Sergio Floriani è uno di quegli artisti che lascia sicuramente il segno. Non si può rimanere impassibili davanti alle sue creazioni artistiche che partono da ciò che caratterizza un individuo tra milioni di altri, da ciò che fa parte di noi dalla nascita e ci rende unici e irripetibili. Sergio Floriani parte da impronte, dalle nostre impronte digitali per renderle poetica arte visiva.
La sua arte è una ricerca di identità che nasce dall’identità di ognuno. Incarna, alla fine, cio che tutti vogliamo. Il desiderio di far sapere che abbiamo lasciato delle impronte quando siamo passati in questa terra, anche se brevemente. Impronte uniche come i cerchi di uno stagno, da cui Floriani parte, verso la fine degli anni Ottanta, in Lo stagno, identità complessa, per una sua ricerca espressiva di uomo e di artista.
Impronte, le Muse di Sergio Floriani


L’impronta, quella genetica, unica e irripetibile, trova dunque in Floriani la sua declinazione più ampia. Impronte che fanno da Muse e da tessuto ispiratore e che sono impresse in modo indelebile in tutti i materiali che l’artista usa. Ferro e colori acrilici, acciaio e legno, stagno e sabbia, catramina e piombo. Le sue opere escono da una semplice tela per assumere, man mano, nel corso della ricerca, valenza di scultura.
Intagli nella tavola, suggestioni impresse nell’acciaio corten che sembrano ricordare che le impronte che ci lasciamo alle spalle sono importanti tanto quelle che lasceremo su un nuovo percorso. Impronte digitali su ogni piccola cosa, minuscolo oggetto che avremo intorno. Impronte che fanno parte dello stesso viaggio, la nostra storia.
Vero Dio, Vero Uomo
Ci sono opere di Floriani che si collocano in relazione con lo scenario. Si fanno parole di un racconto simbolico e anche intimistico. Si fanno interpreti di un bisogno dell’uomo: come l’opera della croce Vero Dio Vero Uomo, all’interno della Chiesa Santi Cosma e Damiano di Gattico. Qui il gioco di alternanza tra luce e ombra, tra spiritualità e tormento interiore è sottolineato dall’uso quasi alchemico dei metalli e dei materiali.


Piombo che riveste il legno della croce, stagno che cattura le luci e che sovrasta il tutto. Emergono le impronte, segni indelebili sul segno cristiano per antonomasia. La croce, eretta nella Chiesa nel 2010, sembra sospendersi nel nulla, sovrastare sui fedeli come un segno di protezione presente, ma quasi impalpabile. Reso etereo dai giochi di luce che cambiano con il mutare delle ore del giorno. Reso unico e umano per il segno di una croce rivelato e scoperto in una delle tante impronte digitali raccolte tra i fedeli, così come ci racconta l’artista mentre insieme passeggiamo per la navata.
La porta della Misericordia
All’esterno della Chiesa, proseguimento del dialogo della comunità, segno di una condivisione di progetto di fede esternato con l’arte:la Porta della Misericordia, installata nel 2016 a seguito del Giubileo. Due battenti semiaperti, linee curve come un manto che raccoglie e protegge. All’interno ancora il segno rivelato dalle impronte. Lo stesso segno della croce interna. L’intera impronta della condizione umana.
Le porte sono un altro linguaggio di Floriani. Come La Porta della Legge, e le Porte Nere, segni di passaggio, segni di entrata ma anche di uscita. Le soglie viste come uscio, uscio come uscire, come lasciarsi andare. Come andare incontro a ciò che succede.


Espressioni di essenza dell’edificio
Nelle porte di Floriani troviamo tutta la simbologia nuova e antica. Rappresentata con vecchi elementi, antichi metalli, ma con il risvolto in acciaio corten dell’arte contemporanea. E quindi le porte di Floriani partono dalla Grecia, in cui la porta è il luogo di Hermes, dio dei cambiamenti, colui per il quale non esistono né serrature né confini. Ma è anche la porta del dio romano Giano, dio bifronte o quadrifronte.
Ma essenzialmente nell’arte di Floriani la porta acquisisce la valenza di “espressione” in grado di esprimere compiutamente l’essenza dell’edificio di cui fa parte.La porta acquisisce il ruolo di rappresentazione dell’essenza dell’edificio, che esso sia laico o spirituale. Il passaggio, la porta, è elemento di vita, di un continuo varcare soglie, attraverso il passaggio da una fase all’altra: dalla nascita alla morte. Le porte esistono soprattutto per essere aperte, per accogliere e lasciare entrare la luce, il vento, gli altri. Noi. Esattamente come intende Floriani.


Sergio Floriani
Sergio Floriani nasce a Grantorto (PD) nel 1948, ma risiede e lavora a Gattico (NO). Pittore e scultore, inizia la sua attività espositiva nel 1979. Nel 1982 promuove insieme ad altri artisti il Gruppo della Narciso Arte. Nel 1984 viene prescelto dal critico Giorgio Di Genova a rappresentare l’Italia alla Biennale di Venezia. Segnalato sul “Catalogo dell’arte moderna italiana” Mondadori: sul n.18 da Giorgio Di Genova e sul n.24 da Giorgio Segato. Innumerevoli le mostre personali nel corso degli anni che lo hanno visto protagonista.

