedeltà, perché alcune specie sono monogame e formano coppie che si riconoscono giorno dopo giorno con piccoli balli sincronizzati. È il simbolo della paternità amorevole, perché, come sappiamo, è il maschio a farsi carico della gravidanza. Ed è anche il simbolo della resilienza, perché vive in ambienti fragili ma sa adattarsi, restando saldo anche quando tutto intorno si muove. E ancora, rappresenta la delicatezza, la lentezza come forza, l’equilibrio tra fermezza e flessibilità.
Nel mondo dell’arte e del tatuaggio, spesso lo si sceglie come emblema di chi ha attraversato tempeste personali con gentilezza, senza perdere la propria identità. Per i bambini, diventa il simbolo dell’amico immaginario perfetto, silenzioso, curioso, sempre presente. Per gli adulti, è spesso un invito a rallentare, a lasciarsi cullare dal mare invece di combatterlo.
Oggi è un simbolo usato in tatuaggi, illustrazioni, loghi: rappresenta la gentilezza, la resilienza, l’amore paterno. Ma soprattutto, è diventato un’icona della biodiversità da proteggere.
Tra draghi e imperatori e medicina
Nel mondo antico, il cavalluccio marino aveva un’aura mitica. I Greci lo collegavano a Poseidone, il dio del mare, e lo immaginavano come una creatura magica che trainava il suo carro. In molte culture asiatiche, somigliava a un piccolo drago d’acqua, simbolo di fortuna, longevità e grazia. Il suo nome scientifico, Hippocampus, unisce il cavallo (“hippo”) e il mostro marino (“kampos”), un nome che suona epico anche per una creatura di pochi centimetri.
Una delle minacce meno conosciute ma più pesanti per i cavallucci marini arriva dalla medicina tradizionale cinese. Qui, questi piccoli pesci vengono essiccati e venduti in grandi quantità perché si crede che abbiano proprietà curative e possano aiutare contro diversi disturbi, dalla fatica ai problemi respiratori. La realtà è che non esistono prove scientifiche che sostengano queste proprietà, ma la domanda resta alta.
Questo commercio, spesso non regolamentato, porta a una vera e propria caccia intensiva ai cavallucci marini nelle loro zone naturali, con conseguenze gravissime per le popolazioni locali. Milioni di cavallucci marini vengono catturati ogni anno, privando gli ecosistemi di queste creature delicate che, come abbiamo visto, sono lente a riprodursi e molto vulnerabili.
Per fortuna, molte organizzazioni internazionali stanno lavorando per limitare questo commercio, facendo pressione sui governi e sensibilizzando il pubblico. Nel frattempo, è importante sapere che ogni cavalluccio marino che finisce in una farmacia tradizionale o come souvenir potrebbe essere un piccolo pezzo di mare che sta scomparendo.
Proteggere il cavalluccio marino: sfide e soluzioni
Il suo aspetto buffo, il modo in cui si muove, la delicatezza con cui si attacca alle alghe… tutto contribuisce a renderlo adorabile.
Ma è anche fragile: l’inquinamento, la pesca intensiva e la distruzione degli habitat costieri stanno mettendo a rischio molte delle oltre 40 specie conosciute. Ed è qui che entra in gioco la nostra simpatia: se ci fa tenerezza, forse lo proteggeremo di più.
Vive in ambienti molto delicati, come le barriere coralline, che purtroppo stanno rapidamente scomparendo. Questa perdita è causata da diversi fattori: l’inquinamento, in particolare quello provocato dalle microplastiche e dagli scarichi industriali, danneggia la qualità dell’acqua e mette in crisi tutto l’ecosistema. La pesca a strascico, invece, rovina i fondali e spesso cattura i cavallucci marini per errore, senza volerlo. A questo si aggiungono i cambiamenti climatici, che modificano le temperature del mare e compromettono l’equilibrio naturale di queste zone.
Ma non è tutto: oltre alla medicina asiatica, esiste anche una cattura intenzionale dei cavallucci marini, legata al commercio di souvenir e all’acquariofili.
Proprio per questo, molte specie di cavalluccio marino sono oggi classificate dalla Lista Rossa IUCN come vulnerabili, quasi minacciate o addirittura in pericolo, con le specie usate nella medicina tradizionale cinese tra le più colpite.


L’importante lavoro dell’Acquario di Genova
Per fortuna, non tutto è perduto. Esistono regolamenti internazionali come la Convenzione CITES, che limita il commercio globale di cavallucci marini, e in alcuni paesi, come l’Australia, sono protetti da leggi specifiche. Si stanno anche avviando progetti di ripopolamento e allevamenti controllati per evitare il prelievo eccessivo in natura. Inoltre, l’educazione e il turismo responsabile svolgono un ruolo importante: osservare questi piccoli animali nel loro ambiente naturale aiuta a sensibilizzare tante persone sull’importanza di proteggerli.
Anche in Italia ci si sta muovendo per proteggere il cavalluccio marino, e uno dei progetti più importanti parte proprio dall’Acquario di Genova, in collaborazione con il Comune di Taranto, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università di Bari. L’obiettivo è salvaguardare la popolazione di cavallucci che un tempo abitava il Mar Piccolo di Taranto, una zona che ospitava una delle colonie più numerose del Mediterraneo. Purtroppo, dal 2016, la situazione è precipitata: la presenza di cavallucci marini è diminuita di circa il 90%, a causa dell’inquinamento e della pesca troppo aggressiva.
Per invertire questa tendenza, si sta lavorando a un piano di rinforzo della popolazione locale. Alcuni esemplari della specie Hippocampus guttulatus vengono allevati a fini riproduttivi proprio all’interno dell’Acquario di Genova. Una volta cresciuti e diventati abbastanza forti, vengono reintrodotti nel Mar Piccolo, in aree protette e controllate. Qui vengono seguiti e osservati per almeno due anni, con la speranza che queste zone diventino un punto di partenza per ripopolare anche le acque circostanti.
Le foto di questo articolo sono di Tina Rossi ph e sono state scattate all’Acquario di Genova
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