Hans Ulrich Obrist, classe 1968, è uno tra i più importanti curatori, critici e storici dell’arte, presenti attualmente sulla scena mondiale. Una vita all’insegna della fantasia, della creatività, ma anche del realismo e della competenza, perchè il mestiere di curatore è quasi come essere un funambolo in bilico su equili precari. Richiede moltissime attività e attenzioni insieme.
Obrist, nel 2009, è stato nominato dalla rivista Art Review come la personalità più influente del mondo dell’arte. E lo ritroviamo due anni dopo, nel 2011, al secondo posto con Julia Peyton-Jones, con cui dirige la Serpentine Gallery di Londra.
Hans Ulrich Obrist: voglio essere utile.
Tanto per tirare in ballo anche Platone, essere curatore è quasi come stare nei panni di un piccolo Demiurgo: artefice e legislatore dell’universo dell’arte. A lui si chiede infatti di capirne le dinamiche, ma più che altro, compito non sempre facile, di renderle comprensibili al vasto pubblico. È lui che gestisce le risorse a disposizione per una mostra, massimizzandone e ottimizzandone l’efficacia.
È il curatore che comunica con il pubblico e la stampa, trovando e battendo nuove vie, abbandonando lo scontato, ma facendo tesoro di tradizioni. Al curatore si chiede di approfondire le dinamiche del sistema dell’arte, il dibattito artistico, il rapporto fra pubblico e privato. “Penso davvero che gli artisti siano le persone più importanti del pianeta, e se quello che faccio è un’utilità e li aiuta, allora questo mi rende felice. Io voglio essere utile“. Così Hans Ulrich Obrist sintetizza il suo lavoro in una descrizione che più che altro è una poetica.
La mostra a bordo di Austrian Airlines
Il simbolo assoluto della creatività di Obrist lo troviamo nel leggendario progetto “a bordo con Alighiero Boetti“. Creato nel 1993 per l’associazione museum in progress a a bordo della Austrian Airlines. “Io ritengo Boetti l’Andy Warhol europeo; entrambi erano ossessionati dall’idea di ripartizione.“
Forse parte proprio da questa sua affermazione, e dall’idea appunto di ripartizione, il progetto di Obrist inserire delle opere di Boetti su puzzle della stessa dimensione dei tavolini ribaltabili dell’aereo. Usati poi come passatempo per viaggiatori i e bambini.
Obrist e Boetti
“La mia vita è cambiata nel 1989, quando sono andato a trovare Alighiero Boetti – così ricorda Hans Ulrich Obrist in un’intervista al Sole24Ore del 12 dicembre 2010-. Lui mi ha scritto una delle sue cartoline, e sul retro c’era questa frase, “velocità quasi zero”. Avevo circa vent’anni, e mi sembrava un invito chiaro ad aumentare la rapidità di tutto, a non fermarmi mai. Ecco perché poi ho intitolato uno dei miei libri Don’t stop don’t stop don’t stop”
Il metodo Obrist
Da quel giorno Obrist ha percorso moltissima strada che lo ha portato, come abbiamo ricordato prima, ad essere inserito tra le vette del mondo dell’arte. Tanto che si può parlare di un vero e proprio metodo di curatela Obrist.
Il metodo è basato su un’idea di compartecipazione e sperimentazione. In breve: fare con quello che si ha a disposizione. E qui ricordiamo che gli albori di Obrist lo vedono curare le prime mostre nella sua cucina di casa. Con una trentina circa di visitatori. Ma Obrist insegna anche a cogliere ogni possibile fonte di ispirazione e di contaminazione: dall’architettura alla scienza, alla natura, alla letteratura.
Un raccontare infinito
Obrist insegna che l’essenza del mestiere di curatore è portare le persone a incontrarsi in un raccontare che diventa infinito. Come nella celebre 24H Interview Marathon con l’architetto Rem Koolhaas. Il metodo Obrist pone al centro l’artista, progetta con lui l’evento. Essenzialmente cerca di tradurne i sogni. Quasi ossessionato e calamitato dai loro più folli e anticonvenzionali desideri irrealizzati. Molto spesso li racconta come se fosse solo una delle tante voci nel coro. Riconoscendo e lasciando spazio a ognuno per il suo contributo.
Le sue mostre, come ad esempio Utopia Station, City on the move e Do it, esprimono un pensiero fisso: far confluire idee e persone su nuove regole nel sistema espositivo. Contesti extra-artistici, mappe geografiche, mappe mentali, fisionomie metropolitane. Un tutto che parte dall utopia per diventar memoria. Un funambolo appunto. O un Demiurgo.